Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21208 del 08/10/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21208 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

Data pubblicazione: 08/10/2014

SENTENZA

sul ricorso 31522-2007 proposto da:
IBARENDA COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 6,
presso l’avvocato LIO SERGIO, rappresentata e
difesa dall’avvocato NATOLI ORESTE, giusta procura
2014

a margine del ricorso; – C., 44 ,92 1P. A6+0 4,4
– ricorrente –

1054

contro

COMUNE DI PALERMO;

1

- intimato –

sul ricorso 2504-2008 proposto da:
COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GIOSUE’ BORSI 4, presso l’avvocato ESPOSITO

IMPINNA ANNA MARIA, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale; ,-£.F.; da0Ag5S082controricorrente e ricorrente incidentale contro

IBARENDA COSTRUZIONI S.R.L., IBARENDA COSTRUZIONI
S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimate –

avverso la sentenza n. 1063/2006 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 23/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 21/05/2014 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato NATOLI ORESTE

ELISABETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato

che si riporta;
udito,

per

il

controricorrente

e

ricorrente

incidentale, l’Avvocato IMPINNA ANNA MARIA che si
riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per

2

rigetto

incidentale:

del

ricorso

accoglimento

principale;

ricorso

del

motivo,

primo

il

i

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 7 marzo 1997 la s.r.l. Ibarenda Costruzioni adiva la Corte di
appello di Palermo premettendo:
che per la costruzione di una scuola elementare, il Comune di Palermo aveva
disposto l’occupazione d’urgenza di un suo appezzamento di terreno, con ordinanza del
13 aprile 1991 seguita, il successivo 2 giugno, da formale immissione in possesso, con
redazione del verbale di stato di consistenza;

che il TAR Sicilia con diverse sentenze aveva dichiarato la nullità degli atti
espropriativi e del vincolo ad edilizia scolastica;
che con ordinanza n. 3446/0S, notificata il 6 febbraio 1997, il Comune aveva
pronunziato l’espropriazione in suo favore della predetta area, determinando in
complessive £. 688.500 l’indennità di espropriazione ed in £ 314.163 l’indennità di
occupazione temporanea, provvedendo al deposito degli importi presso la Cassa
Depositi e Prestiti.
Tanto premesso, la società attrice deduceva che l’indennità di espropriazione era stata
quantificata in misura irrisoria in rapporto al valore di mercato del suo immobile, che
assumeva pari a £ 9.000.000.000, essendo esso compreso nel perimetro urbano e dotato
di destinazione edificatoria; chiedeva, pertanto, la determinazione della giusta indennità
e la condanna dell’ente convenuto al pagamento in suo favore, o al deposito, della
somma così determinata, oltre alla rivalutazione ed agli interessi legali. Il Comune di
Palermo si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda, sostenendo che
l’indennità provvisoria di espropriazione era stata determinata in un importo congruo,
tenuto conto dell’inedificabilità del terreno, al riguardo osservando che il TAR Sicilia
con la sentenza n. 324 /1991, confermata dal C.G.A con sentenza n. 64/1994, e
divenuta definitiva, aveva dichiarato persistente e legittimo il vincolo ad edilizia

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scolastica, e che doveva ritenersi irrilevante la sentenza n. 1470 del 1995, pure
richiamata dall’attrice, con cui il Pretore di Palermo aveva accolto la sua istanza di
reintegra nel possesso dell’area in oggetto.

nonché, a fini meramente conoscitivi, alla Presidenza della Regione Siciliana ed alla
Commissione Provinciale per le Espropriazioni, le quali non si costituivano, il Comune
di Palermo proponeva opposizione alla stima espressa nella seduta del 22 agosto 1998
dalla Commissione Provinciale Espropriazioni, che aveva quantificato l’indennità
definitiva di espropriazione assumendo il valore venale unitario di £ 160.000 mq, a
parere dell’ente locale eccessivo ed erroneo, essendo stato correlato alla possibilità di
utilizzare il terreno per un parcheggio all’aperto, in netto contrasto con il vincolo ad
edilizia scolastica impresso dallo strumento urbanistico vigente alla data del decreto
ablativo. L’Ibarenda Costruzioni si costituiva anche in questo giudizio, chiedendo il
rigetto dell’opposizione ed in via riconvenzionale reiterando la pretesa proposta
nell’altro giudizio da lei introdotto.
L’adita Corte di appello di Palermo, riuniti i due giudizi, con sentenza del 12.0723.10.2006, in parziale accoglimento della domanda dell’espropriata, determinava in €
553.370,00 l’indennità dovuta per l’ablazione del terreno di mq. 4.590, ordinando il
deposito dell’importo, oltre interessi legali, presso la competente Cassa Depositi e
Prestiti;
La Corte territoriale per quanto ancora rileva riteneva che:
il Comune, beneficiario dell’espropriazione, non aveva contestato la sua
legittimazione passiva esclusiva rispetto alle domande svolte dalla Società Ibraenda
Costruzioni;
in ordine alla destinazione del terreno espropriato occorreva considerare:

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Con successivo autonomo atto notificato il 2 novembre 1998 all’Ibarenda Costruzioni

a)

che la licenza edilizia rilasciata dall’Assessorato Edilizia Privata all’Ibarenda
Costruzioni il 15 ottobre 1980 per la realizzazione di tre edifici compresi nell’area
urbana in oggetto, era stata prima sospsesa e poi annullata con ordinanza sindacale n.

giusta deliberazione del Consiglio Comunale n. 517 del 10 aprile 1968; tale ordinanza
era stata annullata dal TAR Sicilia, con sentenza n. 137 del 4 luglio 1984 – 6 febbraio
1985, confermata dal C.G.A. con decisione dell’8 ottobre 1985, per difetto di
motivazione sulle ragioni di pubblico interesse che ne avevano determinato l’emissione.
Immediatamente dopo la pronunzia del primo giudice il Commissario Straordinario del
Comune di Palermo, in via di autotutela, era tornato ad annullare la concessione,
rilevandone il contrasto con lo strumento urbanistico. Stavolta il ricorso proposto dalla
società avverso il provvedimento di annullamento veniva respinto dal TAR con
sentenza del 31 gennaio – 2 maggio 1989, confermata dal C.G.A. con pronunzia n. 64
del 25 febbraio 1994, divenuta definitiva, di guisa che era preclusa alla società ogni
contestazione in ordine a tale vincolo, essendosi formato al riguardo il giudicato;
b)

peraltro l’amministrazione non poteva dedurre l’assenza di una qualsivoglia
suscettività edificatoria del terreno. Era stato, infatti, precisato in giurisprudenza che
l’edificabilità non si identificava, né esauriva in quella residenziale abitativa, ma
ricomprendeva tutte quelle forme di utilizzazione del suolo, in via di principio non
precluse all’iniziativa privata, che fossero riconducibili alla nozione tecnica di
edificazione e, come tali, soggette al regime autorizzatorio di cui all’art 1 legge 28
gennaio 1977, n.10, salva restando la rilevanza della specifica destinazione ai fini della
concreta determinazione del valore del bene. Dovevano includersi, infatti, nella
categoria dei terreni a vocazione edificatoria legale tutti quelli in cui l’edificazione, sia
pure a tipologia vincolata, fosse stata consentita all’iniziativa privata, e, quindi, anche

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1827 del 20 maggio 1981, nel rilievo che l’area era stata destinata ad edilizia scolastica,

quelli destinati ad edilizia scolastica, quando la costruzione doveva considerarsi
funzionale ad una destinazione edificatoria della zona, sì che, in tal caso, il vincolo non
rivestiva carattere espropriativo.

del 10 aprile 1968 sopra richiamata, e ribadita dalla variante al Piano Regolatore
Generale adottata con deliberazione n. 94 del 1992, ed ancora vigente all’epoca che
veniva in rilievo (21 novembre 1996) integrava un vincolo (ritenuto legittimo dal
T.A.R. con la sentenza n. 324 /1991, confermata dal C.G.A con sentenza n. 64/1994)
non a carattere espropriativo, certamente non inconciliabile con l’iniziativa privata. In
definitiva, dunque, se non era fondata la tesi della società in ordine alla edificabilità
residenziale del bene, non aveva maggior fondamento l’assunto difensivo del Comune,
che negava al fondo una qualsiasi suscettività edificatoria pur ponendo in rilievo
l’incontestabilità del vincolo ad edilizia scolastica;

d’altra parte non era stata neanche dimostrata l’appartenenza alla società delle aree
circostanti, che in tesi avrebbero sfruttato ed assorbito tutta la cubatura del fondo in
oggetto, evenienza peraltro che avrebbe implicato il rilascio di concessioni poco
conciliabili con la specifica destinazione scolastica a tale fondo impressa;
tenuto conto del vincolo che rendeva comunque meno appetibile il fondo e della
stima effettuata in ordine a un terreno pure ricompreso nel perimetro urbano, in zona
ancora più centrale ed avente analoga destinazione scolastica (vedi sentenza resa da
questa Corte di Appello nel giudizio La Cavera – Comune di Palermo) con riferimento
pressappoco allo stesso periodo (novembre 1995), appariva equo determinare il valore
venale del bene in oggetto in £ 450.000 mq. e, dunque, in complessivi € 1.066.740,00
equivalenti a £ 2.065.500.000, con discostamento dalla stima dei ctu;

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nella specie, la destinazione ad edilizia scolastica impressa con la delibera n. 517

ai sensi dell’art. 5 bis della legge n. 359 del 1992 l’indennità di espropriazione
spettante all’Ibarenda Costruzioni andava dimidiata, essendo la particella in questione
priva di indicazioni sul reddito dominicale, e determinata senza

l’indennizzo espropriativo andava incrementato degli interessi legali a decorrere
dalla data del decreto di espropriazione e fino alla data dell’effettivo soddisfacimento
mentre non ne poteva essere disposta la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di
valuta e non avendo la creditrice provato né prospettato che un pagamento tempestivo
l’avrebbe posta in grado di evitare, o quantomeno di ridurre, gli effetti negativi del
fenomeno inflattivo;
non andava liquidata in favore dell’attrice l’indennità di occupazione temporanea, in
quanto da lei non richiesta.
Avverso questa sentenza la società Ibarenda costruzioni a r.l. ha proposto ricorso per
cassazione affidato a cinque motivi, illustrato da memoria e notificato al Comune di
Palermo, che ha resistito con controricorso, proposto ricorso incidentale fondato su tre
motivi e successivamente depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente in rito si deve:
a) disporre a sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale,
proposti avverso la medesima sentenza;
b) respingere l’eccezione, formulata dal controricorrente Comune di Palermo,
d’inammissibilità del ricorso proposto dall’Ibarenda costruzioni a r.1., riferita
all’erronea indicazione in funzione di rappresentante della società, dell’amministratore
unico in luogo del liquidatore, che invece tale qualità all’epoca rivestiva e che in questa
veste aveva pure conferito la procura apposta a margine dell’atto; trattasi, infatti, di

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apportare 1 ‘abbattimento del 40%, in € 533.370,00 (£ 1.032.750.000);

mero irrilevante errore materiale, non risultando alcuna imprecisione afferente ai dati
individuativi della parte ricorrente correttamente indicata nella prima pagina del ricorso
tramite la sua esatta denominazione sia nell’epigrafe dell’atto che a margine di essa, in

liquidazione della conferente e del nominativo del liquidatore che dalla firma di questi,
il che impediva anche di ravvisare una qualsivoglia incertezza in ordine all’organo
dotato di potere rappresentativo ed alla persona fisica che tale funzione rivestiva in
luogo del precedente amministratore unico.
A sostegno del ricorso principale la società Ibarenda denunzia:
“Applicazione – rivelatosi ex post illegittima dell’art.5 bis del D.L. n. 333

del 11.07.1992, convertito con modificazioni nella L. 359 del 98.08.1992, in relazione
all’art. 360 n.3 del c.p.c. per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale del
24.10.2007 n. 348 che ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale dell’art. 5 bis cit.
commi 1 e 2, nonché in via consequenziale dell’art. 37 commi 1 e 2 del D.P.R.
08.06.2001 n. 327, e per converso degli artt. 42 e 117 della Costituzione, nonché dell’
art. 834 del c.c.”.
Formula conclusivamente il seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,
applicabile ratione temporis «Dica la Corte, che, per effetto della pronuncia di
illegittimità costituzionale dei comma 1 e 2 dell’art. 5 bis del D.L. n. 333 dell’ 11 luglio
1992, convertito con modificazioni nella legge n. 359 dell’ 8 agosto 1992, l’indennità
di esproprio dovuta alla società ricorrente, per l’ablazione dell’appezzamento di terreno
già di sua proprietà, debba essere liquidato, trattandosi di una espropriazione isolata,
disposta per circoscritte limitate finalità, in misura pari al valore venale del bene così da
garantire un’ integrale riparazione e ciò in applicazione a) del principio di diritto, cui si
è fatto ampio cenno, che si trae dall’ interpretazione che la Corte di Giustizia Europea

9

calce alla ivi apposta procura speciale, corredata sia dall’indicazione dello stato di

ha dato dell’art. 1 del 1° Protocollo della Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo,
che, ancorché non direttamente applicabile nel nostro Ordinamento interno, è immune
da censure sotto il profilo della legittimità Costituzionale e dovrà costituire un

con l’art.117, primo comma della Costituzione nei termini prospettati dal Giudice delle
Leggi nella citata sentenza e, b) comunque, dell’art. 42 della Costituzione e dell’art.
834 del codice civile che impone una giusta indennità.>>.
2.

“Errata e falsa applicazione del comma 3 0 dell’art.5 bis del D.L. 11 luglio
1992 n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n.359, nonché dell’ art. 7 della legge
17 agosto 1942 n.1150 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c..”.
Formula i seguenti quesiti di diritto << Dica la Suprema Corte che il vincolo - servizi pubblici (scuola) -apposto sull'area espropriata in danno della ricorrente con deliberazione consiliare n. 517 del 10.04.1968, ai sensi degli artt. 21 e 32 delle N.d.A. del P.R.G. del 1962 era non già un vincolo cosiddetto conformativo, bensì preordinato all'esproprio, in considerazione della sua previsione cosiddetta lenticolare o puntiforme all'interno di una più vasta zona interamente destinata ad edilizia residenziale ed alle cui esigenze collettive il vincolo veniva apposto. Dica conseguentemente la Suprema Corte, che al fine della liquidazione della indennità di esproprio e correlativamente dell'indennità di occupazione legittima, l'indennità medesima doveva essere determinata avendo di mira la destinazione edificatoria residenziale abitativa dell'intera area circostante quella espropriata, tenendosi conto che la densità fondiaria era pari a 7 mc/mq, classe E6.>>.

3.

“Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione
all’art.360 primo comma n.3 cp.c., nonché per insufficiente motivazione su un fatto
controverso e decisivo.”, in relazione al determinato valore venale dell’area.

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parametro di riferimento per l’esercizio della potestà legislativa nazionale in sintonia

Formula il seguente quesito di diritto<>.
4.

“Violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c. nonché degli artt. 2727
e 2729 c.c. con riferimento all’ art. 360 n. 3 c.p.c.”
Formula i seguenti quesiti di diritto «Dica la Suprema Corte che la società ricorrente,
avuto riguardo alla qualità di imprenditrice commerciale e alla circostanza che la
medesima era attiva, e posto che tali elementi costituiscono a norma degli articoli 2727
e 2729 c.c. indizi precisi, gravi e concordanti, aveva diritto alla rivalutazione monetaria
del credito all’indennità di esproprio ciò quale maggior danno a norma dell’art. 1224
c.c..
Dica la Suprema Corte che tale maggior danno poteva ritenersi provato in base al
notorio ed al sistema processuale delle presunzioni per effetto delle circostanze indicate
nella qualità di imprenditrice commerciale della ricorrente e nella piena attività
dell’impresa commerciale.>>.

5.

“Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360
n. 3 e n. 4 comma 1°, nonché per omessa motivazione su un fatto controverso e
decisivo con riferimento all’art. 360 1° comma n. 5 per avere omesso la Corte
d’Appello di pronunciarsi sull’indennità di occupazione legittima.”.
Formula i seguenti quesiti di diritto <>
Col ricorso incidentale il Comune di palermo deduce:
“Violazione di legge”
Formula il seguente quesito di diritto<>.
“Vizio di motivazione della decisione su un punto decisivo della
controversia – violazione di legge” con riguardo all’inedificabilità anche di fatto
dell’area ed al rilievo relativo alla non computabilità delle cessioni di cubatura in
favore delle aree adiacenti.
Formula il seguente quesito di diritto << Dica la Corte che l'area de qua, in ragione della peculiare situazione urbanistico-edilizia, non era qualificabile come area edificabile, con conseguente applicazione dei commi 3 e 4 dell'art. 5 bis legge 332/1992 e conferma dell' indennità di espropriazione come determinata dal Comune di Palermo in misura pari al valore agricolo dell' area.>>.

12

della domanda).

3.

“Difetto di motivazione della decisione su un punto decisivo della
controversia”
Formula il seguente quesito << Dica la Corte che l'area de quo, ove ritenuta edificabile, In via logico-giuridica merita esame prioritario il primo motivo del ricorso incidentale, che si rivela fondato; al relativo accoglimento segue anche l'assorbimento degli altri due motivi del medesimo ricorso incidentale nonché di tutti i motivi del ricorso principale. In riferimento alla dicotomia tra aree edificabili e non edificabili, imposta ai fini indennitari dall'art. 5 bis, comma terzo, della legge n. 359 del 1992 (non attinto da pronunce d'incostituzionalità) ed alla doverosa riconduzione legale dell'area espropriata ad uno dei due ambiti, con conseguenti inevitabili riflessi sulla determinazione del dovuto (pur se a seguito delle sopravvenute sentenze della Corte costituzionale n. 348 del 2007 e n. del 2011, in entrambi i casi da rapportare al valore pieno di mercato dei beni, valorizzando peraltro pure le rispettive, diverse caratteristiche di diritto e le implicazioni a tanto connesse), l'attuata opzione per l'edificabilità si rivela non confortata dal precedente giudicato amministrativo né, con riferimento alla rilevata tipologia di zonizzazione urbanistica desunta dalla variante del 1992 al PRG ed ancora vigente nel 1996, aderente al dettato normativo ed alla condivisa elaborazione giurisprudenziale avutasi in questa sede, per la quale riassuntivamente e da ultimo (cfr cass. nn. 8231 e 14437 del 2012; n. 6833 del 2014) <

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