Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21211 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2656-2019 proposto da:

C.R. COSTRUZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA,

24, presso lo studio del Sig. MARCO GARDIN, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARLO CAFORIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MESAGNE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1968/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di LECCE, depositata il

14/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso dal comune di Mesagne per infedele dichiarazione ICI 2010;

la Commissione Tributaria Regionale della Puglia respingeva l’appello rilevando in particolare che l’applicazione della aliquota ridotta per l’ICI per gli immobili da vendere ma non venduti postulava, trattandosi di una agevolazione, che la ricorrente ne avesse fornito la prova, che non ha sostenuto di avervi provveduto nè di esservi tenuta;

la società ricorrente proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre il comune di Mesagne non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. per la mancata valutazione della prova documentale consistente nel bilancio d’esercizio chiuso al 31 ottobre 2010 da cui sarebbe scaturita l’applicazione dell’aliquota ICI al 4 per mille prevista per gli immobili considerati beni merce da destinare alla vendita e non ancora venduti da imprese che avevano per oggetto esclusivo o prevalente attività di costruzione o alienazione di immobili, in relazione alla delib. n. 10 del 2010 del Commissario straordinario del comune di Mesagne.

Considerato che il ricorrente lamenta una omessa valutazione di una prova e secondo questa Corte:

in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. n. 23940 del 2017);

in tema di ricorso per cassazione, la valutazione effettuata dal giudice di merito sulle risultanze della CTU e viziata da errore di percezione è censurabile con la revocazione ordinaria se l’errore attiene ad un fatto non controverso, mentre è sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c., se l’errore ricade su di una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti (Cass. n. 19293 del 2018);

considerato che ai sensi dell’art. 360 c.p.c. la sentenze pronunciate in grado di appello sono suscettibili di ricorso per Cassazione, fra gli altri motivi, per nullità della sentenza o del procedimento (n. 4, indicato dalla società ricorrente) o per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (n. 5);

considerato che nel caso di specie il bilancio d’esercizio non è stato oggetto di discussione fra le parti, come risulta sia dalla sentenza della CTR, che afferma che la società ricorrente non ha sostenuto di aver provveduto nè di essere tenuta alla prova dell’agevolazione richiesta sia dallo stesso ricorso in Cassazione, che non accenna a questa circostanza e anzi sembra avvalorare l’idea che non vi sia stata alcuna discussione sul punto laddove afferma che il deposito del bilancio d’esercizio non veniva messo in discussione dal comune di Mesagne, cosicchè non può neppure ritenersi che il ricorso sia suscettibile di essere interpretato come avente ad oggetto una impugnazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., ex art. n. 5;

ritenuto pertanto che il ricorrente avrebbe dovuto semmai proporre un ricorso per revocazione ordinaria, ex art. 395 c.p.c., n. 4, per l’ipotesi in cui nella sentenza di appello sia supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità fosse positivamente stabilita, dal momento che è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si denunci l’errore del giudice di merito in relazione alla erronea percezione di documenti acquisiti agli atti del processo e menzionati dalle parti, non corrispondendo tale errore ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., risolvendosi, piuttosto, in una inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento in contrasto con le risultanze degli atti del processo, suscettibile di essere denunciata con il mezzo della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, (Cass. n. 20240 del 2015).

Ritenuto pertanto che il motivo di impugnazione è inammissibile, il ricorso va conseguentemente dichiarato inammissibile e nulla va statuito in merito alle spese, non essendosi costituito il comune di Mesagne.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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