Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21206 del 08/08/2019

Cassazione civile sez. II, 08/08/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 08/08/2019), n.21206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6983/2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

R.F., R.A., R.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA SALENTO 73, presso lo studio dell’avvocato

CHIARA LIETO, rappresentati e difesi dagli avvocati ALBA FEBBO,

ALFONSO VASILE;

– ricorrenti e c/ricorrenti incidentali –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il

27/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/04/2019 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e per il rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato SILVESTRI Patrizia, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato VASILE Alfonso, difensore dei resistenti che ha

chiesto l’accoglimento delle difese in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 3, R.G., R.A. e R.F., in proprio e quali eredi di D.G.O., hanno chiesto alla Corte d’Appello dell’Aquila di condannare il Ministero al pagamento di un indennizzo, per la violazione del principio di ragionevole durata di un processo che la loro dante causa aveva iniziato nel 1984, davanti al Tribunale di Pescara; che era poi proseguito, in appello e s’era concluso solo nel 2015, con una sentenza della Corte di Cassazione.

Con decreto pubblicato il 25/5/2016, il Consigliere designato dal Presidente della Corte ha accolto il ricorso, ma i ricorrenti hanno subito chiesto la correzione di un errore materiale che era contenuto nel decreto: ed il Consigliere delegato, con decreto pubblicato il 13/6/2016, ha fatto luogo alla correzione.

Di seguito, i ricorrenti hanno chiesto la correzione di un ulteriore errore materiale, ma il Consigliere delegato (con decreto pubblicato il 18/7/2016), questa volta, ha respinto l’istanza: per cui i ricorrenti, in data 15/9/2016, hanno notificato al Ministero il decreto originario, le due istanze di correzione, ed i successivi provvedimenti di cui s’è detto.

Con l’opposizione, il Ministero eccepiva la sopravvenuta inefficacia del decreto, per essere stato notificato oltre il termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2.

I resistenti chiedevano il rigetto dell’opposizione.

La Corte di Appello dell’Aquila con decreto n. 1289 del 2016 respingeva l’opposizione e compensava le spese. Secondo la Corte distrettuale, in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l’inefficacia del decreto ingiuntivo reso L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 5, perchè notificato oltre il termine previsto dall’art. 5, comma 2, di quest’ultima, deve essere fatta valere con l’opposizione di cui al successivo art. 5-ter, la quale, instaurando il contraddittorio tra le parti, impone alla Corte di Appello, non solo di esaminare l’eccezione d’inefficacia di quel decreto, ma anche di valutare la fondatezza, o meno, della domanda introdotta con il ricorso monitorio.

La cassazione di questo decreto è stata chiesta dal Ministero della Giustizia con ricorso affidato ad un motivo. R.G., R.F. e R.A. hanno resistito con controricorso proponendo, a loro volta, ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. Il 4 dicembre 2018 questa Corte, ritenendo che la questione prospettata necessitasse altro approfondimento, con ordinanza assunta in Camera di Consiglio, rinviava la causa al Presidente di Sezione perchè provvedesse a rimettere la causa in Pubblica Udienza. In prossimità della Pubblica Udienza il Ministero della Giustizia ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A.- Ricorso principale.

1.- Con l’unico motivo di ricorso il Ministero della Giustizia lamenta la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Secondo il ricorrente, posto che in ragione della norma di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5,la tardività della notifica potrà essere fatta valere solo mediante opposizione, e l’inefficacia del decreto non può essere rilevata di ufficio, l’opposizione stessa potrà far valere solo l’eccezione di rito senza alcun richiamo delle questioni di merito. Insomma, nelle ipotesi in cui mediante opposizione viene fatta valere la tardività della notifica, il giudice dovrà limitarsi alla declaratoria di inefficacia del decreto, in quanto l’improponibilità della domanda prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, conseguente alla tardività della notifica, implica – a differenza di quanto accade in caso di opposizione a decreto ingiuntivo – che non sia consentita una disamina nel merito circa la fondatezza della domanda che è, ormai, insuscettibile anche di esser riproposta.

1.1.- Il motivo è fondato.

Va, qui, premesso che la L. n. 89 del 2001, art. 5, espressamente prevede che “1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta. 2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta (…)”.

La legge, però, non prevede, espressamente, forme e modalità mediante le quali conseguire la declaratoria di inefficacia del decreto. Tuttavia, considerato che non è contemplato alcun rimedio alternativo all’opposizione, L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, e, ad un tempo, considerato che, ai sensi dell’art. 644 c.p.c., l’inefficacia del decreto “ingiuntivo” (cui è assimilabile il decreto di cui alla L. n. 89 del 2001), non è rilevabile d’ufficio, ma può essere dedotta solo dalla parte interessata, appare conseguenziale ritenere che, l’opposizione prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5, sia l’unico rimedio per far dichiarare l’inefficacia del decreto, nell’ipotesi in cui sia stato notificato, oltre il termine dei trenta giorni dal deposito del decreto. Come è stato già detto da questa Corte (Sent. 5656 del 2015) “(…..) il rimedio della tempestiva opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, di cui all’art. 5 ter è da ritenersi applicabile, anche al fine di far dichiarare la inefficacia del decreto, emesso dal Presidente della Corte d’Appello o da un consigliere da lui delegato, nel caso in cui il decreto stesso non venga notificato entro il termine di trenta giorni dal suo deposito ovvero, nel caso in cui il decreto non venga depositato, entro il termine di trenta giorni dal deposito del ricorso, di cui all’art. 3, comma 4, della medesima legge, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’avvenuto deposito dello stesso (….)”.

1.2.- A sua volta, considerato che in caso di notifica tardiva (del decreto e del ricorso), il decreto diviene inefficace e la domanda per l’equo indennizzo, di cui alla legge qui richiamata, non è più proponibile, l’opposizione diretta a far dichiarare l’inefficacia del decreto, per tardiva notifica dello stesso, diversamente, di quanto dispone l’art. 645 c.p.c., non deve necessariamente coinvolgere il merito della questione proprio perchè l’improponibilità della domanda esclude la possibilità di una disamina nel merito circa la fondatezza della stessa che è ormai insuscettibile di essere riproposta.

In tal senso, si è pronunciata, recentemente, questa Corte, quando ha statuito che “Nel procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo regolato dalla L. n. 89 del 2001, la tardiva notifica del decreto emanato ai sensi dell’art. 3, comma 5, comporta l’inefficacia dello stesso e l’improponibilità della domanda indennitaria ex art. 5, comma 2, diversamente da quanto previsto dal sistema di cui all’art. 633 c.p.c. e ss., nell’ambito del quale, mancando un divieto di riproponibilità della domanda, l’eventuale inefficacia del decreto impone, comunque, per ragioni di economia processuale, l’esame nel merito della pretesa” (Cass., Sez. 2, n. 10879 del 07/05/2018).

Sul punto, va enunciato, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, il seguente principio di diritto:

“Nel procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la tardiva notificazione del decreto emanato ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, deve essere fatta valere dal Ministero destinatario della notifica mediante l’opposizione prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter; il conseguente giudizio di opposizione può limitarsi alla verifica della tardività della notifica e concludersi con la declaratoria della inefficacia del decreto, senza che debba essere esaminato anche il merito della pretesa, in quanto – ai sensi dell’art. 5, comma 2 della stessa legge – la tardiva notificazione del decreto comporta non solo l’inefficacia dello stesso (come stabilito dall’art. 644 c.p.c. per l’ordinario procedimento d’ingiunzione), ma anche la definitiva non riproponibilità della domanda indennitaria”.

1.3.- Pertanto, ha errato la Corte distrettuale nel ritenere che “(…) l’opposizione introduce un normale giudizio di cognizione e l’opponente non può limitarsi (come invece ha fatto il Ministero) ad eccepire la tardività della notifica, ma deve, invece, premurarsi di contestare la fondatezza della domanda di equa riparazione, a suo tempo, fatta valere dagli opposti (…)”.

Il motivo va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato sul punto.

B.- Ricorso incidentale.

2.- Con il primo motivo di ricorso incidentale, i sigg. R. lamentano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe trascurato di considerare che i R. avevano notificato il decreto, nel rispetto dei termini di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5, e, cioè, entro i trenta giorni a partire dalla data di conoscenza dell’ultimo provvedimento emesso in sede di procedimento di correzione del decreto che coincideva con il momento in cui il decreto ha assunto la sua formulazione ultima e definitiva.

2.1.- Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, l’acquiescenza al decreto prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 5,comma 3, rende improponibile “l’opposizione” ma, non impedisce affatto l’avvio del procedimento di correzione di errore materiale che, come è noto, non è certo un rimedio impugnatorio, ma di mera natura amministrativa. In verità, il termine previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 comma 2, è un termine perentorio, dunque, non disponibile, nè discrezionale, dovendosi considerare che “il mancato riferimento esplicito alla natura perentoria del termine appare superfluo in ragione della espressa previsione di inefficacia del decreto e di conseguente non proponibilità della domanda che vale ad attribuire in facto il carattere della perentorietà al termine di trenta giorni, proprio in ragione delle gravi conseguenze che scaturiscono dal suo mancato rispetto”. Senza dire che far decorrere il termine per la notificazione del decreto, dalla correzione di errore materiale, oltre a confliggere con il dato testuale della disposizione di cui si dice, l’istanza di correzione di errore potrebbe integrare gli estremi di un escamotages per rientrare automaticamente in termine in caso di tardività della notificazione.

2.2.- Anche a voler estendere per analogia la normativa di cui all’art. 288 c.c., u.c., il risultato non cambierebbe perchè in tema di impugnazione vige la regola, secondo cui la decorrenza del termine è ancorato alla notifica del provvedimento di correzione, solo, allorchè, l’impugnazione riguarda “le parti corrette” (v. art. 288 c.p.c., u.c.), mentre per le parti non corrette non opera la riapertura dei termini di impugnazione (cfr. Cass. n. 22185 del 2014).

3.- Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali lamentano violazione, falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale avrebbe errato nell’applicare la norma di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5, non tenendo conto che tale norma contrasterebbe con la norma di cui agli artt. 6 e 13 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) secondo “(….) cui ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole e ad un ricorso effettivo dinanzi alla magistratura nazionale chiaramente dirette ad assicurare una tutela effettiva dei diritti dei cittadini, la possibilità per questi di adire un giudice nazionale e di avere una sentenza in tempi ragionevoli (….)”, prevalente rispetto alla norma nazionale. Nel caso specifico, perciò, il Giudice nazionale dovrebbe disapplicare l’art. 5 citato proprio perchè questo, laddove, in caso di tardività della notifica, impedisce la riproposizione della domanda si pone in contrasto con il principio di effettività dei diritti.

b) E, comunque, ritengono i ricorrenti la norma di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5, sarebbe non incostituzionale perchè il ricorrente, in ragione dell’art. 5, più volte citato, viene a trovarsi di fronte ad un trattamento processuale più gravoso rispetto a quanto succede normalmente in un procedimento monitorio visto il minor termine per la notificazione, ma pur sempre rispondente ai generali principi processuali.

3.1.- Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

a) Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti la normativa di cui alla legge Pinto, complessivamente considerata e avuto riguardo alle singole statuizioni, garantisce un’effettiva tutela dei diritti dei cittadini, dovendosi considerare che il ricorrente ha la duplice possibilità di rendere effettivo il suo diritto all’equo indennizzo che gli è stato riconosciuto mediante la notifica del decreto unitamente al ricorso, oppure, ove non sia stata accolta la sua domanda o sia stata accolta limitatamente interporre opposizione al fine di ottenere dal Collegio della Corte d’Appello il riconoscimento del suo diritto. E, ciò rimane confermato, anche, dal fatto che il ricorrente, allorquando il decreto sia stato emesso per una somma inferiore a quella domandata nel ricorso, è posto davanti ad un’alternativa processuale, potendo provvedere, comunque, alla notificazione del provvedimento, il che normativamente implica acquiescenza dell’istante alla pronuncia di rigetto parziale della domanda, per la parte non accolta, precludendogli la possibilità di insistere nella sua originaria pretesa, e, in alternativa può, come precisa pure la L. n. 89 del 2011, art. 3, comma 6, (“Se il ricorso è in tutto o in parte respinto la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione a norma dell’art. 5 ter”), proporre opposizione avverso il decreto che abbia parzialmente accolto il ricorso, al fine di ottenere dal collegio della Corte d’Appello il riconoscimento, altresì, dei capi di domanda non accolti, senza dover in tal caso procedere alla notificazione del ricorso e del decreto, che renderebbe improponibile l’opposizione stessa, e dovendo, piuttosto, depositare l’atto di opposizione nel termine di cui all’art. 5 ter, comma 1, cit..

Pertanto, la previsione dell’art. 5 più volte citato, secondo cui ove il decreto non sia notificato nei trenta giorni dal deposito del decreto, il decreto stesso perde efficacia e la domanda di equa riparazione non può più essere più riproposta, integra gli estremi di una scelta legislativa volta a rendere effettivo il diritto all’equo indennizzo che il decreto ha riconosciuto, ma non priva il ricorrente di effettiva tutela a fronte di un decreto che a suo dire, non abbia riconosciuto il proprio diritto nella sua piena estensione.

b) A sua volta, la segnalata differenza di disciplina tra il procedimento in esame ed il tradizionale procedimento monitorio non può ritenersi idonea a giustificare i dubbi di costituzionalità prospettati dalla ricorrente, posto che alla parte che abbia visto in tutto o solo in parte accolta la domanda di indennizzo, oltre ad essere stata apprestata dall’ordinamento una forma di tutela rappresentata dall’opposizione che consente di sottoporre le proprie richieste alla decisione del collegio, è stato assegnato per la notifica un termine di trenta giorni, che non si palesa ingiustificatamente restrittivo.

Piuttosto, la differente soluzione legislativa individuata per la domanda di equo indennizzo rispetto a quella prevista per il procedimento monitorio di cui al codice di rito, appare riconducibile ad una legittima scelta discrezionale del legislatore, il quale ha, a tal fine, approntato delle garanzie procedimentali, che inducono a ritenere il procedimento de quo immune dalle censure di costituzionalità prospettate dai ricorrenti, non potendo reputarsi che, in tal modo, sia stato leso il diritto di difesa delle parte nè che sia stato irrimediabilmente pregiudicato il diritto all’indennizzo per la durata irragionevole del processo.

Questa suprema Corte ha peraltro già statuito che “Nel procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo di cui alla L. n. 89 del 2001, come modificata dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, la tardiva notifica del decreto emanato ai sensi dell’art. 3, comma 4, comporta l’inefficacia dello stesso e l’improponibilità della domanda indennitaria ex art. 5, comma 2; peraltro, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del predetto sistema delineato dalla disciplina novellata, per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost., in quanto il ricorrente ha la possibilità di scegliere tra la proposizione dell’opposizione nel termine di cui all’art. 5 ter, e la sostanziale acquiescenza all’accoglimento parziale, che impone, tuttavia, di notificare ricorso e decreto nel termine di cui all’art. 5, comma 2” (Cass., Sez. 6 – 2, n. 2659 del 01/02/2017). In definitiva va accolto il ricorso principale; rigettato il ricorso incidentale. Il decreto impugnato va cassato in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di Appello dell’Aquila in altra composizione, la quale provvederà alla liquidazione delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa il decreto in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello dell’Aquila, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2019

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