Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21209 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 19/10/2016, (ud. 12/07/2016, dep. 19/10/2016), n.21209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9485-2011 proposto da:

DALMINE S.P.A., c.f. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

1, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO GHERA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FRANCO JANNONI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

A.F., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio

dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PIERLUIGI BOIOCCHI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

AG.RO., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 560/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 11/12/2010 R.G.N. 259/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato GHERA FRANCESCO per delega Avvocato GHERA EDOARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

PQM

Vedi Provvedimento Allegato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Bergamo con sentenza n. 613/09 accoglieva la domanda proposta da un gruppo di dipendenti della Dalmine spa di condanna della società datrice di lavoro a retribuire la festività dell’8.12.2005. La Corte di appello di Brescia con sentenza del 11.10.2010 rigettava l’appello della Dalmine; la Corte territoriale ricordava che la giornata dell’8 dicembre rientrava ai sensi della L. n. 260 del 1949, art. 2 (nel testo sostituito dalla L. n. 90 del 1954) tra le festività per le quali spettava il diritto ad astenersi dal lavoro o, in caso di effettuazione della prestazione, anche un compenso aggiuntivo; tali disposizione non può essere modificata in senso peggiorativo dalla contrattazione collettiva. Per la Corte territoriale non poteva condividersi, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, la tesi della parte appellante secondo la quale il lavoratore che non abbia svolto l’attività lavorativa durante la detta festività come nel caso in esame potrebbe rivendicare la normale retribuzione solo se la sua assenza sia dipesa da uno dei motivi indicati dalla disposizione, posto il carattere generale delle regola di diritto alla festività normalmente retribuita. Tale diritto non risultava inciso dall’art. 8 CCNL comma 14 parte speciale del CCNL per cui “nessun lavoratore può rifiutarsi. Salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo”: il detto rifiuto non fa infatti perdere il diritto alla normale retribuzione attribuito direttamente dalla legge, ma semmai poteva dar luogo ad una sanzione disciplinare.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Dalmine con un motivo corredato da memoria; resistono le parti intimate con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo proposto si allega la violazione e falsa applicazione della L. n. 260 del 1949, artt. 2 e 5; della L. 31 marzo 1954, n. 90; degli artt. 1362, 1363, 1368 e 1371 c.c. con riferimento all’art. 5 parte speciale sezione 3 comma 14 del CCNL del 7.5.2003 per l’industria metalmeccanica. Non spettava la richiesta retribuzione in quanto non vi era stata prestazione lavorativa avendo indebitamente i lavoratori Intimati rifiutato di lavorare nonostante la previsione di cui all’art. 12 CCNL. Si trattava di un Indebito rifiuto che paralizzava la pretesa al pagamento della prestazione lavorativa; il CCNL prevedeva la possibilità di richiedere la prestazione anche in caso di festività in cambio di numerosi trattamenti di miglior favore. La giurisprudenza di legittimità non aveva adeguatamente valutato il caso del lavoratore che non presta la propria attività lavorativa per sua espressa volontà, per giunta contraria alle previsioni della contrattazione collettiva.

Il motivo appare infondato; la sentenza impugnata ha deciso la controversia alla luce, come ammette la stessa parte ricorrente, della ormai consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità ((Cass n 91761997; Cass/2004), che si condivide pienamente e cui si intende dare continuità secondo la quale il diritto del lavoratore di astenersi dall’attività lavorativa in caso di festività è pieno ed ha carattere generale e quindi non rilevano le ragioni che hanno determinato l’assenza di prestazione, peraltro stabilita per legge. Il trattamento economico ordinario deriva, come ha correttamente specificato già la Corte di appello, direttamente dalla legge e non possono su questo piano aver alcun rilievo le disposizioni contrattuali, la cui legittimità non rientra nel thema decidendum della presente controversia, che potrebbero avere, al più, un rilievo disciplinare. Non devono affrontarsi le considerazioni svolte sul ricorso circa lo “scambio” che sarebbe stato effettuato in sede contrattuale tra obbligo di svolgere il lavoro straordinario e trattamento di miglior favore in ordine a numerosi istituti sia perchè il CCNL non è stato prodotto, nè si è indicato l’incartamento processuale ove lo stesso sarebbe reperibile, sia perchè non si ricostruisce come tali difese siano state introdotte nei precedenti gradi del giudizio.

Si deve quindi rigettare il proposto ricorso: le spese di lite- liquidate come al dispositivo-seguono la soccombenza in favore delle parti costituite, nulle nei confronti delle residue parti intimate.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4100,00 di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge. Nulla nei confronti delle residue parti intimate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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