Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21207 del 08/08/2019
Cassazione civile sez. II, 08/08/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 08/08/2019), n.21207
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4144-2015 proposto da:
B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE
MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO BAUZULLI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO RINALDI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MASSA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’avv. B.L. con ricorso del 3 aprile 2013 impugnava il decreto con il quale il Tribunale di Massa Carrara aveva liquidato i compensi alla stessa dovuti per attività professionale svolta, in qualità di difensore d’ufficio, nel procedimento penale a carico di T.N. nato in (OMISSIS);
La ricorrente deduceva l’illegittimità del provvedimento de quo rilevando che la liquidazione era stata effettuata sulla base del D.M. n. 140 del 2012, art. 41 anzichè come correttamente sarebbe dovuto accadere sulla base del D.M. n. 127 del 2004. A sostegno della propria tesi la ricorrente richiamava la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la n. 17406 (rectius 17405) del 2012 secondo la quale “in tema di spese processuali, agli effetti del D.M. 20 luglio 2012, n. 140, art. 41 il quale ha dato attuazione al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, comma 2, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorchè tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata.
Si costituiva il Ministero della Giustizia affermando l’avvenuta corretta applicazione del D.M. n. 140 del 2012, art. 41 per il fatto che tutte le liquidazioni successive alla data del 23 agosto 2012 prescindendosi dalla data di conclusione del processo e da quella del deposito della relativa istanza di liquidazione, dovevano avvenire sulla base della recente normativa. Tuttavia, anche in caso di applicazione del D.M. n. 127 del 2004 non sarebbe ottenuto alcun vantaggio per il ricorrente.
Il Tribunale di Massa con ordinanza del 4 aprile 2014 rigettava il ricorso. Secondo il Tribunale di Massa il Decreto Ministeriale trova applicazione a tutte le liquidazioni che siano state effettuate dal Giudice in data successiva alla sua entrata in vigore (23 agosto 2012) anche nel caso in cui l’attività professionale sia stata esaurita in data anteriore ed anche nel caso in cui la stessa notula sia stata depositata in data anteriore.
La cassazione di questa ordinanza è stata chiesta dall’avv. B.L. con ricorso affidato a due motivi. L’avv. B.L. lamenta: a) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 140 del 212, art. 41 (art. 360 c.p.c., n. 3; b) con il secondo motivo la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132 – 134 c.p.c.art. 118 disp. att. e art. 111 Cost., commi 6 e 7.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.= Come ha sollecitato la parte controcorrente, si pone, anzitutto, un problema di tempestività dell’impugnazione.
Va qui premesso che, come anche specifica la stessa ricorrente, l’ordinanza impugnata con il presente ricorso per cassazione emessa dal Tribunale di Massa il 4 aprile del 2014 era stata depositata in cancelleria in data 7 aprile del 2014 e da tale data decorreva, quindi, il termine lungo per impugnare, essendo, invece, irrilevante quella della comunicazione di cancelleria. Come è stato detto da questa Corte: la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell’omessa comunicazione della data di trattazione dell’udienza e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa. (Cass. 5946/17; 26402/2014).
In particolare, con riferimento alle ordinanze emesse ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., l’ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione può essere appellata, dalla parte contumace, nel termine “breve” di cui all’art. 702 quater c.p.c., decorrente dalla notificazione della stessa, in difetto della quale trova applicazione il termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c. che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo (vedi Cass. 16893/2018).
Il ricorso per cassazione del 14 gennaio 2015 è quindi tardivo, conseguentemente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna la ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente, le spese del presente giudizio di cassazione che liquida, in Euro. 1.000,00, oltre spese prenotate a debito, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 5 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2019