Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2121 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2121 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 2718-2007 proposto da:
ACCARDI ROSALIA ANNA MARIA (C.F. CCRRLN38R63F065G),
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE
CAROLIS 87, presso l’avvocato IELO ANTONIO
INNOCENZO, rappresentata e difesa dagli avvocati
PANEPINTO FRANCESCO, ZODA LUIGI, giusta procura a
2013

margine del ricorso;
– ricorrente –

1824

contro

COMUNE DI BARRAFRANCA, in persona del legale

Data pubblicazione: 31/01/2014

rappresentante

pro

tempore,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12D, presso
l’avvocato ZACCHIA RICCARDO, rappresentato e difeso
dall’avvocato BONINCONTRO GIUSEPPE, giusta procura a
margine del controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 98/2006 della CORTE D’APPELLO
di CALTANISSETTA, depositata il 23/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
CRISTINA GIANCOLA;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ANTONIO IELO,
con delega, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso o in subordine
rigetto.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Comune di Barrafranca proponeva appello contro due sentenze, l’una parziale e l’altra
definitiva, emesse dal Tribunale di Enna rispettivamente 1’8.08.2003 ed il 26.2.2004, con

ottenere la condanna dell’ente locale al risarcimento del danno da lei subito per effetto
dell’occupazione illegittima con esecuzione di opere di urbanizzazione primaria sulla
parte dei terreni di sua proprietà destinata a vie di accesso ai 200 piccoli lotti in cui aveva
suddiviso l’intero suo fondo ai fini della vendita a terzi per edilizia residenziale privata.
Con sentenza del 16.02-23.03.2006 la Corte di appello di Caltanissetta, in accoglimento
del gravame del Comune, rigettava la domanda proposta dall’Accardi e dichiarava
asserviti ad uso pubblico gli spazi destinati a strade ed urbanizzati, esistenti sul fondo in
questione.
La Corte territoriale riteneva che non fosse configurabile alcuna occupazione acquisitiva
da parte dell’ente, in quanto il Comune, senza declaratoria di pubblica utilità, si era
limitato ad eseguire lavori di miglioramento delle preesistenti strade ed in particolare ad
attuare opere di urbanizzazione su strade già individuate e realizzate dalla stessa Accardi
all’interno del suo fondo, abusivamente lottizzato. Andava inoltre riconosciuto
l’asservimento ad uso pubblico delle strade in questione per dicatio ad patriam, come
chiesto in riconvenzione dal Comune di Barrafranca. Era emerso dagli atti di causa che
l’Accardi aveva suddiviso i suoi fondi in una serie di lotti da destinare all’edificazione,
lasciando ai margini di essi gli spazi per accedervi e che successivamente erano stati
destinati al passaggio dei diversi proprietari ed avevano costituito le strade di accesso a
tutti i lotti; il passaggio quindi era stato permesso a quisque de populo,

sicché era

avvenuto per l’apertura a pubblico transito e non per esercizio di concesse singole servitù.

3

le quali era stata accolta la domanda proposta il 26.1.1987 da Rosalia Accardi, volta ad

Avverso questa sentenza notificata il 20.11.2006, l’Accardi ha proposto ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi, illustrato da memoria e notificato il 17.01.2007 al
Comune di Barrafranca, che il 26.02.2007 ha resistito con controricorso.

A sostegno del ricorso l’Accardi denunzia:
1.

“.Violazione e falsa applicazione degli artt. 832 c..c.. 2043 c.c., 2056 c.c., 1223
c.c., 1226 c.c., e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Formula il seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione

temporis << Se per la proposizione della domanda di risarcimento del danno causato da una occupazione usurpativa, in materia di espropriazione, sia necessaria l'esistenza della preventiva dichiarazione di pubblica utilità e se, proposta la relativa domanda di risarcimento danno, possa il Giudice sollevare di ufficio l'eccezione di carenza della dichiarazione stessa". 2. "Violazione dell'art. 132 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa e contraddittoria motivazione della impugnata sentenza in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio.", ossia in riferimento all'accoglimento della domanda riconvenzionale del Comune e segnatamente all'accertata costituzione per dicatio ad patriam di servitù di uso pubblico sugli spazi privati destinati a strade e successivamente urbanizzati in rapporto all'espresso rilievo secondo cui il passaggio sui medesimi spazi era stato concesso dall'alienante agli acquirenti dei lotti ed in base a servitù privata costituita con i singoli atti di trasferimento 3. "Violazione degli artt. 832, 1027, 1058, 1065 e 2697 c.c. e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c." Formula il seguente quesito di diritto <>
“Violazione degli artt. 832 c.c. 2043 c.c. 1223 c.c. 1226 c.c. 1027 c.c. e
112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Formula il seguente quesito di diritto << Se la costituzione di servitù pubblica di passaggio per dicatio ad patriam su un fondo privato comporta l'integrale perdita del diritto dominicale ed inibisce l'azione di risarcimento dei danni conseguenti alla occupazione usurpativa da parte della. P.A.>>.
Il primo motivo del ricorso non ha pregio, già per il fatto che le operazioni materiali
compiute dal Comune non sono sussumibili nella nozione d’irreversibile trasformazione
del suolo privato in opera pubblica e che, dunque, non potrebbe in esse essere ravvisato
nemmeno l’illecito da c.d. occupazione usurpativa (in tema cfr cass. n. 4207 del 2012; n.
20621 del 2009; n. 11747 del 2009; n. 13653 del 2004; n. 15179 del 2000), che
presuppone quella specifica categoria di immutazione in assenza di declaratoria di
pubblica utilità.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso meritano invece favorevole apprezzamento nei
limiti in prosieguo precisati.
La “dicatio ad patriam”, quale modo di costituzione di una servitù, postula un
comportamento ad uso pubblico, del proprietario che, seppur non intenzionalmente diretto
a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente, con carattere di continuità
(non di precarietà e tolleranza), un proprio bene a disposizione della collettività
indeterminata di persone considerate “uti cives”, assoggettandolo al relativo uso (cfr, tra
le altre, cass. n. 3761 del 1985; n. 875, 6924 e 7481 del 2001; n. 12167 del 2002; n. 4207
e 4597 del 2012 cit).

5

4.

Nella specie l’affermazione dei giudici d’appello secondo cui il passaggio era stato
permesso a quisque de populo, sicché era avvenuto per l’apertura a pubblico transito e
non per esercizio di concesse singole servitù correlata al rilievo secondo cui l’Accardi

margini di essi gli spazi per accedervi e che successivamente erano stati destinati al
passaggio dei diversi proprietari ed avevano costituito le strade di accesso a tutti i lotti, si
rileva inidonea a fondare la conclusione dell’intervenuta costituzione della servitù
pubblica di uso in virtù di dicatio ad patriam, che presuppone, oltre all’uso pubblico del
bene, la volontà del proprietario di porlo a disposizione della collettività, profilo questo
che risulta non esaminato o comunque non involto dalle argomentazioni che fondano
l’impugnata statuizione, anche mute in ordine ad eventuali prove valutate sul punto.

La sorte dei precedenti motivi rende superfluo l’esame del quarto motivo del ricorso.
Conclusivamente si deve respingere il primo motivo, accogliere il secondo ed il terzo
motivo del ricorso nei precisati sensi, dichiarare assorbito il quarto motivo e cassare in

parte qua l’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Caltanissetta, in
diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di

P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo ed il terzo, dichiara assorbito il
quarto motivo del ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e
rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Caltanissetta,
in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013
Il Cons.est.

DEPOS/ TATO

1 Presidente

aveva suddiviso i suoi fondi in una serie di lotti da destinare all’edificazione, lasciando ai

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