Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21201 del 23/07/2021

Cassazione civile sez. I, 23/07/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 23/07/2021), n.21201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12790-2016 r.g. proposto da:

T.D.V., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce ai ricorso,

dall’avvocato Giuseppe Vincenzo Torrisi, presso il cui studio in

Catania, largo Aquileia n. 9, è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

Sirio s.r.l., Aristea s.p.a., Cogeco s.p.a. e Fallimento di

T.D.V.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, depositata in

data 31.03.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/2/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 18.2.2015 il Tribunale di Catania, su istanza dei creditori Sirio s.r.l., Aristea s.p.a. e Cogeco s.p.a., dichiarò il fallimento della ditta individuale (OMISSIS), rimasto contumace nel procedimento L.Fall., ex art. 15.

Avverso la predetta sentenza il fallito propose reclamo ai sensi della L.Fall., art. 18, deducendo la nullità della notificazione dell’istanza L.Fall., ex art. 6 e del decreto di fissazione d’udienza e la sua non assoggettabilità a fallimento ai sensi della L.Fall., art. 1, comma 2.

2. La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 31.3.2016, ha rigettato il reclamo, rilevando: i) che dopo un primo, vano, tentativo di notifica ai sensi della L.Fall., dell’art. 15, il tribunale aveva autorizzato Sirio s.r.l. a provvedere alla notifica del ricorso per fallimento presso la residenza del T., dove questi era però risultato irreperibile; ii) che dunque la creditrice istante aveva correttamente richiesto la notificazione nelle forme di cui all’art. 143 c.p.c., poi ritualmente eseguita; iii) che, tenuto conto di quanto previsto dalla L.Fall., art. 15, comma 3, l’avvenuta notificazione della istanza di fallimento presso la Casa comunale del luogo di residenza del T., non aveva implicato alcuna lesione del diritto di difesa del reclamante; iv) che l’udienza fissata era stata rinviata per consentire il decorso del termine di 20 giorni previsto dall’art. 143 cit. per il perfezionamento della notifica e tale rinvio non doveva esser comunicato al debitore; v) che l’onere di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti di non fallibilità incombe sul debitore e che, nella specie, la documentazione contabile e fiscale prodotta da T., e i tre prospetti con i quali questi attestava la sua situazione patrimoniale e finanziaria, risultavano insufficienti allo scopo; vi) che, infine, per “mere esigenze di completezza motivazionale”, andava confermata la sussistenza dello stato di insolvenza del reclamante.

2. La sentenza è stata impugnata da T.V.D. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il Fallimento di T.V.D. e le creditrici istanti non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 15, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, il ricorrente lamenta il rigetto dell’eccezione di nullità della notificazione dell’istanza di fallimento. Sostiene che, secondo il disposto normativo di cui all’art. 15 cit., l’ufficiale giudiziario deve effettuare la notificazione “di persona” presso la sede risultante dal registro delle imprese e solo ove ciò risulti sostanzialmente impossibile, per essere la sede inesistente o occupata da diverso imprenditore, può depositare l’atto presso la casa comunale, mentre nella specie tale adempimento sarebbe stato eseguito dopo un unico tentativo di accesso, in cui la sede del suo bar- caffetteria era stata trovata meramente chiusa, sicché il tribunale non avrebbe potuto autorizzare Sirio s.r.l. ad effettuare la notifica presso la sua residenza; osserva, ancora, che comunque anche il secondo iter notificatorio era nullo, sia perché non ricorrevano i presupposti per attivare il procedimento meno garantista di cui all’143 c.p.c., anziché quello disciplinato dall’art. 140, sia perché non vi sarebbe prova delle ricerche effettuate dall’ufficiale giudiziario, sia, infine, perché alla data fissata per l’udienza non erano ancora trascorsi i 20 giorni previsti dalla legge per il perfezionamento della notifica col rito degli irreperibili.

2. Col secondo mezzo T. denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 1, oltre che omesso esame di un fatto decisivo, per aver il giudice d’appello escluso che egli avesse fornito la prova della sua non assoggettabilità a fallimento. Lamenta che la corte del merito, dopo aver correttamente rilevato che l’imprenditore individuale non è tenuto al deposito dei bilanci, non abbia indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che la documentazione da lui prodotta (elenco beni ammortizzabili, registro IVA acquisti, registro fatture, i prospetti della sua situazione contabile annuale e i Mod. Unici 2012 e 2014) non fosse sufficiente a tener luogo dei bilanci ed a ricostruire la sua situazione economico-finanziaria.

3. Con il terzo mezzo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la corte di appello accertato la sussistenza del suo stato di insolvenza, che non era stata contestata col reclamo.

4. Il ricorso va accolto nei limiti di seguito precisati.

4.1. Il primo motivo è infondato.

4.1.1. Come ripetutamente affermato da questa Corte la L.Fall., art. 15, comma 3, (nel testo novellato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 17 conv., con modif. in L. n. 221 del 2012), nel prevedere che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla società può essere eseguita tramite PEC all’indirizzo della stessa e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese, oppure, qualora neppure questa modalità sia andata a buon fine, mediante deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro, ha introdotto una disciplina speciale semplificata del tutto distinta da quella che nel codice di rito regola la notificazione degli atti del processo: va pertanto escluso che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi degli artt. 138 e segg. o 145 c.p.c. (a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva), nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società (fra molte, cfr. Cass. nn. 602/017, 19688/017, 6378/2018; 5311/020).

Nel caso di specie il giudice d’appello ha accertato che la notifica nei personali confronti di T. fu autorizzata dal tribunale “dopo un primo vano tentativo di notifica L.Fall., ex art. 15” e tanto risulta confermato dallo stesso ricorrente, che dà atto che l’ufficiale giudiziario provvide a depositare una prima volta l’atto presso la casa comunale dopo aver trovato chiusa la sede dell’impresa.

Contrariamente a quanto si deduce nel mezzo, la norma speciale in esame non fa distinzione fra le ragioni per le quali la notificazione non può essere compiuta presso la sede, né prevede casi particolari in cui questa debba essere rinnovata dopo un primo infruttuoso tentativo (senza contare che nella specie è lo stesso T., laddove afferma che la sua attività era cessata, a riconoscere implicitamente che il suo esercizio commerciale non fu trovato chiuso dall’ufficiale giudiziario per motivi casuali o contingenti).

Va dunque rilevato l’intervenuto perfezionamento dell’iter notificatorio, ai sensi della L.Fall., art. 15, comma 3, col deposito dell’atto presso la casa comunale e resta assorbito l’esame delle doglianze con le quali si denuncia la nullità della successiva notificazione – superflua e inutilmente autorizzata dal tribunale – eseguita presso la residenza del ricorrente.

4.2 Il secondo motivo è invece fondato.

4.2.1. La giurisprudenza di questa Corte risulta ormai consolidata nel ritenere che la dimostrazione del possesso congiunto dei requisiti di cui alla L.Fall., art. 1 comma 2 non venga a soffrire preclusioni o limitazioni particolari e che se il bilancio di esercizio rimane il “canale privilegiato” per la valutazione di cui all’art. 1 comma 2, ciò è solo nel senso che la sua funzione specifica è proprio quella di rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa a cui fa riferimento, secondo quanto puntualizzato dalla norma dell’art. 2423 c.c., comma 2.

La dichiarazione di fallimento non può essere infatti ritenuta una sanzione derivante dal mancato, o tardivo, deposito dei bilanci, posto che, nel dettare la norma di cui all’art. 1, comma 2 cit., il legislatore ha inteso evitare fallimenti antieconomici: come è stato correttamente evidenziato anche in dottrina, ciò che interessa, dunque, è che venga accertata la consistenza dimensionale dell’impresa, per evitare dispendi di tempo e di spese nella trattazione di procedure scarsamente significative.

La verifica della sussistenza dei requisiti di non fallibilità si manifesta, in altri termini, campo di indagine aperto e disponibile. A contare in proposito non e’, dunque, l’effettiva sussistenza di un dato, particolare documento. A contare e’, piuttosto, la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa medesima, comunque questa sia raggiungibile. Con la conseguente possibilità di avvalersi dell’intero arco documentale costituito dalle scritture contabili provenienti dalla medesima impresa del cui fallimento si discute (ivi compresa pure la c.d. corrispondenza d’impresa di cui all’art. 2220 c.c.), come pure di qualunque altra documentazione, formata da terzi o dalla parte stessa, che possa nel concreto risultate utile (cfr. in tal senso, Cass. nn. 25023/2020, 24138/2019, 33091/018); ciò a prescindere dal rilievo che il giudice del reclamo, a differenza del tribunale, ha anche la possibilità di verificare se i dati documentali allegati dal debitore fallito trovino corrispondenza nelle risultanze del fascicolo del fallimento e della relazione L.Fall., ex art. 33 (ove già depositata) del curatore.

4.2.2 Nel caso di specie, peraltro, come correttamente riconosciuto dalla corte d’appello, il reclamante, quale titolare di un’impresa individuale, non era neppure tenuto al deposito dei bilanci.

Non si comprende, dunque, quale ulteriore documentazione, oltre a quella contabile e fiscale prodotta (non disconosciuta dalle altre parti e comprensiva, come pure accertato in sentenza, di tre prospetti attestanti la situazione patrimoniale dell’impresa al termine di ciascuno dei tre esercizi rilevanti) T. fosse tenuto a depositare in luogo dei bilanci; d’altro canto la corte del merito, limitandosi a rilevare che “la documentazione fiscale versata in atti risulta insufficiente alla ricostruzione dell’attuale situazione economica e finanziaria del reclamante, in specie quanto all’entità dell’attivo patrimoniale nonché dei debiti dell’impresa”, neppure si è preoccupata di chiarire in base a quali dati di fatto ed a quale percorso logico sia pervenuta alla propria conclusione.

Il giudice del reclamo è pertanto incorso nel vizio di motivazione apparente concretamente denunciato (al di là di quanto formalmente indicato in rubrica) con il motivo di censura in esame; vizio, che ricorre ogni qual volta la motivazione, pur graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante motivazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr., fra tante, Cass. S.U. n. 22232/2016; Cass. nn. 8053/014, 13977/2019).

4.3 Il terzo mezzo è inammissibile per difetto di interesse, posto che, come riconosciuto dallo stesso reclamante, il capo della sentenza di primo grado che aveva accertato la sussistenza del suo stato di insolvenza era coperto da giudicato interno e che il giudice del reclamo ha pronunciato sul punto inutilmente (come puntualizzato in sentenza per ritenute – ancorché in realtà insussistenti- “mere esigenze motivazionali”), con statuizione priva di autonoma valenza decisoria.

All’accoglimento del secondo motivo conseguono la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

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