Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21211 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 13/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 13/10/2011), n.21211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.F.M. (OMISSIS), F.D.R.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 137, presso lo studio dell’avvocato BONANNI GIANCARLO, che li

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.U. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ORAZIO 31, presso lo studio dell’avvocato TONELLI CONTI

COSTANTINO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GABRIELLI GIUSEPPE ROBERTO, GABRIELLI FEDERICA giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 670/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

4/03/09, depositata il 10/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato De Amicis Fulvio (delega avvocato Bonanni),

difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Tonelli Conti Costantino, difensore del

controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che nulla

osserva.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. B.F.M. e F.D.R.G. hanno proposto ricorso per cassazione contro A.U. avverso la sentenza del 10 febbraio 2010, con la quale la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato inammissibile per difetto dei presupposti di cui all’art. 327 c.p.c., comma 2 l’appello da loro proposto oltre il termine c.d.

lungo avverso la sentenza del 16 marzo 2004, con cui, nella loro contumacia, il Tribunale di Milano aveva accolto la domanda proposta nei loro confronti dall’ A..

Al ricorso ha resistito con controricorso l’ A..

2. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, la quale è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. sono state esposte le seguenti considerazioni:

“… 2. – Il ricorso si presta ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. in quanto appare inammissibile.

3. – La ragione di inammissibilità deriva dall’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.

Il primo motivo si fonda: a) sul contenuto di annotazioni della dicitura “trasferito” sui due plichi relativi alla tentata notificazione a mezzo posta, tramite l’ufficiale giudiziario di Milano, del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza davanti a quel Tribunale; b) sul contenuto di certificati di residenza, che – una volta avvenuta la restituzione dei plichi concernenti il primo tentativo di notificazione – sarebbero stati utilizzati dall’ A. per procedere ad un nuovo tentativo di notificazione nello stesso luogo, tramite l’ufficiale giudiziario di Roma, ai sensi dell’art. 139 c.p.c.; c) sul contenuto di altra copia del ricorso e del relativo decreto di fissazione dell’udienza, che il detto ufficiale avrebbe restituito con l’annotazione “anzi non potuto notificare perchè il destinatario si è trasferito in luogo ignoto, come da informazioni assunte dal portiere sig. Bo.Au., tale qualificatosi”; d) sul contenuto delle due notificazioni, rispettivamente eseguite a ciascuno dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 143 c.p.c. A sua volta il secondo motivo si fonda sul contenuto – di cui la Corte territoriale avrebbe omesso la valutazione – di due documenti, una dichiarazione del portiere (che si indica come “doc. n. 6 del fascicolo”) e di fotografie dei nomi dei ricorrenti sulla pulsantiera del citofono e sulla cassetta del poste del luogo in cui fu tentata la notifica (che si indicano come doc. 5 del fascicolo”), oltre che nuovamente sul contenuto dell’annotazione relativa alla tentata notifica da parte dell’ufficiale giudiziario di Roma.

4. – Ora di nessuno dei documenti e, per le relate di tentata notificazione e di notificazione, degli atti processuali su cui si fondano i due motivi si fornisce l’indicazione specifica nei termini prescritti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 (norma costituente il precipitato normativo del c.d. principio di autosufficienza), siccome individuati da ormai consolidata giurisprudenza della Corte: si vedano, per i documenti, Cass. (ord.) n, 22303 del 2008; Cass. sez un. n. 28547 del 2008 e n. 7161 del 2010, fra tantissime; per gli atti processuali – cui il principio di autosufficienza trovava applicazione anche prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, che introdusse l’art. 366 c.p.c., n. 6 – Cass. n. 26266 del 2008; Cass. n. 4201 del 2010; Cass. (ord.) n. 6937 del 2010.

In particolare, non si dice come e dove nelle fasi di merito e se e dove in questa sede di legittimità i documenti e gli atti processuali di cui trattasi sarebbero stati prodotti onde poter essere esaminati dalla Corte, nell’esercizio dei suoi poteri di indagine del fatto processuale connessi alla deduzione di vizi di norme del procedimento prospettati con i due motivi di ricorso.

E’ da rilevare – in disparte il rilievo, che sarebbe comunque assorbente, dell’omessa trascrizione del primo (la dichiarazione del portiere) – che, quanto a due dei tre documenti sui quali si fonda il secondo motivo, le generiche indicazioni “doc. n. 6 del fascicolo” e “doc. n. 5 del fascicolo” non sono in alcun modo idonee ad assolvere al requisito dell’indicazione specifica, atteso che non si dice in alcun modo di quale fascicolo si tratti ed a quale fase processuale esso si riferisca.”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali la memoria dei ricorrenti muove rilievi privi di fondamento.

Infatti, assume:

a) che essendo rimasti i ricorrenti contumaci in appello, l’indicazione dei documenti sarebbe riferibile necessariamente solo al fascicolo di parte di secondo grado (indicato come prodotto, in effetti, in chiusura del ricorso);

b) che la relazione sarebbe sorprendente …. ma sicuramente abnormemente fiscale, perchè estenderebbe il rilievo dell’art. 366 c.p.c., n. 6 a circostanze che, se pur descritte in ricorso per necessità di esposizione, non ne sono il supporto …. giacchè l’unico oggetto del primo motivo è esclusivamente da individuate nelle carenze della relata di cui alla notificazione effettuata a sensi dell’art. 143 c.p.c., in relazione alla quale i ricorrenti hanno puntualmente provveduto all’osservanza del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 trascrivendo integralmente la sbrigativa relazione dell’U.G..

Il Collegio osserva che questi rilievi mostrano che i ricorrenti non hanno colto la funzione del progetto di decisione rappresentato dalla relazione, che è di offrire alle parti ed al Collegio una possibile soluzione del ricorso e di provocare su di essa la discussione, se del caso per evidenziare che il relatore ha indicato una soluzione da dare alla trattazione del ricorso erronea in tutto od in parte. Ora, se la soluzione indicata dalla relazione è basata sull’invocazione di precedenti della Corte, tanto più delle Sezioni Unite, non sembra che la discussione possa prescindere dalla considerazione della pertinenza degli stessi e dall’esame del loro contenuto.

Il Collegio reputa pertinenti i precedenti indicati nella relazione e rileva che la memoria non solo non li discute quanto ai principi di diritto affermati, ma nemmeno svolge attività dimostrativa della loro invocazione in modo privo di pertinenza. Per farlo sarebbe occorso assumere come premessa quei principi e, quindi, confrontarli con i rilievi di inammissibilità che sulla base di essi sono stati svolti. Cosa, invece, che la memoria si astiene dal fare.

Ed anzi, quando argomenta come sub b) a proposito della sufficienza della trascrizione, peraltro come è noto – riferita ad un solo documento, mostra palesemente di non avere considerato quei principi 0 di non averli voluti considerare, perchè la sola trascrizione del documento o dell’atto, tra l’altro da avvenire per la parte che interessa, è del tutto insufficiente, secondo quei precedenti ad assolvere il requisito della indicazione specifica.

Sempre quanto al rilievo sub b) non viene spiegato come e perchè l’indicazione specifica non avrebbe dovuto riguardare gli altri atti e documenti, non essendo una spiegazione l’apodittico assunto che non supporterebbero il primo motivo ed essendo anzi palese il contrario, perchè le pretese risultanze del loro contenuto svolgono proprio quella funzione.

In fine, sostenere che le due indicazioni generiche relative alle produzioni sarebbero idonee ad assolvere al requisito in discorso mostra nuovamente che non si ha percezione o non si vuole averle percezione dei detti precedenti, alla cui lettura, pertanto, non resta che rinviare. Invero, dire genericamente “fascicolo” non si vede come possa essere sufficiente a fornire l’indicazione specifica.

Non senza, comunque, che si debba osservare che, se anche in ipotesi denegata (posto che, secondo i noti precedenti, occorreva specificare di quale fascicolo si trattasse e quando e come la produzione fosse avvenuta, posto che in un giudizio civile le modalità delle produzioni sono normativamente regolate) – l’inidoneità di quelle indicazioni non fosse sussistita e, come sostengono i ricorrenti, questa Corte fosse stata in presenza di una indicazione specifica rituale, sarebbe rimasta in ogni caso a giustificare l’inammissibilità del ricorso la già ribadita inosservanza del requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6 quanto alla relata di notificazione.

Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro tremila00, di cui duecento,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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