Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21212 del 13/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/09/2017, (ud. 07/06/2017, dep.13/09/2017),  n. 21212

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29812/2011 R.G. proposto da:

B.M.E. (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avv.

Michele D’Angelo, elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’avv. Piero Frattarelli, in Roma, via degli Scipioni 268/a.

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), nonchè dei soci

illimitatamente responsabili B.G. e B.L., in

persona del curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.

Luca Grimoldi, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.

Daniele Villa, in Roma, via Tibullo 10.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2163/2011 della Corte d’appello di Milano,

depositata il 15 luglio 2011.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 giugno

2017 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 15 luglio 2011, respinse l’appello proposto da B.M.E. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Busto Arsizio, che sulla domanda del curatore del fallimento della (OMISSIS) e dei soci illimitatamente responsabili B.G. e B.L., in relazione all’eredità di quest’ultima dichiarò l’erede B.M.E. decaduta dal beneficio di inventario.

Ritenne la corte d’appello che l’eccezione di prescrizione dell’azione avanzata dall’appellante fosse stata correttamente respinta dal tribunale, in quanto il termine decennale doveva farsi decorrere dalla data in cui l’erede era decaduta dal beneficio di inventario; soggiunse il giudice di merito che, comunque, il termine di prescrizione risultava interrotto dalla lettera trasmessa dal curatore a B.M.E., nella quale la informava dell’avvenuta trascrizione della sentenza dichiarativa del fallimento di B.L. sui suoi beni personali.

B.M.E. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi; il fallimento della (OMISSIS) e dei soci B.G. e B.L. ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo B.M.E. deduce violazione degli artt. 484,490,493 e 2943 c.c., avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto che la prescrizione dell’azione tesa ad accertare la sua decadenza dal beneficio di inventario, decorresse dal momento in cui si era verificato siffatto evento, anzichè dalla data di apertura della successione ereditaria, ovvero da quella dell’accettazione beneficiata.

Con il secondo motivo lamenta violazione degli artt. 1219 e 2943 c.c., nonchè vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poichè la corte d’appello ha ritenuto idoneo atto interruttivo della prescrizione una lettera trasmessa dal curatore, con la quale si comunicava l’intervenuta trascrizione della sentenza di fallimento della de cuius, dalla quale non era consentito evincere alcuna costituzione in mora nei confronti dell’erede.

Con il terzo motivo lamenta ulteriore vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo la corte di merito erroneamente omesso di considerare che il tribunale aveva attribuito efficacia interruttiva della prescrizione, al provvedimento del giudice delegato che aveva disposto la trascrizione della sentenza di fallimento sui beni di essa ricorrente e non alla successiva lettera informativa trasmessa dal curatore.

2. In via preliminare, avuto riguardo all’eccezione del fallimento controricorrente, deve escludersi che la sentenza impugnata sia divenuta cosa giudicata nei confronti del fallimento di B.G. e B.L., per omessa notifica dell’impugnazione nei confronti del curatore delle due procedure.

Invero, è noto che i fallimenti della società e dei soci illimitatamente responsabili, nonostante l’unicità della sentenza dichiarativa e degli organi della curatela e del giudice delegato, costituiscono procedure autonome, poichè si riferiscono a centri diversi di imputazione giuridica degli effetti di tale sentenza, stabilendo gli artt. 147 e 148 L.fall. la distinzione tra i patrimoni della società e dei soci, nonchè delle situazioni attive e passive riferibili alla prima ed ai secondi (Cass. 13/12/2007, n. 26177).

Nella vicenda all’esame di questa Corte, tuttavia, è all’evidenza come il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, proposto dalla odierna ricorrente, venne notificato a P.G., curatore sia del fallimento sociale che di quelli personali, presso l’unico difensore delle dette procedure, con l’evidente finalità di ripristinare il contraddittorio in sede di legittimità con tutti i soggetti che avevano partecipato al giudizio di appello.

3. Il primo motivo è infondato.

Com’è noto, colui che accetta l’eredità con beneficio d’inventario è erede, come stabilito dall’art. 490 c.c., comma 1, con l’unica rilevante differenza, rispetto all’accettazione pura e semplice (art. 470 c.c., comma 1), che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell’erede, producendosi gli effetti conseguenti indicati dall’art. 490 c.c., comma 2, e, in particolare, la limitazione della sua responsabilità per i debiti ereditari entro il valore dei beni relitti.

In sostanza, l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, non determina, di per sè sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere ultra vires hereditatis, ovverossia al di là dei beni lasciati dal de cuius (Cass. 19/03/2007, n. 6488).

Orbene, è all’evidenza che nel caso in cui, in violazione dell’art. 493 c.c., l’erede abbia effettuato alienazioni di beni ereditari senza l’autorizzazione del giudice – è esattamente la vicenda all’esame di questa Corte -, l’azione dei creditori del defunto (e in questo caso del curatore che rappresenta la massa), tesa ad accertare l’intervenuta decadenza dal beneficio dell’inventario, non potrebbe essere utilmente promossa se non successivamente al compimento dell’atto non autorizzato; resta fermo allora che, ai sensi della regola generale dettata dall’art. 2935 c.c., il decorso della prescrizione dell’azione deve essere necessariamente ancorato all’evento che ha causato la decadenza, solo dopo il verificarsi del quale può essere accertata la responsabilità dell’erede ultra vires.

Dunque, corretta si mostra la decisione della corte d’appello che ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla B., non essendo ancora decorso un decennio dalla data in cui l’atto di alienazione non autorizzato venne compiuto dall’erede con beneficio di inventario.

4. Il secondo e il terzo motivo restano assorbiti, per difetto di interesse stante il rigetto del primo motivo.

5. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

 

Rigetta il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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