Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21209 del 08/08/2019

Cassazione civile sez. II, 08/08/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 08/08/2019), n.21209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 9443/’15) proposto da:

M.V., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in forza di

procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Vincenzo Pompa e

Alessandro Sala ed elettivamente domiciliato presso lo studio del

primo, in Roma, v. Pisanelli, n. 2;

– ricorrente principale-

contro

P.A., (C.F.: (OMISSIS)) e R.G., (C.F.:

(OMISSIS)), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a

margine del controricorso (contenente ricorso incidentale), dagli

Avv.ti Mario Violetta e Giovanni Corbyons ed elettivamente

domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, v. Cicerone, n.

44;

– controricorrente –

ricorrente incidentale Avverso la sentenza della Corte di appello di

Milano n. 3569/2014, depositata il 9 ottobre 2014 (non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. M.V. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, i sigg. R.G. e P.A. affinchè, previo accertamento dell’illegittimità del recesso esercitato da questi ultimi dal contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato in data 24 giugno 2009, gli stessi venissero condannati al pagamento del doppio della caparra corrisposta nella misura di Euro 120.000,00.

I convenuti si costituivano in giudizio e, oltre ad insistere nel rigetto della pretesa attorea, formulavano domanda riconvenzionale intesa ad ottenere il risarcimento del danno per l’importo di Euro 15.000,00, corrispondente alla differenza tra il prezzo di Euro 375.000,00 concordato con l’attore e quello di Euro 360.000,00 al quale essi convenuti avevano venduto l’immobile ad un terzo.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 13092/2013, respingeva la domanda principale ed accoglieva quella riconvenzionale.

2. Interposto appello da parte del M., la Corte di appello di Milano, nella costituzione degli appellati, con sentenza n. 3569/2014, in accoglimento per quanto di ragione del gravame ed in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda risarcitoria proposta in via riconvenzionale in primo grado, confermando nel resto la decisione di prime cure. A sostegno dell’adottata decisione la Corte territoriale riteneva che il risarcimento del danno riconosciuto dal giudice di prime cure agli appellati non avrebbe potuto essere dagli stessi preteso siccome da ritenersi largamente compensato dal trattenimento della caparra (avente proprio la funzione di anticipata liquidazione del danno).

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il M.V., al quale hanno resistito con un unico controricorso – contenente anche un motivo di ricorso incidentale – entrambi gli intimati.

Le difese di entrambe le parti hanno anche, rispettivamente, depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente principale ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 1218 c.c., art. 1385 c.c., commi 2 e 3, e art. 1453 c.c., per avere la Corte di appello ritenuto implicitamente proposta la domanda di recesso dal contratto nella richiesta di rigetto della domanda avanzata da esso M. al pagamento del doppio della caparra in presenza di una domanda riconvenzionale ordinaria di risoluzione e danni.

2. Con il secondo motivo – da intendersi formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il M. ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1374 e 1375 c.c., oltre che dell’art. 1385 c.c., poichè la Corte territoriale non aveva proceduto o aveva proceduto solo in modo apparente ad una valutazione comparativa del comportamento delle parti sulla base di tutti i fatti allegati in causa.

3. Con il terzo motivo – proposto in via subordinata rispetto al secondo – il ricorrente principale ha prospettato l’omesso esame circa un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti avuto riguardo proprio alla suddetta valutazione comparativa.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale i controricorrenti hanno dedotto l’erroneità della sentenza di appello sul punto relativo alla liquidazione del maggior danno per la mancata stipula del definitivo e successivo contratto di vendita a minor prezzo.

5.1. La prima censura formulata nell’interesse del ricorrente principale è infondata.

Rileva, infatti, il collegio che deve essere esclusa la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., non versandosi in una ipotesi nè di ultrapetizione nè di extrapetizione, dal momento che la Corte di appello, procedendo ad interpretare globalmente il petitum dedotto in giudizio e le reciproche pretese delle parti (e, quindi, a qualificare l’azione in concreto esercitata sulla scorta della rappresentata ed accertata vicenda sostanziale), ha correttamente ravvisato la compatibilità tra le complessive difese articolate dagli originari convenuti in via riconvenzionale, le quali, per un verso, erano indirizzate ad ottenere il rigetto della domanda attorea di dover restituire la somma consegnata a titolo di caparra – e, quindi, implicitamente di ottenere il riconoscimento del loro diritto a trattenerla in via definitiva per effetto della legittimità del recesso da loro operato – e, per altro verso, il riconoscimento del risarcimento degli ulteriori danni per la rivendita dell’immobile (oggetto del contratto preliminare) ad un prezzo inferiore rispetto quello concordato per il suo acquisto.

In tal senso, infatti, deve ritenersi che, nella prospettazione della loro difesa, gli originari convenuti (oggi controricorrenti) avevano insistito, in linea principale, per la reiezione della domanda attorea (diretta all’accertamento dell’asserita illegittimità del loro recesso) cui era – sul piano logico-giuridico correlato il contrapposto riconoscimento della legittimità del recesso stesso che avevano operato per il ravvisato grave inadempimento del promissario acquirente (in dipendenza del mancato rispetto del termine entro il quale si sarebbe dovuto concludere il contratto definitivo), donde il diritto di essi promittenti venditori a trattenere la caparra versata ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2; a titolo riconvenzionale, essi avevano, poi, chiesto – oltre, appunto, al riconoscimento del diritto di ritenere la caparra quale conseguenza dell’addotta infondatezza dell’avversa domanda – anche il risarcimento dei danni subiti indirettamente per effetto della condotta inadempiente del M. da correlarsi alla differenza (di Euro 15.000,00) tra il prezzo concordato (per Euro 375.000,00) con il predetto promissario acquirente in sede di preliminare ed il minor prezzo (per Euro 360.000,00) che essi promittenti venditori avevano poi incassato in virtù di una vendita successiva dell’immobile in favore di una terza persona.

5.2. Anche il secondo motivo è destituito di fondamento.

Sul piano generale deve evidenziarsi che la disciplina dettata dall’art. 1385 c.c., comma 2, in tema di recesso per inadempimento nell’ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente. Pertanto nell’indagine sull’inadempimento contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio (v., ad es., Cass. n. 398/1989 e Cass. n. 409/2012).

Sulla base di questa premessa, deve ritenersi che, contrariamente a quanto prospettato con il motivo in esame, la Corte di appello abbia – in modo circostanziato e sulla base di una verifica ispirata a congrui criteri logico-giuridici – proceduto ad una ponderata valutazione comparativa dei reciproci inadempimenti delle parti, propendendo per la prevalenza di quello del M., siccome venuto meno alle condizioni pattuite con la stipula del contratto preliminare, non avendo, in particolare, garantito – nel termine da detto contratto previsto – l’obbligo del pagamento dell’intero prezzo concordato al momento del rogito. In particolare, l’apprezzamento della maggiore rilevanza del mancato impegno all’osservanza di tale obbligo da parte del M. è stato valorizzato dalla Corte territoriale anche in correlazione alla collegata (e da quella dipendente) operazione economica che avrebbero dovuto concludere i promittenti venditori consistente nell’acquisto di un altro immobile da parte di una terza persona, per la cui stipula nel termine stabilito del 20 novembre 2009 i R.- P. avevano ricevuto una specifica intimazione al rispetto di detta data, che non avrebbe potuto essere posticipata.

Di conseguenza, essendo pervenuta a tale conclusione nell’indagine comparativa tra gli inadempimenti dedotti in causa, la Corte territoriale ha ravvisato la legittimità del recesso operato dai sigg. R.G. e P.A. ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2, il quale, presupponendo l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale, configura uno strumento speciale di risoluzione di diritto del contratto, da affiancare a quelle di cui agli artt. 1454,1456 e 1457 c.c., collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, intesa come determinazione convenzionale del danno risarcibile. Al fenomeno risolutivo, infatti, lo collegano sia i presupposti, rappresentati dall’inadempimento dell’altro contraente, che deve essere gravemente colpevole e di non scarsa importanza (ed in tal senso la Corte milanese ha ritenuto – con insindacabile valutazione di merito, siccome adeguatamente motivata – che fosse quello del M.), sia le conseguenze, ravvisabili nella caducazione “ex tunc” degli effetti del contratto (cfr. Cass. n. 18226/2011 e, da ultimo, Cass. n. 2969/2019).

5.3. Il terzo motivo del ricorso principale deve ritenersi assorbito (in senso improprio) per effetto del rigetto del secondo, non potendosi affatto ritenere che la Corte territoriale non abbia esaminato il fatto decisivo relativo alla valutazione comparativa tra i reciproci inadempimenti delle parti, essendo, invece, risultato adeguatamente e logicamente motivato proprio sulla scorta delle considerazioni complessive che si sono evidenziate nell’esaminare la precedente seconda censura.

6. L’unico motivo di ricorso incidentale è inammissibile perchè, con esso, pur avendo i controricorrenti inteso contestare la statuizione del giudice di appello nella parte in cui aveva riformato la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il maggior danno derivante dalla mancata stipula del contratto definitivo e dalla successiva vendita a minor prezzo, non è stata dedotta (v. il contenuto delle pagg. 27-30 del controricorso e, soprattutto, di quest’ultima, laddove si formulano le conclusioni) la violazione o falsa applicazione di alcuna specifica norma sostanziale e/o processuale (donde il mancato rispetto dell’indispensabile requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4)) ed è stato, altresì, prospettato un generico vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ormai non più denunciabile alla stregua della sopravvenuta novellazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il cui testo è, nel caso di specie, “ratione temporis” applicabile, poichè l’impugnata sentenza risulta pubblicata successivamente all’11 settembre 2012.

7. In virtù della reciproca soccombenza delle parti le spese del presente giudizio di legittimità vanno interamente compensate.

8. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, bisogna dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia del ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali (in solido), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso principale e dichiara assorbito il terzo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia del ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali (in solido), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA