Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21196 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 02/10/2020), n.21196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1047-2015 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI (OMISSIS) CENTRO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato MARIA

CASAGRANDE PERROTTA, rappresentata e difesa dall’avvocato GRAZIELLA

AUSIELLO;

– ricorrente –

contro

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIUSEPPE MANGILI

N. 29, presso lo studio dell’Avvocato FERRUCCIO DE LORENZO,

rappresentato e difeso dall’Avvocato PATRIZIA KIVEL MAZUY;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3406/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/06/2014 R.G.N. 9664/2012.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 25 giugno 2014 n. 3406, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede nella parte in cui aveva respinto la domanda proposta da L.E. – medico di medicina generale convenzionato con ASL NAPOLI (OMISSIS) CENTRO (in prosieguo: ASL)- per la dichiarazione di irripetibilità degli importi erroneamente erogati dalla ASL a titolo di assegno ad personam non riassorbibile (di cui all’art. 59, comma 2, lett. A dell’Accordo Collettivo Nazionale dell’anno 2005); in riforma della sentenza impugnata, dichiarava non dovuta dal L. la restituzione delle ritenute fiscali e previdenziali operate dalla ASL all’atto della liquidazione dei compensi.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso la ASL, articolato in quattro motivi di censura, cui ha resistito L.E. con controricorso.

3. Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la ASL ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione della L. n. 833 del 1978, artt. 47 e 48 dell’art. 2094 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 degli artt. 2033 c.c. e segg., per avere la Corte territoriale erroneamente assimilato il rapporto di opera professionale in regime di parasubordinazione dei medici in convenzione al rapporto di lavoro subordinato. Ha altresì richiamato le risoluzioni della Agenzia delle Entrate (in particolare, risoluzione n. 71/E del 29 febbraio 2008) a tenore delle quali le somme percepite indebitamente anche dal lavoratore dipendente andrebbero restituite al lordo – e non al netto – delle ritenute di imposta.

2. Con la seconda critica la ASL ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, artt. 47 e 48 dell’art. 2094 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 2033 c.c. e segg. e dell’art. 2041 c.c., D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 23 e 25, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38. Ha premesso di operare come sostituto di imposta a tenore del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25 mentre le ritenute da lavoro dipendente, pubblico o privato, erano disciplinate dall’art. 23 medesimo D.P.R. ed ha assunto che l’onere di chiedere all’erario il rimborso delle imposte versate indebitamente cadrebbe a carico del lavoratore sostituito e non del sostituto, che ha una mera facoltà di procedere alla stessa richiesta.

3.Con il terzo mezzo si impugna la sentenza d’appello – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – per violazione e falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, artt. 47 e 48 dell’art. 2094 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 2033 c.c. e segg. e dell’art. 2041 c.c., della L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 19.

4. Si sostiene la diversità del rapporto previdenziale relativo al medico operante in regime di convenzione, disciplinato dalla L. n. 833 del 1978, art. 48, u.c. rispetto a quello concernente il medico dipendente. In particolare si evidenzia che la ASL non sarebbe parte del rapporto previdenziale, essendo tenuta a versare i contributi soltanto in forza delle convenzioni di cui alla L. n. 833 del 1973, art. 48 alla pari di ogni committente nel rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. L’unico soggetto legittimato a presentare la istanza di restituzione di quanto versato indebitamente sarebbe, pertanto, il medico convenzionato.

5. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la connessione che li lega, sono infondati.

6. Nella giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidato il principio secondo cui in caso di retribuzioni erogate indebitamente al lavoratore dipendente il datore di lavoro ha diritto a ripetere soltanto quanto quest’ultimo abbia effettivamente percepito e non già importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente. La fattispecie ricade nel raggio di applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e di duplicazione ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo (ex plurimis Cass. Sez. VI, ord. n. 14145 del 2019; Cass. nr 19735/2018; Cass. n. 23093/2014; Cass. n. 1464/2012).

7.Quanto alle ritenute previdenziali, si è osservato che, ai sensi della L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 19 unico debitore dei contributi verso l’ente previdenziale, anche per la quota a carico del lavoratore è il datore di lavoro, che è pertanto parimenti l’unico legittimato a chiedere la ripetizione di quanto versato indebitamente (Cass. 29/01/2018, n. 2135; Cass. 11/01/2006 n. 239).

8. Gli indicati principi sono stati ribaditi da Cass. 06/08/2019 n. 20994 e Cass. 07/08/2019 n. 21164, pronunce rese su ricorsi proposti dalla medesima ASL qui ricorrente e sovrapponibili nelle censure a quello in trattazione; in quella sede è stata tuttavia dichiarata la inammissibilità del motivo di impugnazione con il quale, al fine di assumere la diversità della disciplina di ripetizione, si faceva leva sulla natura autonoma del rapporto di lavoro del medico in regime di convenzione.

9. Nella odierna vicenda, nella quale la qualificazione del rapporto di lavoro come rapporto di collaborazione coordinata e continuativa risulta dalla sentenza impugnata, deve chiarirsi che i principi già enunciati in riferimento al lavoro dipendente trovano parimenti applicazione, contrariamente a quanto assunto dalla ASL, al rapporto di lavoro parasubordinato dei medici operanti in regime di convenzione.

10. Ed invero, sul piano delle ritenute fiscali, si osserva che la ASL assume la veste di sostituto di imposta, per quanto dispone il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25 allo stesso modo del datore di lavoro, tenuto ad effettuare la ritenuta in forza del precedente art. 23.

11. In entrambe le ipotesi la ritenuta si collega al fenomeno della sostituzione (o ritenuta alla fonte) di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64; il rimborso è pertanto disciplinato tanto nel caso di lavoro dipendente che nel caso qui in considerazione dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Il richiamato art. 38 prevede, al comma 1, la presentazione della istanza di rimborso in primo luogo da parte del soggetto che ha effettuato il versamento diretto e, dunque, in primo luogo da parte del sostituto di imposta sicchè sotto il profilo della ripetibilità delle ritenute fiscali da parte della ASL il rapporto dei medici dipendenti e quello dei medici in convenzione sono del tutto sovrapponibili.

12. Quanto alle ritenute previdenziali, occorre considerare la struttura del rapporto previdenziale dei medici in convenzione, come disciplinata dai regolamenti dell’ENPAM e dagli accordi collettivi nazionali di lavoro stipulati ai sensi della L. n. 833 del 1978, art. 48 (per una ricostruzione della disciplina regolatrice dell’ENPAM si veda Cass. 26 gennaio 2017 n. 2005).

13. In base a tali fonti tra committente, medico convenzionato ed ENPAM si costituisce un rapporto trilatero del tutto assimilabile a quello intercorrente, nel rapporto di lavoro dipendente, tra datore di lavoro, lavoratore ed INPS.

14. Ed invero, il sistema previdenziale dell’ENPAM prevede accanto ad un fondo di previdenza generale – (al quale sono iscritti i medici ed odontoiatri come conseguenza necessaria ed automatica della loro iscrizione all’albo professionale) – tre Fondi speciali ai quali sono iscritti i medici e gli odontoiatri che operano in rapporto di convenzione e/o accreditamento con gli istituti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): Fondo di previdenza dei medici di medicina generale, pediatri di libera scelta ed addetti alla guardia medica, cd. Fondo generici; Fondo di previdenza degli specialisti ambulatoriali, cd. Fondo ambulatoriali; Fondo per i medici specialisti esterni, cd. Fondo specialisti.

15.In base agli Accordi Collettivi Nazionali di cui alla L. n. 833 del 1978, art. 48 ai fondi speciali sono versati contributi proporzionali ai compensi percepiti dai sanitari, che cadono per una quota a carico degli Istituti del SSN e per una quota a carico del sanitario.

16. Il versamento all’ENPAM del contributo è effettuato per intero da parte degli Istituti del SSN, che poi trattengono la quota del contributo a carico del medico sui compensi corrisposti per l’attività convenzionata. All’accredito della contribuzione a nome del singolo medico consegue l’iscrizione automatica di quest’ultimo ai Fondi Speciali ENPAM, senza necessità di altre formalità da parte dell’interessato.

17. In sostanza, la tesi della ASL, secondo la quale soltanto il medico avrebbe rapporti con l’ENPAM e sarebbe legittimato a chiedere la restituzione dei contributi versati indebitamente, è destituita di fondamento; anche sotto questo profilo è dunque estensibile al rapporto dei medici in convenzione con il SSN il principio già enunciato in riferimento al rapporto di lavoro dipendente.

18. Con la quarta critica la ASL ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativo alle modalità di recupero descritte nel resistere in appello. Ha esposto di avere proceduto al recupero dell’indebito operando le ritenute sui compensi maturati al lordo della imposizione fiscale e degli obblighi contributivi, come risultava dagli statini paga prodotti. Tale modalità di computo aveva abbattuto l’imponibile fiscale e previdenziale e dunque generato un risparmio di imposte e contributi di importo pari a quello posto in recupero.

19. Il motivo è inammissibile. Esso è dedotto in termini non conformi alla declinazione del vizio di motivazione risultante dal vigente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, a tenore del quale, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente è tenuto ad indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. Nella fattispecie di causa la ASL non ha trascritto i passaggi della memoria di resistenza in appello nei quali venivano esposte le deduzioni fatte valere in questa sede circa le modalità di recupero (e gli effetti di risparmio sotto il profilo fiscale e previdenziale) nè ha riprodotto i dati di riscontro (buste paga).La Corte non è dunque in grado di verificare se il fatto pretesamente non esaminato era stato oggetto di discussione tra le parti nè di valutarne l’eventuale decisività.

20. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

21. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

22. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione al difensore.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

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