Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21218 del 13/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.13/09/2017),  n. 21218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8747/2012 proposto da:

L.M., in proprio e nella qualità di amministratore pro

tempore e liquidatore della S.E.T. – Società Trasporti Europei

s.r.l. in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma, via G.

Agostino De Cosmi n. 18, presso lo studio dell’avvocato Iperti

Francesco, rappresentato e difeso dall’avvocato Catacchio Carmine

Aldo, giusta procura in calce al ricorso,

– ricorrente –

contro

Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bari, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, viale G. Mazzini n.6, presso lo studio

dell’avvocato Lofoco Fabrizio, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di BARI, depositato il

07/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/07/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.);

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale SALVATO LUIGI che chiede che la Corte dichiari

inammissibile il ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- L.M., in proprio e nella qualità di amministratore pro tempore e liquidatore di S.E.T. s.r.l. in liquidazione, ricorre per cassazione, ex art. 111 Cost. ed ex art. 366 cod. proc. civ., nei confronti del Conservatore del Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari, svolgendo un articolato motivo avverso il decreto emesso dal Tribunale di Bari in data 7 febbraio 2012.

Con tale decreto, il Tribunale ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento del Giudice del Registro di Bari, 23 settembre 2011, che ha disposto l’iscrizione della cancellazione dal Registro delle Imprese della S.E.T. ai sensi del disposto dell’art. 182, comma 2, legge fall..

La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari resiste con apposito controricorso.

2.- Il ricorso presentato da L.M. denunzia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 5 del 2006, dell’art. 2190 cod. civ. e R.D. n. 267 del 1942, art. 118, comma 2 nel testo novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ. – Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione del decreto impugnato”.

Nella sua articolazione, il motivo viene a rilevare che il Tribunale di Bari ha errato nel ritenere che la procedura fallimentare della S.E.T. s.r.l. fosse interamente soggetta alla normativa prevista nella stesura originaria della legge fallimentare, come entrata in vigore nel 1942: senza subire alcuna interferenza, pertanto, da parte della riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006. Per contro, assume il ricorso, la normativa originaria avrebbe dovuto essere applicata solo per la fase dichiarativa della procedura, non anche per le fasi successive: posto che nel caso concreto, se il ricorso per la dichiarazione era stato presentato prima dell’entrata in vigore della detta riforma, la sentenza ne era invece posteriore.

3.- In relazione al ricorso presentato da L.M., il Procuratore Generale ha svolto, tra l’altro, i rilievi qui di seguito trascritti.

“Preliminarmente, al fine di stabilire l’ammissibilità del ricorso, è imprescindibile fare chiarezza sull’oggetto della controversia nella fase di merito.

Al riguardo, nonostante talune confusioni ed incertezze che pure emergono dall’impugnato decreto, è tuttavia chiaro che, come indicato nella premessa, tale provvedimento ha deciso il ricorso proposto dal L., in proprio e nella qualità di liquidatore della S.E.T. s.r.l., “con il quale si chiedeva di annullare e/o revocare e/o dichiarare inefficace il decreto del Giudice del registro di Bari in data 23.0.011” con cui, “su istanza della Conservatoria del Registro delle Imprese” è stata “disposta la iscrizione della cancellazione dal registro delle Imprese della S.E.T. ai sensi del disposto di cui all’art. 182, comma 2, l.f.”. In coerenza con questo assunto il dispositivo del decreto è cosi formulato: “visti l’art. 2192 c.c. e art. 118, comma 2, l. fall., rigetta il ricorso in premessa indicato”.

In armonia con tale configurazione, il ricorrente espone anch’egli che ha appunto “”proposto opposizione, ai sensi dell’art. 2192 cod. civ.”, contestando la correttezza del provvedimento di cancellazione, disposta ai sensi del citato art. 182 l. fall., precisando altresì che il Tribunale di Bari, “all’esito del procedimento di opposizione (…)” ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento di cancellazione. Tale essendo la natura e l’oggetto del decreto, risulta applicabile il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui non sono riscontrabili i caratteri della definitività e della decisorietà nel decreto emesso all’esito del procedimento di reclamo avverso i provvedimenti del giudice del registro, disciplinato dall’art. 2192 c.c., trattandosi di decreti che non incidono su posizioni di diritto soggettivo e si risolvono in meri atti di gestione di un pubblico registro a tutela di interessi generali: donde l’impossibilità di impugnarli col ricorso straordinario per cassazione (cfr. Cass. n. 2757 del 2012; n. 2219 del 2009; n. 5390 del 2005, n. 5390), essendo ricorribile ex art. 111 Cost., tale decreto limitatamente al capo con cui il giudice, pronunciando sul reclamo, condanni una parte al pagamento delle spese processuali (Cass. n. 2757 del 2012), questione che non viene in rilievo nel caso qui in esame”.

4.- Il Collegio ritiene di condividere i riportati rilievi, che sono stati svolti dal Procuratore, così pure facendoli propri.

Il presentato ricorso va, di conseguenza, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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