Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21199 del 23/07/2021

Cassazione civile sez. I, 23/07/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 23/07/2021), n.21199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9322/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.N.C., in persona del legale rappresentante p.t.

C.M.F., rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Luigi Sau, con

domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., in persona del legale

rappresentante p.t. P.F., rappresentata e difesa

dall’Avv. Tiziana Frongia, con domicilio in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– controricorrente –

e

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.N.C.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, Sezione

distaccata di Sassari, n. 70/17, depositata il 23 febbraio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 febbraio

2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 23 febbraio 2017, la Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ha rigettato il reclamo proposto dalla (OMISSIS) S.n.c. avverso la sentenza emessa il 6 ottobre 2016, con cui il Tribunale di Tempo Pausania aveva dichiarato il fallimento della società reclamante e dei soci illimitatamente responsabili C.M.F. e Pi.Gi., su istanza dell’Equitalia Centro S.p.a.

A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ha escluso la nullità della notificazione del ricorso e del decreto di convocazione, eseguita mediante deposito nella casa comunale, ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 15, comma 3, rilevando che il tentativo di notifica effettuato presso la sede della società non aveva avuto successo, a causa dell’irreperibilità dell’impresa presso l’indirizzo risultante alla Camera di Commercio. Ha ritenuto irrilevante, in quanto fondata su circostanze di mero fatto, l’affermazione della reclamante, secondo cui la sede sociale era indicata da una targa apposta sulla porta di un locale collocato nei pressi di un’altra azienda gestita dai medesimi soci e lasciato dal C. nella disponibilità della società, osservando che l’ufficiale giudiziario non era tenuto a cercare segni distintivi posti in luoghi diversi, anche se nelle vicinanze, non essendo obbligato ad effettuare ricerche ulteriori, rispetto all’indirizzo dichiarato. Ha dichiarato pertanto inammissibile la prova testimoniale volta a dimostrare la predetta circostanza, ed irrilevante la verifica della falsità dell’attestazione d’irreperibilità contenuta nella relata di notifica.

3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. Ha resistito con controricorso l’Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a. Il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, sostenendo che, nella parte riguardante la nullità della notificazione, la motivazione risulta omessa, apparente o perplessa, avendo la Corte territoriale omesso di confutare le argomentazioni svolte da essa reclamante e di valutare le prove addotte a sostegno dell’errore commesso dall’ufficiale giudiziario, il quale si era recato in un luogo diverso da quello in cui si trovava la sede della società. Premesso che le esigenze di celerità avute di mira dalla L.Fall., art. 15, comma 3, non giustificano l’omissione della notifica di persona presso la sede dell’impresa, ove la stessa risulti oggettivamente possibile, osserva che la sentenza impugnata non ha spiegato le ragioni per cui ha ritenuto irrilevante la presenza della targa apposta sulla porta d’ingresso della sede, mentre ha posto in risalto l’affidamento del locale alla società e l’attiguità dello stesso all’azienda gestita dagli stessi soci. Aggiunge di non aver mai affermato che l’ufficiale giudiziario dovesse effettuare ricerche ulteriori, ma di essersi limitata a sostenere che egli doveva effettuare le ricerche necessarie per individuare il luogo in cui doveva essere eseguita la consegna dell’atto.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente insiste sulla nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, evidenziando l’omissione, l’apparenza e/o la perplessità della motivazione, nella parte riguardante l’irrilevanza della prova testimoniale volta a dimostrare la collocazione della sede sociale e dell’accertamento della falsità della attestazione d’irreperibilità.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., sostenendo che, nel ritenere irrilevanti la prova testimoniale e l’accertamento della falsità dell’attestazione, la Corte territoriale non ha considerato che la prima mirava a dimostrare l’errore commesso dall’ufficiale giudiziario nell’individuazione del luogo in cui doveva essere effettuata la consegna dell’atto, mentre la seconda era volta a provare che l’ufficiale giudiziario non si era mai recato in quel luogo.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta ancora la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, affermando che, in quanto equipollente a quella prevista dall’art. 143 c.p.c., la notifica mediante deposito, ai sensi della L.Fall., art. 15, comma 3, è soggetta ai medesimi principi, i quali esigono la preventiva effettuazione di ricerche da parte dell’ufficiale giudiziario in ordine al luogo in cui l’atto dev’essere consegnato. Premesso che la relata di notifica non recava alcun cenno alle predette ricerche, sostiene che l’art. 15 cit. non consente di omettere l’indicazione delle attività d’indagine compiute dall’ufficiale giudiziario, risultando altrimenti pregiudicato l’esercizio del diritto di difesa da parte del destinatario.

3. I predetti motivi, da trattarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto profili diversi della medesima questione, sono infondati.

E’ opportuno premettere che l’errata affermazione della validità della notificazione dell’istanza di fallimento, nonostante l’effettuazione della stessa in un luogo diverso dalla sede legale della società risultante dal registro delle imprese, si traduce in una violazione della legge processuale (error in procedendo), fonte di nullità del procedimento e della sentenza, nel cui accertamento questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, procedendo alla verifica del vizio lamentato attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dalla motivazione adottata dal Giudice di merito, la cui insufficienza o illogicità non può essere pertanto dedotta come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. II, 13/08/2018, n. 20716; Cass., Sez. I, 10/11/2015, n. 22952; Cass., Sez. III, 31/07/2012, n. 13683). L’errata valutazione del materiale istruttorio non è a sua volta deducibile ai sensi dell’art. 115 c.p.c. o dell’art. 2697 c.c., la cui violazione è configurabile, rispettivamente, soltanto quando si alleghi che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali o fatti erroneamente qualificati come notori (cfr. Cass., Sez. I, 17/01/2019, n. 1229; Cass., Sez. III, 23/10/2018, n. 26769; Cass., Sez. lav., 27/12/2016, n. 27000), oppure abbia fatto gravare l’onere della prova su una parte diversa da quella a carico della quale avrebbe dovuto essere posto secondo le regole di scomposizione della fattispecie fondate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (cfr. Cass., Sez. VI, 31/08/2020, n. 18092; Cass., Sez. lav., 19/08/2020, n. 17313; Cass., Sez. III, 29/05/2018, n. 13395).

Ciò posto, e ritenuto che, nonostante il riferimento alle predette disposizioni, non avente carattere vincolante, le censure proposte dalla ricorrente riflettano più propriamente la violazione della L.Fall., art. 15, comma 3, nella parte in cui prevede che, nel caso in cui non possa essere effettuata all’indirizzo di posta elettronica certificata, la notifica dell’istanza di fallimento debba essere eseguita esclusivamente di persona presso la sede risultante dal registro delle imprese e, in caso d’impossibilità, mediante il deposito dello atto nella casa comunale, si osserva che, ai fini della validità della notificazione effettuata con quest’ultima modalità, la sentenza impugnata ha ritenuto sufficiente l’esito negativo del tentativo di consegna dell’atto compiuto presso la sede legale della (OMISSIS), all’indirizzo risultante dal registro delle imprese, escludendo che l’ufficiale giudiziario fosse tenuto a svolgere ulteriori ricerche, ed in particolare ad individuare il locale, situato nelle vicinanze, contraddistinto dalla targa della società debitrice. Sostiene invece la ricorrente che, poiché la predetta targa era apposta proprio alla porta d’ingresso del locale in cui era situata la sua sede legale, il mancato rinvenimento della stessa dimostrerebbe che in realtà l’ufficiale giudiziario non si è mai recato a quell’indirizzo, avendolo scambiato per errore con un altro luogo, anche a causa della mancata indicazione del numero civico. A sostegno di tale assunto, evidenzia di aver allegato, nel giudizio di merito, la notorietà del luogo in cui si trova la propria sede legale, e di aver prodotto dichiarazioni rese da terzi e documenti da essa ritenuti idonei a comprovare l’errore commesso dall’ufficiale giudiziario, nonché di aver sollecitato, per l’ipotesi in cui fosse stato escluso tale errore, l’accertamento della falsità dell’attestazione d’irreperibilità.

Senonché, non può condividersi l’affermazione secondo cui, ai fini della dimostrazione dell’errore in cui sarebbe incorso l’ufficiale giudiziario, non era necessaria la proposizione della querela di falso, richiesta, secondo la difesa della ricorrente, esclusivamente nel caso in cui s’intenda contestare la corrispondenza al vero delle operazioni compiute dall’agente notificatore, e non anche quando, come nella specie, la parte neghi la veridicità del risultato della attività informativa svolta da quest’ultimo. E’ pur vero, infatti, che, come affermato ripetutamente da questa Corte in tema di notificazione, la relata di notifica fa fede fino a querela di falso soltanto delle operazioni che l’ufficiale giudiziario abbia attestato di aver compiuto e dell’avvenuta acquisizione delle informazioni che egli abbia riferito di aver assunto, trattandosi di circostanze che costituiscono il frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale, mentre il contenuto intrinseco delle predette informazioni non è assistito da fede pubblica privilegiata, trattandosi di notizie apprese da terzi, la cui difformità dal vero può essere dimostrata con ogni mezzo di prova (cfr. Cass., Sez. lav., 9/07/2020, n. 14454; Cass., Sez. II, 27/10/2008, n. 25860; Cass., Sez. III, 11/04/2000, n. 4590). Nella specie, tuttavia, ciò che la ricorrente contesta non sono le informazioni eventualmente acquisite dall’ufficiale giudiziario presso il luogo nel quale si è recato, ma la coincidenza di tale luogo con quello presso il quale avrebbe dovuto essere effettuata la notificazione, la cui individuazione, costituendo oggetto di un’operazione compiuta direttamente dall’agente notificatore, sulla base delle indicazioni contenute nella richiesta formulata dalla parte istante, deve ritenersi anch’essa coperta da fede pubblica privilegiata, e non poteva quindi essere contrastata mediante la semplice produzione di documenti o la deduzione di prova testimoniale, occorrendo invece la proposizione della querela di falso.

Nessun rilievo possono assumere, in contrario, i precedenti di questa Corte che, in riferimento alla notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., hanno escluso la necessità della querela di falso ai fini della contestazione della relata di notifica, nella parte concernente l’attestazione della corrispondenza tra il luogo in cui è stata tentata la consegna dell’atto e quello di residenza, domicilio o dimora del destinatario (cfr. Cass., Sez. I, 8/08/ 2013, n. 19021; 15/07/1993, n. 7866; Cass., Sez. III, 20/04/1989, n. 1854). Nel caso previsto dall’art. 140, il deposito dell’atto presso la casa comunale presuppone infatti l’impossibilità di eseguire la consegna per irreperibilità del destinatario nei luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c., da intendersi come luoghi di effettiva residenza, domicilio o dimora, per la cui individuazione l’ufficiale giudiziario dispone esclusivamente delle indicazioni fornite dalla parte che ha richiesto la notifica o delle informazioni acquisite sul luogo, nonché delle risultanze anagrafiche, le quali costituiscono peraltro semplici elementi indiziari, superabili con ogni mezzo di prova (cfr. Cass., Sez. III, 13/02/2019, n. 4274; 3/08/2017, n. 19387; Cass., Sez. lav., 22/12/2009, n. 26985). In quanto non assistite da fede pubblica privilegiata, le predette indicazioni, informazioni e risultanze possono essere contestate senza ricorrere alla querela di falso, necessaria soltanto nel caso in cui la parte sostenga che l’ufficiale giudiziario si è recato, in realtà, in un luogo diverso da quello indicato nella relata di notifica, e non anche quando affermi che quest’ultimo luogo non coincide con la sua residenza effettiva, il suo domicilio o la sua dimora. Nel caso di cui alla L.Fall., art. 15, comma 3, la consegna dell’atto dev’essere invece tentata, prima di poter provvedere al deposito presso la casa comunale, necessariamente presso la sede risultante dal registro delle imprese, non assumendo alcuna rilevanza l’eventuale esistenza di una sede effettiva diversa, sicché, ove la notifica sia stata effettuata all’indirizzo indicato nel predetto registro, resta esclusa in radice la possibilità di dimostrare che essa avrebbe dovuto essere effettuata in un altro luogo. Per analoghe ragioni, non possono trovare applicazione, nella materia in esame, i principi enunciati in riferimento alla disciplina dettata dall’art. 145 c.p.c. in tema di notificazione alle persone giuridiche, e segnatamente quello secondo cui, ove la sede legale sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede anche quest’ultima, con la conseguente validità della notifica eseguita presso la stessa, anziché presso la sede legale, gravando tuttavia sul notificante, in caso di contestazione, l’onere di provare che trattasi del luogo di concreto svolgimento delle attività amministrative e di direzione dell’ente (cfr. Cass., Sez. VI, 19/09/2017, n. 21699; 18/01/2017, n. 1248).

In realtà, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, lfa L.Fall., art. 15, comma 3, detta una disciplina speciale semplificata che, coniugando la tutela del diritto di difesa del debitore con le esigenze di celerità e speditezza intrinseche al procedimento concorsuale, esclude l’applicabilità di quella ordinaria prevista dall’art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario (cfr. Cass., Sez. VI, 27/02/2020, n. 5311; 7/08/ 2017, n. 19688). In applicazione di tale disciplina, la notificazione dell’istanza di fallimento, qualora non possa essere eseguita tramite posta elettronica certificata, dev’essere effettuata esclusivamente presso la sede legale risultante dal registro delle imprese, con la conseguenza che, ove l’ufficiale giudiziario abbia attestato di aver tentato la consegna dell’atto nel luogo ivi indicato e di non avervi trovato il destinatario, l’unico mezzo per far accertare che l’ufficiale giudiziario si è recato in un luogo diverso è costituita dalla querela di falso.

Nella specie, non risulta che tale strumento sia stato effettivamente utilizzato, avendo la difesa della ricorrente riferito, nella narrativa del ricorso, di essersi limitata a chiedere, all’udienza in cui la Corte d’appello si è riservata la decisione, un termine per il deposito dell’atto introduttivo del procedimento di cui all’art. 221 c.p.c., senza neppure precisare se tale procedimento fosse stato già instaurato e se a tal fine le fosse stata conferita la procura speciale prescritta dalla predetta disposizione: in mancanza della querela di falso, nessun rilievo può assumere, come si è detto, la produzione in giudizio delle citate dichiarazioni di terzi e degli altri documenti depositati nel corso del giudizio di merito, la cui eventuale idoneità a dimostrare l’errata individuazione in concreto del luogo in cui avrebbe dovuto essere effettuata la notifica non risulterebbe di per sé sufficiente a scalfire la fede privilegiata di cui gode l’attestazione dell’ufficiale giudiziario.

5. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

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