Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21208 del 23/07/2021

Cassazione civile sez. I, 23/07/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 23/07/2021), n.21208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. r.g. 16704/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A., in persona dell’a.u. L.R., rappresentato e difeso

dall’avv. Giovanni Salonia, giovannisalonia.ordineavvocatiroma.org,

con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, via G.

Pisanelli n. 2, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona del curatore p.t.,

rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Sanzo,

salvatore.sanzo.cert.ordineavvocatimilano.it, con domicilio eletto

presso lo studio dell’avv. Francesco Macario, in Roma, Lungo Tevere

Marzio n. 1, come da procura in calce all’atto;

– controricorrente –

CANTINA SOCIALE COOPERATIVA DI SOAVE SOC. COOP. A R.L., SOCIETA’

CONSORZIO PRODUTTORI LATTE MARELLA SOC. COOP. A R.L., LATTERIA

SOCIALE DI MERANO SOC. COOP. A R.L.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza App. Firenze 20 maggio 2015, n. 943,

rep. 938, in R.G. 22/2015.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.p.a. impugna la sentenza App. Firenze 20 maggio 2015, n. 943, rep. 938, in R.G. 22/2015 che ne ha rigettato il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, nonché il contestuale decreto di rigetto della proposta di omologazione del concordato preventivo, pronunciati con sentenza da Trib. Arezzo 17.12.2014;

2. la corte ha premesso che: a) (OMISSIS) s.p.a. aveva proposto domanda di concordato preventivo alfine fondata (dopo modifiche conseguenti alle osservazioni dei commissari giudiziali) su dismissione del patrimonio e prosecuzione dell’attività attraverso Cadla s.p.a, cessionaria dei punti vendita e del magazzino, con previsto soddisfo integrale di prededuzione e privilegiati, dei chirografari al 6% (classe fornitori e banche), 3% (classe di banche garantite da ipoteche concesse da terzo), postergazione di credito minore del terzo garante (consenziente), nonché un accantonamento e un impegno dell’amministratore a versare ulteriore importo condizionato; b) all’esito del voto positivo, i creditori venivano informati che anche il terzo (Cadla) aveva presentato domanda di concordato, ciò pregiudicando – secondo i commissari – la fattibilità del concordato di (OMISSIS), senza che poi gli stessi creditori, secondo la procedura di cui alla L.Fall., art. 179, comma 2, modificassero il voto; c) il tribunale negava la fattibilità del concordato, essendo venuto meno l’impegno del terzo cessionario dei punti vendita, nonché ogni sicuro incasso dei crediti da terzi e apparendo incerta la prospettiva di realizzo diretta dell’attivo aziendale, così da pregiudicare anche un minimo pagamento ai chirografari, posto che non vi era stata attestazione su tali beni (da alienare a terzi e non più a soggetto determinato), mentre i creditori in realtà avevano votato su una proposta diversa e il concordato era privo di causa fattibile; d) lo stesso tribunale, accedendo alle istanze dei creditori, riscontrava uno sbilancio considerevole tra attivo (per il 2012, circa 26,1 mln Euro) e passivo (circa 45,2 mln Euro) e, constatata l’insolvenza, dichiarava il fallimento; e) in sede di reclamo, (OMISSIS) precisava che il proprio concordato era di tipo liquidatorio, posto che l’affitto dei vari rami d’azienda avrebbe comunque lasciato posto ad una finale alienazione a schema competitivo dei punti vendita, ai soggetti promissari o anche a terzi, senza ostacolo per il venir meno degli impegni del terzo, avendo peraltro il tribunale sovrapposto una valutazione di convenienza, prevalendo sul voto dei creditori stessi riuniti in classi (favorevoli) e non bastando singole opposizioni (tanto più rivendicanti una diversa sorte del proprio credito privilegiato di cooperative agricole);

3. la corte ha ritenuto che: a) la natura di concordato con continuità aziendale discendeva dalla stessa definizione data in proposta dalla società (OMISSIS), che intendeva salvare la maggior parte dei punti vendita aziendali mediante l’affitto, cui sarebbe seguita la cessione al terzo Cadla (cioè, al gruppo delle società ad esso facenti capo), previa fusione delle società del gruppo della debitrice e risoluzione dei contratti d’affitto in essere; b) inoltre, il congegno del piano prevedeva che la cessione a soggetti non previamente individuati si riferisse a beni non funzionali all’attività principale che invece, nel programma proposto e votato, transitava alle società del gruppo Cadla che però, nei rispettivi piani dei propri concordati (o progetti), non includevano più detto rilievo, anzi forfettizzando l’indennizzo per lo scioglimento del contratto d’affitto e collocandolo a sua volta in falcidia, ciò pregiudicando proprio la fattibilità della continuità aziendale L.Fall., ex art. 186bis; c) le opposizioni delle cooperative agricole volgevano essenzialmente al riconoscimento del privilegio codicistico, alfine ammesso nel successivo fallimento per molte di esse; d) la venuta meno della fattibilità, dunque, atteneva alla causa concreta del concordato, sostanzialmente modificato per la scomparsa della cessione dei punti vendita a soggetto determinato e la sopravvenuta aleatorietà dell’incasso di consistente credito vantato verso la collegata Setteponti immobiliare, mentre il mantenimento dell’impegno all’acquisto di singoli punti vendita da parte della sola società Cedi Toscana non era sufficiente a conservare al piano la propria identità; e) il mutamento in liquidatorio del concordato, inoltre, era ostacolato sia dal difetto di una stima generale dell’attivo, sia dall’indirizzamento del voto, già eseguito, verso una proposta del tutto diversa, ciò anche pregiudicando la fattibilità giuridica del concordato, posto che il citato mutamento del piano era giunto solo dopo, così togliendo rilevanza alle mancate opposizioni; f) la condotta dell’amministratore della (OMISSIS), che aveva invitato un debitore della Setteponti a non pagare i ratei del credito ceduto dalla Setteponti alla (OMISSIS) stessa, prospettandone la postergazione, evidenziava trattarsi di un rimedio congegnato proprio per fronteggiare l’eccessiva onerosità del concordato;

Il ricorso è su quattro motivi, cui resiste il fallimento con controricorso, nonché illustrazione con memoria ex art. 380bis.1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è sollevata la violazione della L.Fall., art. 180 comma 4, nonché il vizio di motivazione, avendo erroneamente il tribunale esaminato la convenienza della proposta nonostante il difetto di opposizioni di classi costituite o di creditori qualificati al 20% del nominale ad essi proprio o comunque con inammissibile riscontro della fattibilità economica, tanto più che il contenuto delle opposizioni reclamava ai rispettivi autori solo il riconoscimento più favorevole della prelazione;

2. con il secondo motivo si deduce la violazione della L.Fall., artt. 160 e 179, oltre che il vizio di motivazione, laddove la sentenza ha trascurato che, una volta messi i creditori in condizione di rivotare per effetto della modifica della proposta, il tribunale non può più esaminare di questa la convenienza o la fattibilità economica, se siano mancati voti negativi ed opposizioni rituali nel giudizio di omologazione;

3. con il terzo motivo, richiamando le violazioni di legge del secondo, è contestato che la fattibilità giuridica sia nozione estensibile ad una prognosi che investa apprezzamenti di merito spettanti ai creditori, tale dovendosi ritenere la valutazione operata sulle prospettive del gruppo Cadla, confuse per la fattibilità economica, anche tenuto conto che la società aveva superato positivamente il procedimento incidentale di revoca attivato L.Fall., ex art. 173 approdando al voto positivo dei creditori e che non vi era prova di manifesta inettitudine della proposta a realizzare la causa concreta del concordato, compatibile anche con il ritiro dagli impegni del predetto gruppo Cadla;

4. con il quarto motivo, in violazione della L.Fall., artt. 161 e 186, si deduce l’erroneità della qualificazione della proposta ancora in continuità aziendale, e non invece liquidatoria, posto che non vi era più prosecuzione dell’attività d’impresa, cessione d’azienda ad un terzo, né conferimento d’azienda in esercizio ad altri ed invece il debitore aveva chiesto la nomina di un liquidatore giudiziale;

5. il quarto motivo ha natura pregiudiziale ed è infondato; la corte d’appello, con motivazione che non è suscettibile di riesame nonostante l’affastellamento delle censure delle violazioni di legge a quelle sostanziali della ricostruzione della fattispecie – ed invero emerge dalla chiara prevalenza assicurata non solo al dato testuale della proposta ma altresì al suo congegno organizzativo, ha qualificato il concordato siccome con continuità aziendale; la sentenza, infatti, ha assegnato precipua connotazione alla conservazione della maggior parte dei punti aziendali di vendita all’ingrosso e al dettaglio, la cui salvaguardia, insieme agli addetti, faceva parte di un unitario piano in cui erano coinvolte le società di altro gruppo (Cadia) che avrebbe dovuto procedere al corrispondente graduale subingresso (prima con affitti poi con acquisti), intervenendo altresì finanziariamente in rilievo di beni immobili di società (Setteponti) di cui la ricorrente era partecipante e creditrice (così generando liquidità sicura); la stessa sentenza dà atto che la conversione da ultimo (dopo il voto) invocata dalla debitrice non era dunque solo nominalistica, implicando piuttosto, con la rivendicazione che il concordato in sostanza si proponeva di liquidare ogni attivo, un ribaltamento del progetto iniziale che da concordato in continuità indiretta chiuso (cioè con terzo preindividuato) trascorreva in comune ipotesi liquidatoria, senza però che nessuno dei suoi passaggi procedimentali, a cominciare dalla stima dell’intero patrimonio, fosse stato avviato ordinatamente su tale percorso; l’infondatezza del motivo rende dunque ragione dell’analisi di fattibilità quale doverosamente condotta dal giudice di merito prendendo a misura la proposta secondo lo schema legale enunciato ai sensi della L.Fall., art. 186bis e per il quale anche di recente questa Corte ha riconosciuto essenziale, per il giudizio sul tipo, la presenza di “una componente di qualsiasi consistenza di prosecuzione dell’attività aziendale” (Cass. 734/2020);

6. i primi tre motivi, da trattare congiuntamente e avuto riguardo all’assorbente profilo dell’esame di fattibilità, sono complessivamente inammissibili; la corte d’appello ha invero confermato il giudizio di infattibilità del concordato preventivo che, allestito in continuità aziendale – come detto – indiretta e a natura chiusa, aveva perduto, in corso di procedimento il proprio “perno”, essendosi dissolta la disponibilità del gruppo Cadla (ed in particolare della società principale, entrata in concordato a sua volta) al rilievo del core business della proposta, così essendo sovvertito ogni affidamento di coerenza, come voluto dalla L.Fall., art. 186bis, tra la prosecuzione dell’attività d’impresa e il miglior soddisfacimento dei creditori;

7. in tema, questa Corte ha più volte affermato che il tribunale è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, nel senso che, “mentre il controllo di fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi (con ciò ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta). Tali principi vengono maggiormente in rilievo nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale L.Fall., ex art. 186-bis, laddove la rigorosa verifica della fattibilità in concreto presuppone un’analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuità essere idoneo a dimostrare la sostenibilità finanziaria della continuità stessa, in un contesto in cui il favor per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale è accompagnato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione, tese ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività non può che essere funzionale” (Cass. 9061/2017, 10982/2021); ne discende che il giudice di merito non può omettere di prendere in considerazione gli elementi, originari o sopravvenuti, che influiscano sull’individuazione dell’entità del passivo, della composizione dell’attivo e delle correlative modalità di cessione, ove gli stessi siano di rilevanza tale da poter evidenziare, per incertezza e compromissione del progetto originario, la manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati (Cass. 11216/2021), tanto più come nel caso in cui ad essere venuta meno è la struttura organizzativa e relazionale su cui poggiavano le, peraltro già ridotte, prospettive di soddisfacimento dei creditori;

8. il controllo del giudice di merito (includendo in esso, ai sensi di Cass. 1169/2017, anche il giudice del reclamo stante la natura devolutiva piena del mezzo) si esercita compiutamente sulla attuabilità del piano di concordato, per come in concreto articolato e dunque in relazione al tenore organizzativo delle sue fasi ove oggetto di dettagliata proposta e corrispondente manifestazione di consenso; tale giudizio di attualità va condotto secondo la teorica del “caso per caso” fissata dalle Sezioni Unite (sentenza n. 1521 del 2013), dovendo il giudice giungere a dichiarare l’inammissibilità della domanda, ove del concordato sia esclusa la idoneità a realizzare effettivamente la causa concreta, da intendersi come obiettivo specifico perseguito con la singola proposta (Cass. 6709/2021);

9. rientra pertanto in un’inammissibile disamina sulla motivazione, nella specie peraltro ampia e per nulla apparente (Cass. s.u. 8053/2014), la verifica dei fattori alla cui stregua il giudice di merito, coordinando la propria prognosi sulla base della vanificazione di decisivi fattori connotativi del piano originario per difetto certo di impegno dei soggetti coinvolti e mutamento strutturale dei meccanismi esecutivi (parti integranti dell’accordo proposto ai creditori e così votate), abbia negato, al di là delle formule impiegate, la sua realizzabilità;

10. il ricorso va dunque rigettato, con condanna alle spese secondo la regola della soccombenza e specifica liquidazione come meglio in dispositivo, riconosciuta la sussistenza dei presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 10.000, oltre a 200 Euro per esborsi, nonché al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

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