Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21190 del 13/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/09/2017, (ud. 06/07/2017, dep.13/09/2017),  n. 21190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18565-2016 proposto da:

R.W., M.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE GIUSEPPE MAZZINI, 73, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

ZAZZA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ILARIA

GIOVANAZZI, ALESSANDRA NIARGONI;

– ricorrenti –

contro

E.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE:, rappresentato e difeso

dagli avvocati MATTEO SARTORI, MAURIZIO DONINI;

– controricorrente –

e contro

IMPRESA P.G., in persona dell’omonimo titolare,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GABRIELE BECCARIA;

– controricorrente –

e contro

ITALIANA ASSICURAZIONI, ASSICURAZIONE DEI LLOYD’S, V.I.,

ALLIANZ S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 113/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIENTO,

depositata il 20/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

rilevato che, per quanto qui interessa, con sentenza del 1 marzo-20 aprile 2016 la Corte d’appello di Trento, accogliendo il relativo gravame della Impresa P.G., ha rigettato le domande proposte da M.G. e da R.W. avverso la Impresa P.G. e E.L., in completa riforma della sentenza del 25 giugno 2014 con cui il Tribunale di Trento le aveva nei loro confronti accolte, condannandoli a risarcire a M.G. e a R.W. nella misura di Euro 86.946 per vizi di un immobile che era stato edificato dalla Impresa P.G., essendo E.L. il direttore dei lavori;

rilevato che pertanto M.G. e R.W. hanno presentato ricorso, articolato in tre motivi, da cui si difendono, ciascuno con rispettivo controricorso, E.L. e Impresa P.G.; rilevato altresì che i ricorrenti hanno depositato anche memoria;

rilevato che il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., comma 1, e omesso esame di fatto discusso e decisivo in ordine all’epoca da cui dovrebbe decorrere la decadenza quanto alla denuncia dei vizi dell’immobile ai sensi appunto dell’art. 1669 c.c., comma 1;

rilevato che questo motivo, oltre ad apportare una inammissibile commistione tra il mezzo della denuncia di error in iudicando e il mezzo della denuncia di vizio motivazionale, patisce comunque un contenuto in realtà fattuale, in quanto consiste nella trascrizione di stralci di accertamenti tecnici e nella critica al giudice di secondo grado per avere ritenuto i difetti in questione di natura tale da essere già ben visibili immediatamente dopo l’acquisto, perseguendo così i ricorrenti una inammissibile valutazione alternativa di merito;

rilevato che il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., comma 2, e art. 696 bis c.p.c., nonchè della L. n. 280 del 2010, e omesso esame di fatto discusso e decisivo: avrebbe errato la corte territoriale nell’affermare che la prescrizione di un anno sarebbe stata maturata, giacchè non avrebbe tenuto conto di “passi intermedi” della sequenza svoltasi;

rilevato che questo motivo patisce chiaramente gli stessi difetti che sono stati ravvisati nel motivo precedente e quindi appena considerati, perchè, oltre a creare una commistione tra censure eterogenee, persegue un inammissibile terzo grado di merito;

rilevato che il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in relazione agli artt. 1669 e 2947 c.c.: premesso che la responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c. è di natura extracontrattuale, costituendo l’art. 1669 una norma speciale rispetto all’art. 2043 c.c., i ricorrenti adducono che nel loro ricorso introduttivo di primo grado, formulato ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., avevano chiesto di accertare la responsabilità “da inadempimento e aquiliana”, e che nonostante ciò sulla responsabilità aquiliana il giudice d’appello non ha assunto posizione, benchè al riguardo non sarebbe maturata la prescrizione ex art. 2947 c.c.;

rilevato che la domanda ai sensi dell’art. 1669 c.c. è realmente fondata su una norma speciale rispetto alla norma generale aquiliana di cui all’art. 2043 c.c. (oltre a S.U. 3 febbraio 2014 n. 2284, correttamente invocata nel motivo, v. pure Cass. sez. 2, 4 marzo 2016 n. 4319), che effettivamente gli attuali ricorrenti avevano proposto entrambe le domande in primo grado, e che il giudice d’appello davvero non esamina domanda aquiliana ex art. 2043 c.c.: peraltro, non risulta che in ordine al mancato accoglimento della domanda aquiliana sia stato proposto appello incidentale dagli attuali ricorrenti, come sarebbe stato invece necessario (da ultimo cfr. Cass. sez. 3, 4 aprile 2017 n. 8674), per cui il motivo, in conclusione, deve essere disatteso;

ritenuto che quindi il ricorso va rigettato, ritenendosi peraltro sussistenti i presupposti per la compensazione delle spese processuali del grado, in considerazione della spiccata difformità delle due sentenze di merito;

ritenuto altresì che sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

Rigetta il ricorso, compensando le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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