Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21180 del 23/07/2021

Cassazione civile sez. III, 23/07/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 23/07/2021), n.21180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2181-2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO DE

PAOLIS, e PAOLO ERMINI, ed elettivamente presso lo studio dei

medesimi in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 2 pec: (Ndr: testo

originale non comprensibile);

– ricorrente –

nonché contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA DI LATINA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3392/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/05/2018;

udita la reazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M., con atto di citazione del 25/6/2012, convenne davanti al Tribunale di Latina la Asl di Latina per sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione della propria integrità psico-fisica determinata dall’amputazione delle dita secondo e terzo della mano sinistra causata da responsabilità della struttura sanitaria che, dovendo stimare la gravità della situazione, non aveva provveduto a trasferire tempestivamente il paziente, giunto in pronto soccorso in conseguenza di un infortunio sul lavoro del (OMISSIS), in una struttura specializzata disponendo il trasferimento solo quando le condizioni cliniche dell’arto erano ormai compromesse.

La Asl di Latina, si cosituì, sollevando alcune eccezioni in rito e, nel merito, eccepì l’insussistenza del nesso causale tra la propria condotta ed il danno.

2. Il Tribunale di Latina, disposta una CTU medico-legale, rigettò la domanda aderendo alle conclusioni del perito d’ufficio secondo le quali il caso richiedeva la soluzione di problematiche tecniche di speciale difficoltà, da demandarsi pertanto ad un centro specializzato, di guisa da non poter ritenere responsabile il pronto soccorso della Asl.

Lo S. propose appello rappresentando sia il lungo lasso temporale decorso dal momento del ricovero in pronto soccorso e la somministrazione delle prime cure e l’ulteriore ed ancor più colpevole lasso temporale di tre giorni decorso nel lasciare i segmenti lesi in stato di ischemia senza alcun controllo prima di decidere il trasferimento del paziente presso il (OMISSIS).

3. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 3392 del 21/5/2018, ha ritenuto che la causa genetica del danno patito dal paziente fosse riconducibile alla sofferenza ischemica del secondo dito, sofferenza che avrebbe dovuto essere monitorata e trattata col tentativo di rivascolarizzazione, in mancanza del quale la mano sinistra era rimasta danneggiata in modo permanente con l’amputazione della falange intermedia e di quella distale. In accoglimento dell’appello ha condannato la Asl di Latina a risarcire la somma di Euro 24.737,70 oltre interessi. Avverso la sentenza lo S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. Nessuno ha resistito al ricorso.

4. La causa, fissata dapprima per la trattazione in pubblica udienza, è stata poi destinata alla trattazione in adunanza camerale in vista della quale il P.G. ha depositato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del ricorso mentre lo S. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – violazione dell’art. 112 c.p.c. omessa pronunzia sulla domanda risarcitoria conseguente all’amputazione del terzo dito della mano sinistra (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – il ricorrente lamenta che, pur avendo chiesto il risarcimento del danno conseguente all’amputazione del secondo e del terzo dito della mano sinistra, la Corte d’Appello si sarebbe pronunciata solo sul danno costituito dalla mancata vascolarizzazione e la conseguente amputazione del solo secondo dito.

2. Con il secondo motivo – nullità della sentenza, motivazione apparente violazione dell’art. 111 Cost, comma 6, art. 132 c.p.c.art. 118 disp. att. c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – insiste sull’omissione lamentata con il primo motivo che si tradurrebbe in carenza e contraddittorietà della motivazione.

3. Con il terzo motivo – omesso esame di fatti prospettati dalla parte attrice e risultanti dalla CTU decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le pari (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il ricorrente continua a lamentare il difetto di motivazione in ordine alla amputazione del terzo dito, rilevando che la Corte d’Appello, passando la questione sotto silenzio, avrebbe implicitamente riconosciuto insussistente il relativo danno e ne avrebbe omesso la quantificazione.

4. Con il quarto motivo – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 c.p., artt. 1223,1226,2043 e 2236 c.c. lamenta che la sentenza non abbia dato conto del fatto che i sanitari della Asl di Latina abbiano omesso di tentare la rivascolarizzazione del terzo dito.

5. Con il quinto motivo – violazione degli artt. 2236 e 21597 c.c. artt. 40 e 41 c.p. – denuncia la violazione delle regole sul riparto dell’onere probatorio perpetrata dall’impugnata sentenza nella parte in cui avrebbe omesso di verificare che la struttura sanitaria avesse dimostrato l’impossibilità di vascolarizzare il terzo dito.

1-5 I motivi possono essere trattati congiuntamente perché tutti afferenti alla pretesa mancata trattazione, da parte dell’impugnata sentenza, dei danni relativi alla mancata vascolarizzazione del terzo dito, ed alla conseguente omessa quantificazione dei relativi danni.

I motivi sono infondati. L’impugnata sentenza ha accertato la sussistenza del nesso di causalità tra la mancata vascolarizzazione del secondo dito e la successiva necrosi del secondo e del terzo, con ciò ritenendo di comprendere nel suo accertamento l’integrità della lesione subita dallo S.. Conseguentemente ha provveduto ad una unica quantificazione del danno biologico, stimato in una percentuale dell’8%. Ciò risulta evidente dall’espresso richiamo, contenuto a pag. 3 della impugnata sentenza, alla CTU che aveva individuato la causa genetica del danno nell’amputazione del secondo e de terzo dito della mano sinistra quale esito “diverso da quello che ci si sarebbe aspettato come esito di una frattura della falange intermedia e distale” quale conseguenza della sofferenza ischemica del secondo dito. Dunque non vi è stata l’omissione lamentata dal ricorrente con la conseguente necessità di procedere al rigetto del ricorso.

6. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere sulle spese. Si dà invece atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Si dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

 

 

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