Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2120 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2120 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CECCHERINI ALDO

SENTENZA

sul ricorso 28463-2011 proposto da:
BANCO DI NAPOLI S.P.A. (C.F. 04485191219), già SAN
PAOLO BANCO DI NAPOLI S.P.A., in persona del legale
rappresentante

pro

tempore,

elettivamente

Data pubblicazione: 31/01/2014

domiciliato in ROMA, VIA LIBERIANA 17, presso
l’avvocato FERRAGUTO ANTONIO, che lo rappresenta e
2013

difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1822

contro

TECNOSIC SOC. COOP. A R.L. IN LIQUIDAZIONE COATTA

1

AMMINISTRATIVA (c.f. 01413350750), in persona dei
Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA, 2, presso
l’avvocato DE MATTEI NICCOLO’, rappresentata e
difesa dall’avvocato FIOCCO ANDREA, giusta procura

avverso la sentenza n.

controricorrente-

639/2010 della CORTE

D’APPELLO di LECCE, depositata il 21/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 27/11/2013 dal Consigliere
Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per il ricorrente,

l’Avvocato ANTONIO

FERRAGUTO che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato LUIGI
PEDONE, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

in calce al controricorso;

Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

s

1. Con sentenza 21 febbraio 2007, il Tribunale di
Brindisi, per quel che qui ancora rileva, accolse la domanda proposta dai commissari della Tecnosic s.c.a.r.l. in
liquidazione coatta amministrativa, contro il Banco di Napoli. I commissari avevano accertato che, dopo l’emissione
del provvedimento di liquidazione coatta, il Banco di Napoli aveva venduto obbligazioni dello stesso banco, costituite in pegno dalla cooperativa a garanzia di un mutuo in
precedenza concesso, e dal quale aveva preventivamente comunicato il recesso; il banco ne aveva quindi incamerato
il ricavato in compensazione del suo credito. Il tribunale
condannò il banco a restituire il ricavo del pegno, del
quale aveva accertato la natura regolare, a norma
dell’art. 53 della legge fallimentare.
2.

All’esito del successivo giudizio di gravame, la

Corte d’appello di Lecce, con sentenza 21 ottobre 2011,
premesso che la revocatoria del pegno rotativo era prescritta, ha tuttavia confermato la sentenza di primo grado
sul punto dell’illegittimità dell’operazione di vendita
del pegno regolare dopo il decreto di 1.c.a.; e ha respinto la tesi del banco, dell’ultrapetizione per la sostituzione, da parte del tribunale, dell’azione fondata
sull’art. 53 legge fallimentare all’azione revocatoria
proposta dalla parte attrice.
3

.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

3. Per la cassazione della sentenza, non notificata,
ricorre il banco con atto notificato il 25 novembre 2011,
per sette motivi, illustrati anche con memoria.
La società in liquidazione coatta resiste con contro-

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con i primi due motivi di ricorso si denuncia la
violazione dell’art. 112 c.p.c. (il primo motivo è posto
sotto l’erronea rubrica dell’art. 360 n. 3 c.p.c., laddove
trattandosi di motivo di nullità del procedimento per extrapetizione il vizio deve essere riportato alla previsione dell’art. 360 n. 4 c.p.c.; il secondo motivo è posto
sotto la rubrica del vizio di motivazione, inammissibile
in materia di violazioni processuali, nelle quali la corte
è giudice del fatto), per avere il giudice di merito deciso

la

controversia

dichiarando

l’inefficacia

dell’escussione del pegno da parte del creditore pignoratizio, perché posteriore al decreto di liquidazione coatta
della società debitrice, laddove era stata richiesta la
revocazione della realizzazione di un debito scaduto ed
esigibile, mediante mezzi anormali di pagamento, ex art.
67 comma primo legge fall.
4.1. Il motivo è infondato. Per la natura processuale
del mezzo di ricorso la corte è giudice del fatto, e abilitata alla lettura diretta degli atti processuali prodot4

Il cons
dr. Aldo

I. est.
cherini

ricorso notificato il 3 gennaio 2012.

ti nel giudizio di cassazione, sempre che ritualmente richiamati. Nell’atto di citazione introduttivo del giudizio
si legge, dunque, sulla premessa di una descrizione esauriente della vicenda sostanziale (comprendente la vendita
del pegno e l’incameramento del prezzo avvenuti dopo il

torizzazione) che la domanda è proposta “ritenendo gli atti di costituzione in pegno revocabili ai sensi e per gli
effetti degli artt. 66 e 67 primo comma n. 2 legge fall. e
la realizzazione della garanzia nulla e inefficace…”. La
formula riportata contiene due prospettazioni alternative,
la prima delle quali fa riferimento – come sostiene il
banco ricorrente – all’azione revocatoria del pegno ex
art. 67, comma primo n. 2 della legge fallimentare; mentre
la seconda, affermando sulla premessa sopra ricordata che
la “realizzazione della garanzia”, avvenuta dopo il decreto di liquidazione coatta amministrativa, sarebbe “nulla e
inefficace” fa altrettanto chiaramente riferimento alla
previsione dell’art. 44 c.p.c. La corte territoriale, accogliendo questa formulazione alternativa della domanda,
non è pertanto incorsa nella denunciata violazione
dell’art. 112 c.p.c.
5. Con i successivi due motivi si censura la qualifi-

cazione del pegno per cui è causa come pegno regolare. Nel
terzo motivo la censura è per violazione di norme di di:

5

decreto di liquidazione coatta amministrativa e senza au-

ritto, mentre nel quarto motivo è per vizi di motivazione
nella qualificazione del fatto: ma questo motivo è inammissibile, non essendo configurabile un vizio di motivazione – ma soltanto una violazione di legge – in relazione
alla qualificazione giuridica dei fatti accertati.

nuta essenzialmente sulla base della qualificazione del
pegno contenuta negli strumenti negoziali intervenuti tra
le parti.
5.1. A questo riguardo va innanzi tutto ricordato che,

secondo la giurisprudenza di questa corte, nella figura
del pegno irregolare di titoli di credito – caratterizzata
dal conferimento alla banca della facoltà di disporne, con
obbligo di restituire la parte eccedente l’ammontare delle
sue ragioni (di tal che il soddisfacimento della banca non
abbisogna di alienazione o assegnazione dell’oggetto del
pegno, ma si realizza automaticamente e direttamente mediante la conservazione di quella titolarità, con un sistema di compensazione – sostituzione del credito garantito con il credito rappresentato dai titoli, e con il dovere di restituzione dell’eccedenza)- non è riconducibile la
consegna di titoli di credito accompagnata da accordi rivolti a disciplinare i poteri e i compiti della banca al
fine della cessione a terzi dei titoli stessi in caso d’inadempimento del debitore, giacché tali previsioni, indi6
;

Il co
dr. Al

rel. est.
eccherini

La censura di violazione di norme di diritto è soste-

pendentemente dalla circostanza che abbiano un contenuto
riproduttivo degli artt. 2796 e 2797 cod. civ. in tema di
vendita della cosa ricevuta in pegno regolare, o introducano legittime modifiche convenzionali alla disciplina di
legge, sono radicalmente incompatibili con l’indicato pas-

disponibilità), mentre si armonizzano soltanto con i connotati del pegno regolare, nel quale il creditore non si
soddisfa trattenendo il bene già a lui trasferito, ma deve
custodirlo in attesa dell’adempimento, e restituirlo, se
questo si verifichi, potendo altrimenti soltanto richiedere la vendita o l’assegnazione. Alla qualificazione come
regolare di un pegno siffatto non osta neppure il carattere “rotativo” dello stesso (derivante dal fatto che il suo
oggetto sia destinato a mutare quando i titoli inizialmente consegnati, una volta scaduti, siano sostituiti con altri titoli), atteso che i successivi atti negoziali della
banca, occorrenti per tale prosecuzione della garanzia,
non si collegano necessariamente al potere dispositivo
proprio del pegno irregolare, potendo integrare iniziative
da porsi in essere in nome e per conto del costituente,
tanto più che lo stesso meccanismo del pegno rotativo, in
assenza di diversa previsione, non è in sintonia con i
connotati e con la funzione, sostanzialmente satisfattiva,
del pegno irregolare (Cass. 5 marzo 2004 n. 4507).

7

saggio della titolarità (necessariamente indicante piena

Ciò premesso, si osserva che, sebbene rientri nell’autonomia negoziale delle parti determinare l’oggetto del
pegno, la sua durata, ed eventualmente la possibilità di
sostituzione mediante il meccanismo cosiddetto rotativo, è
invece priva di fondamento la tesi che rientrerebbe

sì come concretamente regolato, una qualifica di pegno regolare o irregolare, discendendo tale qualificazione esclusivamente dalle relative norme del codice civile, che
sono norme indisponibili, trattandosi di diritti reali e
di garanzia opponibili ai terzi.
6.

Con il quinto motivo si denuncia un vizio di con-

traddittorietà della motivazione, avendo la corte d’appello escluso il potere del banco di disporre del pegno, onde
trarne la conseguenza della natura regolare del pegno,
laddove nella sentenza di primo grado era stato accertato
che nel contratto di pegno del 1997 il debitore costituente aveva autorizzato – previo preavviso con raccomandata
spedita otto giorni prima – il prelievo dal libretto di
risparmio costituito in garanzia per la soddisfazione delle sue ragioni creditorie. La stessa corte, infatti, aveva
accolto parzialmente l’appello della banca e confermato
nel resto la sentenza.
6.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, pur

dichiarando prescritta l’azione revocatoria, ha confermato
8

Il cons.
dr. Aldo

est.
herini

nell’autonomia negoziale delle parti imporre al pegno, co-

la sentenza di primo grado, nella parte in cui ha accolto
la domanda d’inefficacia per i creditori dell’escussione
del pegno non autorizzata. La motivazione di questa seconda parte della decisione dà conto autonomamente delle ragioni che la giustificano, e non consente di ritenere ri-

particolare, l’esistenza dell’asserita autorizzazione non
figura come indizio di un potere contrattualmente trasferito al banco; al contrario, si afferma esplicitamente che
il pegno era stato costituito senza facoltà per il Banco
di poterne disporre, e l’affermazione è poi in dettaglio
sviluppata (della somma il debitore continuava a disporre
direttamente, e proprio questo rendeva necessaria l’autorizzazione ad hoc:

affermazione non censurata nel ricor-

so).
7. Con il sesto motivo si denuncia una falsa applicazione dell’art. 53 1. fall. perché, essendo l’oggetto del
pegno costituito da obbligazioni della stessa banca garantita, di là dal pegno oggetto di causa il Banco di Napoli
era autorizzato, in virtù dell’esistenza di reciproche posizioni di credito e di debito, a compensare i propri maggiori crediti verso la Tecnosic con suo il debito nei confronti della stessa società; donde la legittimità della
compensazione ex art. 56 1. fall..

9

chiamata la motivazione della sentenza di primo grado. In

7.1.

La questione, non affrontata nell’impugnata sen-

tenza, deve ritenersi proposta per la prima volta in questa sede, senza indicazione del tempo e della sede processuale in cui sarebbe stata sollevata davanti al giudice
d’appello, ed è pertanto nuova e inammissibile.
Con il settimo motivo si denuncia una violazione

dell’art. 100 c.p.c. L’azione degli organi della liquidazione coatta non sarebbe sostenuta dall’interesse postulato dalla norma invocata, perché il credito della banca,
munito di prelazione, era destinato comunque ad essere
soddisfatto con precedenza, sicché l’escussione extra concorsuale non aveva leso le ragioni della massa. Il punto
era rilevabile d’ufficio.
8.1.

Anche tale questione, come del resto si ricava

dallo stesso svolgimento del motivo, è nuova nel giudizio
di cassazione, non essendo stata proposta nel giudizio
d’appello. Diversamente da quanto si assume nel ricorso,
la supposta mancanza d’interesse, essendo riferita al regolamento sostanziale della fattispecie e non
all’interesse processuale richiesto dall’art. 100 c.p.c.
(teoricamente apprezzabile con riguardo allo stesso banco
appellante, ma non anche della curatela appellata, il cui
interesse a resistere era immanente alla sua posizione
processuale di vincitore in primo grado), non poteva essere rilevata d’ufficio in danno della parte appellata in
10

Il con
dr. Aldo

8.

mancanza di specifico motivo di gravame, essendo il potere
del giudice d’appello limitato al quantum devolutum.
9.

In conclusione il ricorso è respinto. Le spese del

giudizio sono a carico della parte soccombente, e sono li-

P. q. m.

La corte rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi e 8.200,00, di cui
8.000,00 per compenso, oltre agli accessori di legge.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione della Corte suprema di cassazione, il giorno
27 novembre 2013.

quidate come in motivazione.

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