Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21196 del 08/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 08/08/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 08/08/2019), n.21196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piegiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29094-2016 proposto da:

C.C., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato CARLO

COMANDE’, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DOMENICO PITRUZZELLA;

– ricorrenti –

contro

– PRESIDENZA DEL CONSIGLIO MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in

persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO

DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (M.I.U.R.) C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresentano e difendono ope legis;

– UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA, in persona del

Rettore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GIUFFRE’ che la

rappresenta e difende;

– REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA GRAZIOLI 5,

presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA RUSSO VALENTINI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 405/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/06/2016 R.G.N. 927/2014.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza del 28 giugno 2016, la Corte d’appello di Bologna rigettava l’appello proposto da C.C. e altri 35 laureati in medicina e chirurgia avverso la sentenza di primo grado che, preliminarmente ritenuta la propria competenza funzionale (invece declinata per la subordinata domanda risarcitoria da inadempimento del legislatore italiano all’obbligo di attuazione delle direttive comunitarie, cui passivamente legittimata la sola Presidenza del Consiglio dei Ministri, in favore del Tribunale di Roma, territorialmente competente), rigettava, dopo aver preliminarmente disatteso l’eccezione di prescrizione, le domande di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato di formazione e lavoro e di condanna al pagamento di una remunerazione diversa (e superiore), rispetto a quella percepita in base al d.lg. 257/1991, nei confronti dell’Università di Modena e Reggio Emilia (presso la quale avevano frequentato il corso di specializzazione), della Regione Emilia e dei Ministeri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Lavoro e delle Politiche Sociali, della Salute nonchè dell’Economia e delle Finanze, tutti ritenuti passivamente legittimati; riteneva assorbito l’appello incidentale della Regione;

2. tutti i medici appellanti (con la sola eccezione di R.C.) ricorrevano per cassazione avverso la sentenza predetta con due motivi, cui resistevano con distinti controricorsi la Presidenza del Consiglio dei Ministri congiuntamente con i Ministeri suindicati, la Regione e l’Università;

3. l’Università comunicava memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’allegato alla Direttiva 93/16, anche sotto il profilo motivo, per erronea esclusione della natura di prestazione di lavoro subordinato dell’attività prestata dagli specializzandi in favore dell’Università, in osservanza di disposizioni e disciplina impartite secondo il programma della scuola, con impegno di presenza e attività pari a quello previsto dal personale medico del S.S.N. a tempo pieno ed assicurazione della continuità del servizio, a norma del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 17 di recepimento della Direttiva 2000/34/CEE del 22 giugno 2000, modificativa della Direttiva 93/104/CEE (primo motivo); omessa disapplicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46,D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8 con violazione e falsa applicazione dell’art. 249, comma 3 Trattato CEE e di norme di diritto sulla diretta efficacia dell’allegato 1 della Direttiva 93/16/CEE, anche sotto il profilo motivo, per inadeguatezza della remunerazione percepita dai medici specializzandi nella prestazione di un’attività, solo formalmente rientrante nella nozione di borsa di studio (in assenza dei requisiti di merito e di condizioni economiche del fruitore), in realtà avente natura di corrispettivo di una prestazione lavorativa, per giunta non più annualmente incrementata in relazione alla variazione del costo della vita, a norma del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 2 per effetto del blocco istituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5 così limitando lo Stato italiano la piena efficacia del principio di adeguata remunerazione delle Direttive comunitarie tramite il D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300 di differimento delle disposizioni del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 dall’anno accademico 2006/07, pertanto da disapplicare (secondo motivo);

2. il primo motivo è infondato;

2.1. deve essere ribadito il principio consolidato, meritevole di continuità, secondo cui l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, nè del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono quindi il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi e al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante (Cass. 22 settembre 2009, n. 20403; Cass. 27 luglio 2017, n. 18670; Cass. 23 febbraio 2018, n. 4449);

3. anche il secondo motivo è infondato;

3.1. la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39 si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti; tale diversità di trattamento non è irragionevole, in quanto il legislatore è libero di differire gli effetti di una riforma ed il fluire del tempo costituisce di per sè idoneo elemento di diversificazione della disciplina, nè sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università italiane e quelli iscritti in scuole di altri paesi Europei, atteso che le situazioni giuridiche non sono comparabili, non avendo la Direttiva 93/16/CEE previsto o imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico, o disparità di trattamento con i medici neoassunti che lavorano nell’ambito del SSN, non comparabili in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4449; Cass. 14 marzo 2018, n. 6355; Cass. 26 febbraio 2019, n. 5501);

3.2. inoltre, in tema di trattamento economico dei medici specializzandi, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 29345/2008), successivamente confermate dalle Sezioni semplici (sentenze nn. Cass. n. 20403/2009, 11565/2011, 12624/2015, 18710/2016), hanno statuito che l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991 (e rideterminato per l’anno 1992) non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dal D.L. n. 384 del 1992, art. 7 (conv. in L. n. 348 del 1992), dalla L. n. 537 del 1993, art. 3 dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, dalla L. n. 662 del 1996, art. 1 e dalla L. n. 488 del 1999, art. 22 nonchè dalla L. n. 289 del 2002, in quanto il blocco degli incrementi della suddetta borsa dovuti al tasso di inflazione si iscrive in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato, come anche riconosciuto dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 432/1997), che ha deciso la questione di costituzionalità della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33 (Cass. 27 luglio 2017, n. 18670);

4. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con regolazione delle spese di giudizio, secondo il regime di soccombenza;

5. ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i medici alla rifusione, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida per ciascuna Euro 3.500,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge in favore dell’Università e della Regione; oltre spese prenotate a debito in favore delle Amministrazioni Statali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2019

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