Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21207 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21524-2019 proposto da:

C.A., in proprio e nella qualità di legale

rappresentante pro tempore della CO.MEC. COSTRUZIONI MECCANICHE DI

C.A. E C. SNC, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FARSETTI,

rappresentati e difesi dagli avvocati ROCCO BRUNO, GIOVANNI VERDE,

VALERIA VERDE;

– ricorrenti –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA e per essa INTRUM ITALY SPA, in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GRAZIANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI SOLIMENE;

– controricorrente –

contro

M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 27/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Don. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza resa in data 8/1/2019, la Corte d’appello di Napoli, per quel che rileva in questa sede, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dal Banco di Napoli s.p.a., ha dichiarato inopponibile, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti della banca attrice, l’atto con il quale M.G. (debitrice della banca attrice) aveva ceduto un proprio bene immobile in favore della CO.MEC. Costruzioni Meccaniche di C.A. & C. s.n.c.;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come gli elementi istruttori complessivamente acquisiti al giudizio avessero confermato la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta;

avverso la sentenza d’appello, C.A., in proprio e quale legale rappresentante della CO.MEC. Costruzioni Meccaniche di C.A. & C. s.n.c., propone ricorso per cassazione sulla base di un unico articolato motivo d’impugnazione;

Intesa Sanpaolo S.p.A. (già Banco di Napoli s.p.a.), rappresentata dalla Intrum Italy s.p.a., resiste con controricorso;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., i ricorrenti hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 2729 c.c. (con riguardo all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistente il ricorso presunzioni gravi, precise e concordanti, a sostegno della dimostrazione dei presupposti di carattere soggettivo, riferiti alla società acquirente, ai fini dell’accoglimento dell’actio pauliana;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, con la censura in esame, i ricorrenti lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – alleghino un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), non potendo dirsi coinvolta, nella prospettazione critica dei ricorrenti, alcuna eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso;

a tale specifico ultimo riguardo, osserva il Collegio come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi priva, icto ocu/i, di quella adeguata capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che i giudici del merito hanno ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza, con la conseguente oggettiva inidoneità della censura in esame a dedurre la violazione dell’art. 2729 c.c. nei termini analiticamente indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 (v. in motivazione sub par. 4. e segg.);

pertanto, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;

tale operazione critica appare con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della banca controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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