Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21195 del 20/10/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21195 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA
sul ricorso 24616-2013 proposto da:
CACCIO’ ANGELA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TRONTO 32, presso lo studio dell’avvocato GIULIO NIUNDULA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FULVIO
ARICOI giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
SCHILLACI FRANCESCO, ITALIANA ASSICURAZIONI SPA;
– intimati avverso la sentenza n. 2932/2012 della CORTE D’APPELLO di
MILANO dell’11/07/2012, depositata il 06/09/2012;

Data pubblicazione: 20/10/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato Mandula Giulio difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti e chiede raccoglimento del ricorso.

1. Angela Cacciò agì per responsabilità professionale nei confronti
dell’Avv. Schillaci (che chiamò in giudizio la propria assicurazione) e
chiese la restituzione dell’anticipo versato e il risarcimento del danno
pari all’importo che avrebbe potuto esserle riconosciuto, se l’avvocato
avesse proposto ricorso per cassazione nei confronti della sentenza
della Corte di appello di Milano (n. 1493/2000), la quale, affermata la
responsabilità di un medico, aveva riconosciuto solo parzialmente il
danno subito dalla Cacciò. Il Tribunale di Milano rigettò la domanda.
La Corte di Appello di Milano confermò, ai fini che ancora
interessano, la sentenza di prime cure (sentenza del 6 settembre 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, la Cacciò propone ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi.
L’Avv. Schillaci e Italiana Ass.ni S.p.a, regolarmente intimati, non
svolgono difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve darsi atto che, successivamente al deposito del
ricorso, la parte, personalmente, ha inviato a mezzo posta un
documento qualificato “memoria” e fatture. Tale documentazione è,
all’evidenza, inammissibile e non può essere presa in considerazione
dalla Corte.
1.Con il primo motivo si deduce carente e contraddittoria motivazione
in ordine al rigetto della richiesta di restituzione della somma
(5.000.000 di lire consegnati dalla Cacciò all’avv. Schillaci), che la
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

ricorrente assume versata quale acconto per il ricorso per cassazione
mai proposto.
1.1. La Corte di merito ha ritenuto provato dall’Avvocato che la
consegna dell’assegno era avvenuta in epoca (maggio 2000) precedente
al deposito della sentenza di appello, alla mancata impugnazione in

dell’Avvocato. Inoltre, ha rilevato, richiamando il doc. n. 13, che la
stessa Cacciò aveva ammesso la riferibilità di quella somma alla difesa
esercitata dall’Avv. Schillaci nel giudizio di merito.
2. La censura è inammissibile. A prescindere dai confusi riferimenti a
rapporti con altri avvocati, alla regolarità fiscale, alla tariffa
professionale, ad un “quesito giuridico”, tutti elementi non conferenti
rispetto alle argomentazioni della decisione impugnata, la ricorrente si
limita a sostenere che non sarebbe strano il versamento di un acconto
per il ricorso per cassazione avverso una sentenza non ancora
depositata, stante il previsto esito negativo della stessa. Inoltre,
laddove la Corte di merito ha individuato con il n. 13 il documento
contenente l’ammissione della ricorrente della riferibilità dell’acconto
al giudizio di merito, la ricorrente si limita a negare tale ammissione
lamentando la mancata indicazione del documento rilevante, senza
dimostrare, nel rispetto dell’art. 366 n. 6 c.p.c., che il doc. n. 13 non
conteneva tale ammissione.
3. Con gli altri motivi di ricorso (secondo, terzo e quarto), si deducono
vizi motivazionali e si censura la sentenza di merito nella parte in cui,
confermando la decisione del primo giudice, ha ritenuto l’assenza del
nesso di causa tra la condotta omissiva dell’Avvocato (che non aveva
proposto ricorso per cassazione) e i danni lamentati, ritenendo gli
stessi ravvisabili solo se sulla base di criteri probabilistici il giudice di

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cassazione della quale si riferisce la responsabilità professionale

merito accerti che senza quella omissione il risultato sarebbe stato
perseguito.
3.1. Con il secondo motivo si deduce contraddittoria e carente
motivazione, sostenendo che l’esistenza del nesso causale tra
inadempimento e danno lamentato non può essere messa in dubbio in

Schillaci, che non aveva proposto ricorso per cassazione.
Con il terzo si deduce sempre contraddittoria e carente motivazione e
si contesta l’iter logico giuridico della motivazione della sentenza
impugnata per aver adottato, ai fini della prova del nesso causale, un
criterio, quello della ragionevole probabilità, ritenuto di “impossibile
definizione” per il carattere soggettivistico.
Con il quarto motivo si deduce <>. La parte esplicativa dello stesso,
premessa l’esistenza di una responsabilità in re ipsa, collegata al diritto
costituzionale alla salute, si snoda, sul presupposto — per quel che
sembra di capire – della prevedibilità dell’esito positivo del ricorso per
cassazione non proposto, attraverso confuse argomentazioni e
richiami al processo di merito relativo alla responsabilità medica e a
quello di merito per la responsabilità dell’avvocato, prescindendo
completamente dalla precisa individuazione delle argomentazioni della
sentenza impugnata.
4. Tutti i motivi sono inammissibili.
Per il secondo e il terzo e per la parte del quarto in cui si sostiene la
responsabilità in re ipsa, è assorbente la considerazione che, in
violazione dell’art. 360 c.p.c., che richiede la precisa indicazione dei
motivi di ricorso, si deduce la violazione di difetti motivazionali, che
attengono alla quaestio facti, e si argomenta — a prescindere dal
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presenza dell’inadempimento della prestazione professionale dell’Avv.

contenuto delle argomentazioni — facendo valere questioni di diritto.
Con conseguente mancanza di specificità delle censure.
Per il quarto, sempre ai fini della inammissibilità, rileva il totale
scollamento tra la parte esplicativa del motivo e le argomentazioni
della sentenza impugnata, mai chiaramente individuate in

5. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non ricorrono i
presupposti per la pronuncia in ordine alle spese processuali del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dichiara la
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta
Civile – 3, il 9 settembre 2015.

collegamento con le censure.

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