Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2120 del 29/01/2021

Cassazione civile sez. II, 29/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 29/01/2021), n.2120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27948-2018 proposto da:

I.V., I.T., I.R., I.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 131, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO FRANCESCHI, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARCELLO GIUSEPPE FEOLA, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 1681/2018 della CORTE

D’APPELLO di SALERNO, depositato il 21/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere ORICCHIO ANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

I signori I.T., I.A., I.R., I.V., in proprio e quali eredi dei defunti genitori L.R. e I.M., hanno impugnato, con ricorso articolato in due motivi, il Decreto n. 1681 del 2018 della Corte di Appello di Salerno.

Il ricorso fondato è resistito dall’intimato Ministero della Giustizia con controricorso.

Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

Il decreto impugnato rigettava l’opposizione la L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, proposta avverso il decreto del magistrato designato che aveva respinto la domanda di equa riparazione formulata dall’odierno ricorrente in relazione alla non ragionevole durata del giudizio instaurato innanzi al Tribunale di Vallo della Lucania nel 2008 e definito con verbale di conciliazione in data 06/10/2016, condannando in solido gli opponenti in favore del Ministero al pagamento delle spese di opposizione liquidati in complessivi Euro 1620,00 oltre Iva e Cpa come per legge e rimborso forfettario del 15%.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. – Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e/o falsa applicazione della L. 24703 del 2011, n. 89, art. 2, commi 2-sexies e 2-septies, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla consolidata giurisprudenza della CEDU in ordine all’art. 6, par. 1, della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2. – Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e/o falsa applicazione della L. 24 marzo 2011, n. 89, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla consolidata giurisprudenza della CEDU in ordine all’art. 6, par 1, della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, e violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

3. – I due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi sotto il profilo della loro continuità e contiguità logico – argomentativa.

Nella sostanza viene lamentata l’erroneità di quanto deciso con l’impugnato decreto che ha respinto la svolta domanda di equa riparazione in dipendenza di due elementi ovvero la ricorrenza della presunzione di insussistenza del pregiudizio L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 sexies, lett. c), e la mancata prova contraria -da parte dei ricorrenti- in ordine alla esistenza del pregiudizio.

Gli assunti sui quali sì fonda la decisione della Corte territoriale, ancorchè non compiutamente attinti dalle prospettate censure, sono entrambi errati in diritto e necessitano della correzione, con cassazione del provvedimento, da parte di questa Corte.

In primo luogo l’intervenuta suddetta conciliazione fra le parti nella causa di divisione ereditaria non costituisce ipotesi sussumibile nell’ambito di quanto previsto dall’art. 2 cit. che si riferisce alla (differenti ipotesi) della rinuncia agli atti del giudizio e della inattività delle parti.

In secondo luogo la insussistenza del pregiudizio da ritardo (ancorata nella decisione gravata sul presupposto di una sostanziale rinuncia e sulla inesistenza di prova contraria) è fondata su una complessiva erronea valutazione.

Infatti, nella fattispecie, l’affermato principio di cui innanzi, per cui la conciliazione non equivale a estinzione, implicava di per sè il non poter giungere alla decisione per cui è ricorso.

E la stessa, non breve, insistenza da parte del ricorso e sulla scia della motivazione del provvedimento gravato in ordine alla natura della effettuata rinuncia (reciproca e no agli atti; v., in particolare pag. 25 ricorso) non coglie la sostanza della questione.

Per di più l’aspetto della prova contraria risulta poggiato sul citato principio, citato in atti e già enunciato da questa Corte (Cass., sez. VI, n. 18239/2013).

Ma, come può ben evincersi dalla lettura e dal corretto senso della massima di tale citata decisione, quel principio è estraneo alla fattispecie in esame.

Esso, invero, si riferisce alla (differente) fattispecie in cui una parte non abbia tratto pregiudizio diretto ed immediato dal ritardo nella definizione del processo presupposto di espropriazione della casa di abitazione in conseguenza di inadempimento di mutuo ipotecario.

E lo stesso potrebbe, ugualmente ed a titolo esemplificativo, dirsi nella analoga ipotesi in cui dal ritardo di una procedura sia derivato per una parte addirittura un vantaggio come nella fattispecie dell’esecutato per sfratto che dalla prosecuzione irragionevole del relativo processo esecutivo trae comunque il beneficio della permanenza dell’immobile che andava rilasciato.

Tutto ciò, beninteso, salva sempre la possibilità di comprovare una minore risarcibilità non di “tutti danni pretesi, ma solo di quelli per i quali si dimostra il nesso causale tra ritardo e pregiudizio”.

Nella fattispecie per cui è ricorso si verteva, quindi, al di fuori dell’ambito di applicazione del principio invocato col provvedimento gravato e di fattispecie riconducibili allo stesso.

I due motivi sono, quindi, fondati e vanno accolti.

4. – Consegue la cassazione dell’impugnato decreto con rinvio al Giudice in dispositivo indicato, che provvederà al riesame della fattispecie conformandosi ai principi innanzi affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnato decreto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2021

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