Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21187 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 19/10/2016, (ud. 16/05/2016, dep. 19/10/2016), n.21187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29910-2010 proposto da:

D.P.G. (C.F. (OMISSIS)), B.M. (C.F.

(OMISSIS)), in proprio, elettivamente domiciliati in (OMISSIS),

presso l’avvocato EMANUELE COGLITORE, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARLO SPAGNOLI, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di FORLI’, depositato il

27/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato EMANUELE COGLITORE che ha chiesto

raccoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per, in via principale,

inammissibilità del ricorso; nel merito, rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. – Gli avvocati Dolcini Giuseppe e B.M. hanno chiesto di essere ammessi al passivo del Fallimento (OMISSIS) Spa in liquidazione per l’importo di Euro 32.989,88, oltre Iva per Euro 7.281,60, a titolo di compenso per prestazioni professionali.

Disattesa dal giudice del Tribunale di Forlì delegato al fallimento l’istanza di ammissione con riguardo all’importo di “Euro 25.182,38, in quanto trattasi di crediti prescritti”, i due professionisti hanno proposto opposizione, che lo stesso Tribunale, con decreto del 22 ottobre 2010, ha respinto, regolando conseguentemente le spese di lite.

Il Tribunale ha in particolare ritenuto che a carico degli istanti fosse maturata la prescrizione presuntiva di cui all’art. 2956 c.c., contro la quale essi non avevano offerto prove ed avevano dedotto un giuramento inammissibile perchè generico.

p. 2. – Contro il decreto D.G. e B.M. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) Spa in liquidazione non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 3. – Il ricorso contiene tre motivi.

p. 3.1. – Il primo motivo è rubricato: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione o falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 112 c.p.c. e artt. 2938, 2946, 2956 e 2957 c.c.”.

Con esso si sostiene che il Tribunale avrebbe ritenuto l’intervenuta prescrizione presuntiva del credito fatto valere quantunque essa non fosse stata eccepita, essendosi il Fallimento limitato ad osservare genericamente che il credito fosse “indiscutibilmente prescritto”, senza ulteriori precisazioni.

p. 3.2. – Il secondo motivo è rubricato: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione o falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 2956 e 2959 c.c.”.

Con esso si sostiene che il congegno della prescrizione presuntiva non avrebbe potuto comunque operare, avendo il Fallimento ammesso che l’obbligazione non era stata estinta, dal momento che aveva contestato l’ammontare del credito, assumendo che esso fosse inferiore a quello fatto valere e che non fosse stato ammesso “non solo e non tanto per intervenuta prescrizione, ma per essere stati comunque vagliati e ridotti in relazione alle attività professionali svolte, alle quali gli importi si riferivano” (così, affermano i ricorrenti, il Fallimento in una memoria dell’8 ottobre 2010).

3.3. – Il terzo motivo è rubricato: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione o falsa applicazione delle disposizioni di cui al R.D. n. 267 del 1942, art. 99, comma 6 e 7, e artt. 2938, 2938, 2946, 2956 e 2957 c.c.”.

Con esso si sostiene che il Fallimento, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, si era costituito tardivamente, sicchè l’eccezione di prescrizione era ormai preclusa.

p. 4. – Il ricorso va respinto.

p. 4.1. – Il primo motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità richiesto dall’art. 366 c.p.c..

Occorre anzitutto premettere che il motivo è stato erroneamente spiegato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, quale vizio di violazione di legge, avendo i ricorrenti viceversa dedotto un vizio di attività – avere il giudice di merito pronunciato su un’eccezione che, secondo gli stessi ricorrenti non sarebbe stata proposta – sussumibile entro l’ambito di applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Nondimeno, l’errore nell’inquadramento della censura, non vale di per sè a rendere la doglianza inammissibile, come è stato chiarito dalla Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931).

Fissato tale punto, si deve ancora aggiungere che, anche con riguardo ai motivi volti alla denuncia di errores in procedendo, quale deve intendersi quello in esame, riguardo ai quali la Corte di cassazione è giudice del fatto processuale, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, principio di riporti, nel autosufficienza, gli elementi ed atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (da ult. Cass. 30 settembre 2015, n. 19410).

Ciò premesso, vale in generale rammentare, quanto alla conformazione del procedimento di opposizione allo stato passivo, nei suoi rapporti con quello di verifica dello stato passivo, il principio già affermato da questa Corte, secondo cui la fase di verifica, sebbene tenda ad assicurare il contraddittorio sostanziale innanzi ad un giudice terzo, non prevede la necessaria costituzione delle parti a mezzo di difensore tecnico, mentre nel successivo giudizio di opposizione come regolato dalla L. Fall., art. 99, nel testo novellato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e, poi, dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 – inequivocabilmente di natura impugnatoria ed ancorchè non qualificabile come appello, la disciplina circa le eccezioni proponibili deve ricercarsi esclusivamente nel menzionato art. 99, il quale, al comma 7, descrivendo il contenuto della memoria difensiva di costituzione della parte resistente, fa menzione, tra l’altro, delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio, senza porre altre limitazioni. Ne deriva che, in tale giudizio, il curatore può riproporre le eccezioni che siano state disattese precedentemente dal giudice delegato in sede di verifica (Cass. 12 dicembre 2012, n. 22765).

A fortiori, deve ora aggiungersi, egli può riproporre e ribadire, così e semplicemente, quelle eccezioni che abbia già proposto al giudice delegato e questi abbia viceversa accolto, senza che, in tal caso, il curatore – il quale, nel riproporre l’eccezione già spiegata ed accolta, partecipa al giudizio di opposizione per ottenere la conferma, e non la modifica dello stato passivo – debba neppure osservare l’onere della tempestiva costituzione per i fini della proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.

Orbene, il difetto di autosufficienza di cui si è detto discende, allora, dal rilievo che i ricorrenti, nel dar conto del provvedimento del giudice delegato, il quale aveva disatteso l’istanza di ammissione al passivo per prescrizione del credito fatto valere, e nel sostenere che il Tribunale avrebbe pronunciato su un’eccezione di prescrizione presuntiva non proposta, hanno totalmente omesso di chiarire se e in quali termini tale eccezione di prescrizione fosse stata formulata dinanzi al giudice delegato e se, dunque, il Fallimento, nella successiva fase di opposizione, nel chiedere la reiezione di essa “in quanto trattasi di crediti prescritti”, avesse formulato una generica eccezione di prescrizione non mai proposta in precedenza (in tal caso tardiva e comunque da intendersi quale eccezione di prescrizione estintiva), ovvero avesse riproposto un’eccezione di prescrizione estintiva già spiegata dinanzi al giudice delegato (nel qual caso il giudice di merito avrebbe errato nell’esaminare la prescrizione presuntiva, pur in mancanza di eccezione in tal senso), ovvero, ancora, avesse riproposto proprio l’eccezione di prescrizione presuntiva sulla quale il Tribunale, nel decreto impugnato in questa sede, si è (ed in tal caso correttamente) pronunciato.

p. 4.2. – Il secondo motivo va respinto.

Occorre ancora una volta premettere che i ricorrenti hanno erroneamente richiamato, nella formulazione della doglianza, l’art. 360, n. 3.

Ed infatti, le espressioni violazione o falsa applicazione di legge descrivono e rispecchiano i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto, ossia: a) il momento concernente la ricerca e l’interpretazione della norma regolatrice del caso concreto; b) il momento concernente l’applicazione della norma stessa al caso concreto, una volta correttamente individuata ed interpretata.

In relazione al primo momento, il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non ha riguardo alla fattispecie in essa delineata; con riferimento al secondo momento, il vizio di falsa applicazione di legge consiste, alternativamente: a) nel sussumere la fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perchè, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro; b) nel trarre dalla norma in relazione alla fattispecie concreta conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (Cass., n. 18782/2005).

Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge.

Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., n. 195/2016; Cass., n. 26110/2015; Cass., n.8315/2013; Cass., n. 16698/2010; Cass., n. 7394/2010; Cass. S.U., n. 10313/2006).

Nel caso in esame, l’errore attribuito al decreto impugnato si colloca al di fuori della violazione di legge, dal momento che ciò che i ricorrenti addebitano al Tribunale non è di aver travisato il significato dell’art. 2959 c.c..

secondo cui l’eccezione di prescrizione presuntiva è rigettata, se chi la oppone ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta -, ma di non aver tenuto conto, in fatto, della circostanza che il Fallimento aveva, secondo i ricorrenti, ammesso di non aver pagato il compenso dovuto, per aver negato, sia pure in parte, l’esistenza del credito da essi azionato.

Orbene, dopo aver ribadito che il mero errore nell’indicazione numerica delle ipotesi contemplate dall’art. 60 c.p.c. di per sè non rileva, vale osservare che, anche a voler esaminare la doglianza dall’angolo visuale del difetto di motivazione, ed in particolare della motivazione insufficiente, per avere il Tribunale ignorato tale circostanza, siffatto scrutinio non può essere favorevole ai ricorrenti per la incompletezza della ricostruzione della vicenda processuale risultante dal ricorso per cassazione.

Ed infatti, nessun dubbio può nutrirsi in ordine all’esattezza, in astratto, del principio, invocato dai ricorrenti, secondo cui il debitore che neghi l’esistenza del credito oggetto della domanda ovvero eccepisca che il credito non sia sorto ammette, implicitamente, che l’obbligazione non è stata estinta, sicchè va disattesa, ex art. 2959 c.c., l’eccezione di prescrizione presuntiva in quanto incompatibile (da ultimo Cass. 16 febbraio 2016, n. 2977): e, tuttavia, la verifica della conformità a detto principio della decisione adottata dal Tribunale è impedita dalla circostanza che il giudice del merito, nel decreto impugnato, ha ritenuto che il credito azionato dai due professionisti non fosse riferito ad una prestazione unica, ma ad una pluralità di prestazioni l’una indipendente dall’altra, sicchè il motivo non consente di discernere in che termini il Fallimento avrebbe contestato l’avversa pretesa, e se, cioè esso avesse sostenuto che talune delle prestazioni indicate dai ricorrenti non fossero state eseguite, ovvero se avesse sostenuto che non fossero state eseguite nella loro interezza o che dovessero essere compensate in misura minore di quella richiesta da D.G. e B.M..

E’ difatti evidente che, a seconda della concreta prospettazione della difesa da parte del Fallimento, l’ammissione della mancata estinzione dell’obbligazione dedotta in giudizio avrebbe potuto essere o no riscontrata.

p. 4.3. – Il terzo motivo è inammissibile, in conseguenza di quanto già osservato con riguardo al primo motivo.

Se il fallimento avesse formulato per la prima volta l’eccezione nella memoria di costituzione tardivamente depositata nella fase di opposizione allo stato passivo, tale eccezione sarebbe senz’altro tardiva. Non cosi se avesse invece riproposto un’eccezione già spiegata dinanzi al giudice delegato.

Ma il punto è rimasto in ombra, come si è già visto.

p. 5. – Nulla per le spese.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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