Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21193 del 13/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 13/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.13/09/2017),  n. 21193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17331/2016 proposto da:

P.A., P.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA

GIUFFRE’, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CESARE MAINARDIS;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI BELLUNO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE FIORE 22,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO GATTAMELATA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO GAZ;

COMUNE DI SAPPADA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo studio

dell’avvocato RENZO CUONZO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato STEFANO CANAL;

REGIONE VENETO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta

Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VARRONE 9, presso

lo studio dell’avvocato BRUNA D’AMARIO PALLOTTINO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati CECILIA LIGABUE, EZIO

ZANON e CHIARA DRAGO;

– controricorrenti –

e contro

DOLOMITI DERIVAZIONI S.R.L., GENIO CIVILE DELLA REGIONE VENETO, GENIO

CIVILE DELLA REGIONE VENETO – UNITA’ DI PROGETTO DI BELLUNO,

SPORTELLO UNICO DEMANIO IDRICO DELLA REGIONE VENETO E DELLA

PROVINCIA DI BELLUNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 94/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 05/04/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

uditi gli avvocati Bruna D’Amario Pallottino e Renzo Cuonzo, in

proprio e per delega dell’avvocato Stefano Gattamelata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Sappada, con domanda del 6 aprile 1984, chiese alla Regione Veneto una concessione di derivazione di acqua, a scopo idroelettrico, dal fiume (OMISSIS), in Comune di (OMISSIS). Pubblicato l’avviso sul Foglio Annunzi Legali della provincia di Belluno e sulla Gazzetta Ufficiale, la Regione (Genio civile di Belluno), solo dopo diversi anni, con nota del 23 aprile 2012, n. 188513, resa in ottemperanza alle disposizioni transitorie di cui alla D.G.R.V. 7 dicembre 2011, n. 2100, richiese al Comune di Sappada di confermare il proprio interesse in merito alla conclusione del procedimento avviato con detta istanza. Il Comune manifestò il proprio interesse con nota del 2 maggio 2012, n. 3405, ed anzi integrò l’istanza in data 4 luglio 2012 e 29 agosto 2012.

1.1. Intanto, in data 24 febbraio 2012, P.P. ed A. presentarono alla Provincia di Belluno (competente a seguito del trasferimento della gestione del demanio idrico dal 1 gennaio 2009) una domanda di concessione di piccola derivazione d’acqua dal fiume (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS), registrata al protocollo provinciale il 28 febbraio 2012, col n. 9234. Con comunicazione del 17 aprile 2012 lo Sportello Unico demanio idrico comunicò ai P. l’avvio del procedimento amministrativo di esame della domanda e la contestuale sospensione per consentire all’Ufficio di dar seguito a quanto previsto dalla D.G.R.V. 7 dicembre 2011, n. 2100, lett. c), dal momento che l’istanza risultava tecnicamente incompatibile con quella presentata dal Comune di Sappada, di cui sopra.

1.2. A seguito dell’esame della documentazione progettuale prodotta dal Comune di Sappada, la Regione Veneto, con ordinanza del 22 novembre 2012, n. 531655, ammise ad istruttoria l’istanza del Comune, disponendo la pubblicazione per le eventuali osservazioni ed opposizioni, nonchè la fissazione della visita di sopralluogo ai sensi del T.U. n. 1775 del 1933, art. 8, per il giorno 8 gennaio 2013.

I P., i quali avevano presentato osservazioni in data 27 dicembre 2012, furono presenti al sopralluogo e, con comunicazione in data 17 gennaio 2013, vennero resi edotti dei motivi ostativi, L. n. 241 del 1990, ex art. 10 bis, all’accoglimento della loro istanza perchè incompatibile rispetto alla precedente istanza del Comune di Sappada. In data 6 febbraio 2013, i P. depositarono memoria.

1.3. Successivamente la Commissione Tecnica Regionale per il parere sulle domande in concorrenza istituita ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 9, deliberò il parere n. 7 del 14 marzo 2013 sulle osservazioni, opposizioni e domande in concorrenza, ritenendo ulteriormente procedibile la domanda del Comune di Sappada.

Prendendo atto di tale parere, il Dirigente dell’Unità di Progetto Genio Civile di Belluno stabilì di procedere all’istruttoria dell’istanza presentata dal Comune di Sappada, con Decreto 10 luglio 2013, n. 135.

Con determinazione costitutiva n. 1418 del 6 agosto 2013 il Dirigente del Settore Tecnico della Provincia di Belluno, facendo proprio l’ulteriore parere n. 8 reso dalla Commissione tecnica in data 14 marzo 2013, rigettò l’istanza dei P. in quanto incompatibile con la domanda già presentata dal Comune di Sappada.

2. P.P. e P.A. hanno proposto ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, notificato il 7 novembre 2013, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 143, impugnando il Decreto 10 luglio 2013, n. 135, di presa d’atto del parere n. 7 del 14 marzo 2013; la Det. costitutiva 6 agosto 2013, n. 1418, di presa d’atto del parere n. 8 del 14 marzo 2013; per quanto occorra, le D.G.R.V. n. 2100 del 2011 e D.G.R.V. n. 694 del 2013.

Hanno resistito la Regione Veneto, la Provincia di Belluno, il Comune di Sappada e la Dolomiti Derivazioni s.r.l..

Il TSAP ha deciso con la sentenza qui impugnata, avente il n. 94/2016, pubblicata il 5 aprile 2016 ed il cui dispositivo integrale è stato notificato in data 30 maggio 2016.

Il TSAP ha dichiarato inammissibile il ricorso per mancata impugnazione dell’ordinanza del 22 novembre 2012 dello Sportello Unico Demanio Idrico di Belluno, col quale è stata ammessa ad istruttoria la sola domanda del Comune di Sappada, ritenuto atto presupposto a cui i provvedimenti impugnati sono successivi e conseguenti. Ha aggiunto che i ricorrenti hanno omesso di impugnare tempestivamente anche la D.G.R. 7 dicembre 2011, n. 2100.

3. Per la cassazione di tale sentenza P.A. e P.P. propongono ricorso sulla base di quattro motivi.

Resistono con distinti controricorsi la Regione Veneto, nonchè la Provincia di Belluno e il Comune di Sappada, questi ultimi due, anche con memoria.

Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ratio decidendi della sentenza impugnata sta nell’affermazione che dall’impugnazione proposta i ricorrenti non avrebbero potuto “trarre alcun vantaggio venendo con essa investiti provvedimenti che a loro volta traggono ragione dalla scelta dell’Amministrazione già effettuata in precedenza, di escludere il confronto concorrenziale e sottoporre ad esame soltanto la (…) prima domanda di derivazione”, mediante l’ordinanza del 22 novembre 2012 n. 531655, pubblicata sul BURV n. 99 del 30 novembre 2012; con la conclusione che la lesione dei diritti dei ricorrenti non discende dai provvedimenti impugnati, ma dai provvedimenti non impugnati (ivi compresa la D.G.R. 7 dicembre 2011, n. 2100, pubblicata sul BURV n. 98 del 27 dicembre 2011).

Dando per presupposta siffatta situazione procedurale, col primo e col secondo motivo i P. assumono la asserita radicale carenza di legittimazione soggettiva dell’ente locale ad ottenere l’auspicata concessione e sostengono che questa si sarebbe potuta far valere a prescindere dall’impugnazione del singolo atto del procedimento; perciò sarebbe nulla la sentenza per omessa pronuncia sulla corrispondente censura formulata col ricorso introduttivo dinanzi al TSAP.

1.1. In particolare, col primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 7 e 143, in combinato disposto con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, artt. 3, 6 e 112, L. n. 244 del 2007, art. 27, comma 3, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 14, comma 32.

I ricorrenti sostengono che il Comune di Sappada, in quanto ente locale, non potrebbe svolgere direttamente un’attività di impresa come quella di produzione di energia idroelettrica, previa intestazione dei titoli autorizzativi e concessori (violando altrimenti le norme del T.U.E.L. di cui agli artt. 3,6 e 112); e che non lo potrebbe fare nemmeno in via mediata, costituendo una società avente ad oggetto la produzione di beni e servizi non collegati strettamente alle finalità istituzionali (della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 27), anche perchè, in ogni caso, comune con meno di 30.000 abitanti (del D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 32). Deducono che, mentre, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 7, l’ordinanza di ammissione ad istruttoria deve essere immediatamente impugnata da coloro che, titolari di una precedente concessione o di una domanda antecedente, hanno interesse ad evitare una concorrenza (che si ritiene) disposta illegittimamente dalla p.a. procedente, la censura in esame non pone questioni di (disposta o non disposta) concorrenza tra domande, ma denuncia la radicale carenza di legittimazione soggettiva dell’ente locale. Pertanto, la censura sarebbe proponibile senza la necessaria preventiva impugnazione dell’ordinanza di ammissione ad istruttoria ed, anzi, secondo i ricorrenti, l’eventuale annullamento di questa discenderebbe quale conseguenza dell’annullamento degli atti successivi.

1.2. Col secondo motivo si denuncia nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sul motivo dell’originario ricorso dinanzi al TSAP, col quale era stata fatta valere la censura appena illustrata.

2. Entrambi i motivi sono infondati.

Contrariamente a quanto si sostiene in ricorso, la ragione di inammissibilità della richiesta avanzata dal Comune di Sappada, per essere questo carente di legittimazione attiva, avrebbe dovuto essere posta, dai ricorrenti, già a fondamento dell’impugnazione dell’atto presupposto, costituito dall’ordinanza di ammissione ad istruttoria. Essi, infatti, deducendo che il Comune, quale ente pubblico territoriale, non fosse legittimato ad instare e ad ottenere la concessione richiesta, ne contestano uno dei presupposti per il rilascio, la cui delibazione sarebbe stata ben possibile già al momento dell’ammissione ad istruttoria. Rispetto a siffatta delibazione, l’interesse sostanziale vantato dai P. non avrebbe potuto essere altro che quello di non vedere pretermessa la domanda da loro avanzata (della quale pretendevano l’esame con priorità o, almeno, in concorrenza); interesse, quest’ultimo, già attuale in quella fase del procedimento. Solo questo interesse sostanziale sta a fondamento dell’interesse ad agire dei P. per impedire la prosecuzione ed il compimento del procedimento concessorio. Seguendo il ragionamento posto a fondamento del primo motivo, si avrebbe che i ricorrenti si sarebbero potuti avvalere di una sorta di legittimazione ad agire indifferenziata, spettante a quisque de populo, per impedire all’Amministrazione il rilascio di una concessione asseritamente illegittima: ciò, che è contrario al sistema dal punto di vista soggettivo, poichè l’azione in giudizio spetta soltanto ai titolari di posizioni giuridiche qualificate e differenziate; ma anche dal punto di vista oggettivo, perchè i ricorrenti non avrebbero avuto alcun interesse concreto ed attuale al mancato rilascio od all’annullamento della concessione in favore del Comune di Sappada, senza poter conservare gli effetti della domanda da loro presentata il 27 febbraio 2012. Questi effetti sarebbero rimasti fermi soltanto annullando l’atto presupposto di ammissione ad istruttoria dell’istanza del Comune di Sappada, perchè già con questa era stato escluso il confronto concorrenziale.

E’ corretta in diritto la decisione del TSAP che ha ritenuto che con l’emissione dell’ordinanza del 22 novembre 2012 sia stato leso l’interesse dei ricorrenti, che li avrebbe legittimati a pretendere l’annullamento del provvedimento amministrativo presupposto, asseritamente illegittimo, e che, omessa questa impugnazione, sia inammissibile quella avanzata contro i provvedimenti successivi.

Ed invero, in tema di concessioni per la derivazione di acque pubbliche, il provvedimento di ammissione della domanda ad istruttoria (normale o eccezionale), in quanto valuta negativamente l’esistenza dei fattori ostativi e positivamente la presenza dei requisiti di legge e apre, di conseguenza, un’ulteriore fase del procedimento, costituisce un atto idoneo ad incidere non soltanto sugli interessi dei richiedenti, ma anche su quelli di coloro che hanno precedentemente presentato domanda e di coloro che già sono titolari di concessioni ed è, pertanto, suscettibile di impugnazione da parte di queste categorie di soggetti (Cass. S.U., 20 novembre 1996, n. 10197).

Pertanto, una volta valutata positivamente la legittimazione del Comune di Sappada a richiedere ed ottenere il rilascio della concessione, con l’ordinanza del 22 novembre 2012, siffatta valutazione non avrebbe potuto essere travolta dall’annullamento dell’atto o degli atti successivi nella sequenza procedimentale.

Il primo motivo di ricorso va rigettato.

2.1. La motivazione posta a fondamento di questo rigetto rivela l’infondatezza del secondo motivo.

Non sussiste il vizio di omessa pronuncia ogniqualvolta si abbia un fenomeno di assorbimento c.d. improprio, che si verifica quando viene decisa una questione c.d. assorbente che esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un rigetto implicito di altre domande (cfr., tra le altre, Cass. 16 maggio 2012, n. 7663).

La decisione assunta dal TSAP a proposito della necessità dell’impugnazione dell’atto presupposto, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione limitata agli atti successivi e conseguenti, si configura come assorbente rispetto alla questione posta col primo motivo del presente ricorso, poichè – come detto trattando quest’ultimo – anche l’asserita violazione degli artt. 3,6 e 112 T.U.E.L. e della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 27 e del D.L. n. 78 del 2010, art. 14,comma 32, avrebbe dovuto essere posta a fondamento della preventiva necessaria impugnazione dell’ordinanza di ammissione ad istruttoria.

Il secondo motivo va perciò rigettato.

3. I restanti due motivi danno per scontata la ratio decidendi della sentenza, ma assumono che questa sarebbe nulla per omessa pronuncia su una delle domande avanzate al TSAP (quarto motivo), specificamente sulla censura di violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 7 e 143, oggetto di apposito motivo del ricorso dinanzi al giudice a quo, e qui riproposta col terzo motivo.

Con quest’ultimo si deduce l’inosservanza da parte della Regione delle norme appena citate, per avere rigettato, e non invece tenuto in sospeso, l’istanza dei ricorrenti fino alla conclusione del procedimento istruttorio relativo all’istanza del Comune. Si assume che la giurisprudenza del TSAP sarebbe nel senso che, di fronte alla presentazione di una domanda incompatibile con altra preesistente, ed in assenza di concorrenza, la p.a. non potrebbe procedere al rigetto dell’istanza più recente, ma dovrebbe semmai adottare provvedimenti soprassessori nelle more dell’istruttoria della domanda più risalente (come affermato da TSAP, 3 aprile 2003, n. 43). Questa conclusione sarebbe coerente con l’assunto per cui il rigetto di una domanda senza procedere ad istruttoria potrebbe trovare causa, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 7, solamente in ipotesi di inattuabilità, contrarietà a buon regime delle acque o ad altri interessi generali, da indicarsi dalla p.a. procedente (come da giurisprudenza di legittimità citata in ricorso).

Si aggiunge che, in questa prospettiva, è irrilevante la circostanza che i P. non abbiano impugnato l’ordinanza di ammissione ad istruttoria della domanda del Comune di Sappada, poichè la lesione del loro interesse alla sospensione conseguirebbe direttamente ed esclusivamente dalla determinazione costitutiva n. 1418 del 6 agosto 2013, con la quale è stata rigettata l’istanza dei ricorrenti.

3.1. Col quarto motivo si deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sul motivo del ricorso dinanzi al TSAP col quale è stata denunciata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la ragione qui esposta col terzo motivo.

4. I motivi non meritano di essere accolti.

La denuncia del vizio di omessa pronuncia è, in sè, consentita in base al principio di diritto, già affermato da queste Sezioni Unite, secondo cui “Ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 204 (t.u. delle acque) – che opera un rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865 – qualora il Tribunale superiore delle acque pubbliche sia incorso nel vizio di extra petizione, l’impugnazione esperibile è l’istanza di rettificazione al medesimo Tribunale superiore e non il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione, di cui ai successivi artt. 200 – 202 dello stesso t.u., esperibile, invece, in caso di omesso esame di un motivo, non rientrando quest’ultima ipotesi tra quelle per cui è prevista la rettificazione ai sensi del citato art. 204” (così Cass. S.U. 12 gennaio 2011, n. 505 e Cass. S.U. 6 maggio 2014, n.9662).

Dato ciò, si rileva che, in effetti, la sentenza impugnata appare viziata poichè non contiene apposito esame del motivo di ricorso, proposto in via subordinata, col quale i P. avevano lamentato la mancata sospensione, piuttosto che il rigetto, della domanda presentata il 27 febbraio 2012.

Come notano i ricorrenti, questa ragione di doglianza sarebbe potuta prescindere dall’impugnazione dell’ordinanza di ammissione ad istruttoria dell’istanza del Comune, poichè, in astratto, la lesione della loro posizione sarebbe potuta derivare non soltanto da detta ammissione, quanto (anche) dalla decisione di archiviazione della loro istanza, laddove i P. ne invocavano, almeno, in via subordinata, la sospensione, in attesa della conclusione dell’istruttoria di quella presentata dall’ente locale.

Quindi, la questione risolta dal TSAP in punto di ammissibilità del ricorso non ha carattere assorbente della questione posta con i motivi in esame, dato che non esclude, di per sè, la necessità della pronuncia in merito alla doglianza dei ricorrenti limitata al provvedimento di rigetto, piuttosto che di sospensione, pur dando per presupposta l’ammissione ad istruttoria della sola istanza del Comune.

4.1. Tuttavia, entrambi i motivi risultano inammissibili, per le ragioni di cui appresso.

Il terzo è inammissibile perchè prescinde dal dato di fatto che l’ammissione ad istruttoria limitata all’istanza del Comune comportava già l’esclusione del confronto concorrenziale, così come prescinde dall’ulteriore dato di fatto della tardività dell’istanza dei P., ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 7, comma 9.

La tardività, infatti, è conseguenza dell’applicazione della DGR n. 2100 del 7 dicembre 2011, pubblicata sul BURV n. 98 del 27 dicembre 2011, che, come rilevato nella sentenza qui impugnata, nel consentire la riattivazione di istanze già presentate e pubblicate, ma non definite, finiva per escludere la possibilità di presentare domande nuove.

Quest’ultimo rilievo del TSAP non è stato fatto oggetto di specifica censura da parte dei ricorrenti e rende perciò inammissibile il terzo motivo.

Esso infatti ha come ineludibile conseguenza che l’istanza presentata dai P. fosse tardiva ai sensi della norma su richiamata.

La tardività, per un verso, comporta che, escludendo la possibilità del confronto concorrenziale normale, si sarebbe tutt’al più potuto ricorrere all’ipotesi di concorrenza eccezionale dell’art. 10 (cfr. Cass. S.U. 9 giugno 2014, n. 12921, in motivazione), implicante però l’esercizio di poteri discrezionali in capo all’amministrazione (che si sarebbe dovuto invocare nel corso del procedimento amministrativo), comunque non censurabile con ricorso all’autorità giudiziaria.

Per altro verso, la tardività dell’istanza dei P. è decisiva per escludere, in radice, la fondatezza della pretesa dei ricorrenti di ottenere un provvedimento di sospensione piuttosto che di rigetto, atteso che l’istanza incompatibile intempestiva, al di fuori dell’ipotesi di concorrenza eccezionale, non sopravvive e non obbliga la p.a. procedente ad istruirla (come di recente affermato dal TSAP, con la sentenza del 13 maggio 2016, n. 166, che ha superato il precedente dello stesso Tribunale Superiore citato in ricorso).

4.2. All’inammissibilità del terzo motivo, per le ragioni appena esposte (che ne comportano la non specificità), si aggiunge quella del quarto motivo per carenza di interesse.

I P. non hanno interesse a lamentare il mancato esame nel merito del motivo col quale avevano azionato dinanzi al TSAP la pretesa di tenere in sospeso la propria istanza fino alla conclusione del procedimento istruttorio sull’istanza comunale. Infatti, questo motivo – una volta acquisito, ed oramai impregiudicato, il dato della tardività della loro istanza tecnicamente incompatibile con quella comunale – non potrebbe essere accolto, per le considerazioni svolte trattando del motivo precedente.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, per ciascuno dei controricorrenti, in Euro 5.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, esborsi per Euro 200,00 ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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