Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21174 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. I, 13/10/2011, (ud. 26/09/2011, dep. 13/10/2011), n.21174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Grazia – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Muzio

Clementi 58, presso l’avv. Beccaceci Gaia che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.E., elettivamente domiciliata in Roma, via degli

Scipioni 191, presso l’avv. Alfieri Arturo, che con l’avv. Amos Benni

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 574 del

14.12.2007.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26.9.2011 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni;

Uditi gli avv. Mario Pinelli con delega per S., Margherita

Amitrano con delega per F.;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 16.2.2006 il Tribunale di Ancona dichiarava la separazione personale dei coniugi S.G. e F. E., rigettando le domande di addebito formulate da entrambe le parti, provvedendo inoltre in ordine all’affidamento del figlio minorenne e all’assegnazione della ex casa coniugale, ponendo infine a carico del marito un contributo per il mantenimento della moglie e per quello del figlio. La decisione, impugnata da entrambe le parti (dal S. in via principale e dalla F. in via incidentale), veniva confermata dalla Corte di appello.

In particolare il giudice del gravame affermava la correttezza delle determinazioni di carattere economico e riteneva inoltre che fosse condivisibile anche la valutazione relativa alle contrapposte domande di addebito precisando, per quanto riguarda quella proposta dal S. rilevante in questa sede, che l’accertata infedeltà della moglie si sarebbe manifestata in epoca successiva “o quantomeno non più che coeva” al verificarsi della crisi coniugale, sicchè non vi sarebbe nesso causale fra i fatti.

Avverso la decisione S.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi poi ulteriormente illustrati da memoria, cui ha resistito la F. con controricorso, con i quali ha denunciato violazione dell’art. 151 c.c. (primo motivo) e art. 2697 c.c. (secondo motivo, nel cui ambito è stato anche prospettato un vizio di motivazione), sostenendo: a) che la Corte di appello avrebbe ignorato il consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale la reiterata violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale costituisce un dato sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile; b) che il mancato accoglimento della richiesta di acquisizione di tabulati telefonici si sarebbe posto in contrasto il rigetto della domanda di addebito, determinata dalla mancanza di prova circa l’epoca in cui si sarebbe manifestata l’infedeltà coniugale della F..

Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile.

Ed infatti, quanto al primo motivo, occorre rilevare che la ragione della decisione della Corte di appello in ordine alla non addebitabilità alla F. della crisi irreversibile venutasi a creare tra i coniugi è stata focalizzata sulla circostanza che la detta crisi si sarebbe manifestata “intorno all’estate” del 2001 (in tal senso avrebbero deposto le stesse prospettazioni del marito”), mentre la prova dell’infedeltà coniugale sarebbe stata risalente al settembre dello stesso anno.

A fronte dunque di tale chiara indicazione risulta non pertinente il quesito di diritto formulato all’esito della trattazione del motivo di impugnazione, con il quale S. ha sollecitato questa Corte a stabilire se la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale sia elemento “sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, salvo che non emergano elementi tali da far ritenere provata la preesistente irreversibilità della crisi coniugale” (p. 12), e quindi a chiarire un punto che non è stato posto a base della decisione adottata.

In ordine al secondo motivo (che nel merito risulta per di più generico e viziato sul piano dell’autosufficienza, mancando le indicazioni relative alle modalità ed al contenuto delle richieste istruttorie) è poi sufficiente rilevare che lo stesso non è corredato nè del prescritto quesito di diritto, nè dell’indicazione del fatto controverso, circostanza questa che ne determina l’inammissibilità.

Il ricorso, conclusivamente, deve essere quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna S.G. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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