Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21200 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/10/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 02/10/2020), n.21200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30177-2014 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PORRU, rappresentato e

difeso dall’avvocato DANIELE ANDREA PORRU;

– ricorrente –

contro

AGRIS SARDEGNA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 135/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 17/06/2014 R.G.N. 232/2013.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, ha rigettato il gravame proposto da R.G. avverso la sentenza del Tribunale di Sassari che, a propria volta, aveva disatteso la pretesa del ricorrente di ottenere la stabilizzazione presso l’Agenzia Regionale Agris Sardegna (Agris), ente pubblico di promozione e ricerca nei settori agricolo, agroindustriale e forestale, in forza delle previsioni della L.R. n. 2 del 2007 (art. 36) e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519;

la Corte d’Appello, premesso che la stabilizzazione riguardava lavoratori assunti a termine o con contratti flessibili presso enti regionali per almeno 30 mesi, riteneva che correttamente Agris avesse escluso il R., in quanto il medesimo raggiungeva il requisito temporale predetto solo considerando il periodo svolto presso Agris, ma sulla base di un rapporto intercorso con il Consorzio del Pecorino Romano, soggetto privato, peraltro senza che tale assunzione fosse stata preceduta da procedure selettive, come previsto dalla legge di stabilizzazione;

neppure poteva valere l’estensione operata dal bando ai titolari di borse di studio, in quanto ciò riguardava soltanto quelle per attività svolte presso un ente pubblico e comunque si trattava di ampliamento operato in via amministrativa e da ritenere di stretta interpretazione, ragion per cui esso non poteva riguardare il ricorrente, il quale aveva concluso con il Consorzio del Pecorino Romano, soggetto privato, un contratto di lavoro a progetto;

2. il R. ha impugnato per cassazione la sentenza di appello con due motivi, mentre Agris è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia la violazione degli art. 416,115 e 112 c.p.c., art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. per avere la Corte valorizzato il fatto che per il rapporto presso il Consorzio del Pecorino Romano non fosse stata svolta alcuna selezione pubblica, motivo che non era quello posto a base della esclusione decisa in sede amministrativa, anche tenuto conto che la conclusione di quel contratto non prevedeva lo svolgimento di selezioni pubbliche;

il secondo motivo afferma, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519, come interpretato dalla L. n. 244 del 2007, art. 3, comma 91 del L.R. Sardegna n. 2 del 2007, art. 36, in relazione alle conseguenti deliberazioni regionali e di Agris, nonchè dell’art. 112 c.p.c., art. 416 c.p.c. e art. 1362 c.c., per avere la Corte motivato rispetto al caso delle borse di studio, su cui non era stata basata l’esclusione in sede amministrativa, mentre ciò che doveva valorizzarsi era il fatto che Agris si era avvantaggiata del lavoro svolto dal ricorrente, in forza della convenzione esistente con il Consorzio del Pecorino, il che avrebbe imposto di interpretare i provvedimenti regionali di avvio alla stabilizzazione come tali da ricomprendere anche il caso di specie e comunque la normativa statale e regionale andava intesa in tal senso; 2. i motivi sono inammissibili, nella parte in cui essi si caratterizzano per una complessivamente erronea interpretazione della ratio decidendi, finalizzata a modificare il significato di alcuni degli argomenti sviluppati dalla Corte di merito, onde incentrare su di essi critiche in realtà inconferenti;

fa Corte territoriale ha fondato il rigetto della domanda del R. sul riferirsi delle norme di stabilizzazione ai soli soggetti che avessero lavorato per almeno trenta mesi in virtù di contratti di lavoro precario con la P.A. e non per coloro che di fatto hanno operato presso tali enti pubblici, ma in virtù di rapporti con soggetti privati esterni, nel caso di specie con contratto di lavoro a progetto con il Consorzio (privato) del Pecorino Romano;

è ben vero che nella sentenza si è altresì sottolineato (“si impone peraltro una superiore considerazione”, afferma la Corte di merito) che per il rapporto presso il Consorzio non era stata svolta una selezione pubblica, ma ciò nulla aggiunge alla ratio decidendi fondante e sopra evidenziata, sicchè è privo di rilievo il fatto che quel profilo non fosse stato valorizzato in sede amministrativa o che selezione non vi fosse stata, perchè il Consorzio non la richiedesse o non la necessitasse;

analogamente nulla aggiunge alla ratio decidendi principale il fatto che nella sentenza impugnata si faccia riferimento alla possibilità di considerare anche i rapporti di eventuali “borsisti”;

la menzione di tale ipotesi è stata fatta perchè essa era stata contemplata dai provvedimenti amministrativi di avvio della stabilizzazione e la Corte vi si è riferita a soli fini di completezza argomentativa, per escludere che l’estensione così operata potesse essere oggetto di una qualche interpretazione ulteriormente estensiva ad altri casi eterogenei rispetto ai presupposti fondanti della stabilizzazione stessa, senza che si possa in alcun modo ravvisare un’eccedenza rispetto ai limiti dell’oggetto del contendere;

d’altra parte, il secondo motivo è comunque inammissibile nella parte in cui con esso si sostiene che il provvedimento di avvio alla stabilizzazione, prevedendo che “ai soli fini del calcolo del periodo per il raggiungimento dei 30 mesi, sono considerati validi i periodi di borsa di studio fruiti a qualsiasi titolo presso uno degli enti confluiti in Agris”, andrebbe inteso come tale da doversi estendere, in applicazione dei principi ermeneutici “ex art. 1362 c.c.”, a qualunque caso di fruizione da parte di Agris di attività lavorativa svolta presso di essa, anche se posta in essere in forza di rapporti intercorrenti con privati;

è infatti da escludere che la ricostruzione della volontà espressa nel provvedimento amministrativo regionale debba necessariamente essere nel senso propugnato con il ricorso, che semplicemente prospetta un’interpretazione diversa da quella fatta propria dal giudice, il che non integra un efficace e sufficiente motivo di impugnazione per vizio di legittimità (Cass. 7 settembre 2016, n. 17717; Cass. 3 settembre 2010, n. 19044; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4187);

d’altra parte, non può non osservarsi come l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale sia del tutto coerente con l’esigenza di evitare un’estensione in via interpretativa della platea dei destinatari di un beneficio che, secondo quanto si dirà subito di seguito, è per sua natura eccezionale;

3. in proposito e venendo quindi all’ultima parte del motivo, in cui appunto si censura la sentenza impugnata per violazione delle norme di legge statale e regionale poste a base della stabilizzazione, va detto che è infondata la tesi del ricorrente, secondo cui una corretta interpretazione di esse dovrebbe portare “tenendo conto della ratio legis” a prevedere, a tutela della sostanza rispetto alla forma, che il lavoro in concreto prestato presso Agris, in forza di convenzione tra lo stesso ente e il Consorzio (privato) del Pecorino Romano, andasse considerato ai fini della richiesta stabilizzazione;

la L.R. Sardegna n. 2 del 2007, art. 36, prevedeva la “stabilizzazione dei lavoratori precari assunti con contratto di lavoro a termine, o con forme contrattuali flessibili o atipiche, dall’Amministrazione regionale, dagli enti o dalle agenzie regionali”;

non diversamente, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519, cui fa parimenti riferimento il motivo di ricorso, consentiva la stabilizzazione rispetto al personale “in servizio a tempo determinato da almeno tre anni”, sicchè è palese il riguardare anche tale caso, data a richiesta durata del servizio nelle forme precarie, contratti di lavoro con gli enti pubblici di riferimento;

la normativa di stabilizzazione, d’altra parte, costituisce deroga al principio del concorso non solo per quanto riguarda le forme di assunzione di chi sia ad essa interessato (a tal fine il requisito dell’essersi i rapporti instaurati “sulle base di procedure selettive di natura concorsuale” previsto dalla legge, considera in qualche misura tale aspetto), ma anche rispetto all’effetto, parimenti tutelato dalla regola di cui all’art. 97 Cost., di non pregiudicare le aspettative di quanti, proprio tramite il concorso, potrebbero legittimamente aspirare alla occupazione dei posti vacanti (così C. Stato, sez. III, 3 febbraio 2020, n. 872, con affermazioni che sono qui pienamente condivise);

ne deriva che le norme sulla stabilizzazione sono senza alcun dubbio tassative (in tal senso, oltre alla citata pronuncia del C. Stato, v. anche Cass. 13 marzo 2020, n. 7246) e quindi non consentono, ai sensi dell’art. 14 disp. sulla legge in generale, applicazioni oltre i casi e le ipotesi in essere regolate;

la circostanza che l’attività per conto di un terzo privato (il Consorzio del Pecorino Romano) si sia svolta, nell’interesse di tale datore di lavoro, presso l’ente pubblico, non ha dunque alcun rilievo, neppure attraverso la sommatoria con periodi di lavoro precario alle dipendenze della P.A. svolte in esito a selezione concorsuale, al fine della maturazione del periodo temporale utile all’integrazione dei 30 mesi previsti per il sorgere di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato di impiego pubblico, ai sensi e per gli effetti della normativa eccezionale di cui si è detto;

4. il ricorso va dunque complessivamente rigettato;

nulla sulle spese in quanto Agris non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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