Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21170 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. I, 13/10/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 13/10/2011), n.21170

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29256-2005 proposto da:

OLEIFICIO MEDIO PIAVE S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso l’avvocato MANZI LUIGI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CACCIAVILLANI IVONE,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FONTANELLE (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO MASCAGNI 7,

presso l’avvocato FERRI FERDINANDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ZANCHETTIN MAURIZIO, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

contro

C.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 402/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ALBINI CARLO, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Treviso con sentenza del 6 settembre 2000 respinse la domanda avanzata dall’Oleificio Medio Piave s.p.a. di risarcimento del danno nei confronti del comune di Fontanelle che non aveva rilasciato la concessione edilizia richiesta per eseguire un indispensabile ampliamento del proprio edificio malgrado l’istanza di rigetto dell’amministrazione in data 1 luglio 1987 fosse stata impugnata davanti al TAR Veneto che con sentenza 932/1988 aveva annullato il diniego. Anche l’impugnazione della società richiedente è stata rigettata dalla Corte di appello di Venezia che con sentenza 13 marzo 2005 ha osservato: a) l’Oleificio era effettivamente titolare di un interesse legittimo leso dal comportamento omissivo della p.a. che anche dopo la decisione del TAR non aveva provveduto sulla sua richiesta di concessione edilizia; b) tuttavia il giudizio prognostico sulla possibilità di conseguirla correttamente compiuto dal Tribunale conduceva ad un risultato sfavorevole alla società perchè il Regolamento comunale poneva per la erezione del silos di 20 metri che la stessa intendeva realizzare un limite di altezza di 8 metri; c) la censura rivolta a sindacare la legittimità del regolamento laddove conteneva siffatta limitazione era nuova e quindi inammissibile.

Per la cassazione della sentenza, l’Oleificio ha proposto ricorso per tre motivi;cui resiste il comune di Fontanelle con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso che si articola in tre distinte censure la soc. Oleificio, deducendo violazione degli artt. 869 ed 873 cod. civ. censura la sentenza impugnata per aver confermato il rigetto della propria richiesta risarcitoria,senza considerare: a) la storica decisione 500/1999 delle Sezioni Unite che aveva ammesso la risarcibilità degli interessi legittimi lesi, nonchè la decisione favorevole del TAR Veneto dalle quali derivava l’illegittima limitazione apposta dal comune al suo ius aedificandi, malgrado nessun vincolo al riguardo era desumibile dagli strumenti urbanistici; b) che la prognosi compiuta sull’esito della richiesta di concessione si traduceva in una illegittima invasione dell’area di discrezionalità riservata alla p.a. e già compiuta dal giudice amministrativo; c) il contenuto di detto giudicato amministrativo che aveva riconosciuto in modo palese l’illegittimità del diniego:

invece sacrificato in base alla disamina del regolamento comunale e superato dalla valutazione compiuta dai giudici di merito sull’impossibilità del rilascio della concessione;la quale finiva per premiare la malafede della p.a. che non aveva provveduto sull’istanza,e con il privare essa ricorrente della facoltà di impugnarla, conclusivamente escludendo la maggior tutela attribuita dal nuovo corso giurisprudenziale conseguente alla menzionata decisione delle Sezioni Unite.

Il ricorso è infondato.

La società Oleificio ha mostrato di confondere la responsabilità della p.a. per ingiusta lesione di interessi legittimi ed aspettative,quale teorizzata dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla nota sentenza 500/1999 delle Sezioni Unite alla stregua dell’art. 2043 cod. civ. con la cd. la responsabilità dell’ente pubblico derivante dalla violazione degli obblighi sorti da un “contatto amministrativo qualificato” (tale cioè da ingenerare nel privato obiettivo affidamento): caratterizzata secondo la giurisprudenza (soprattutto amministrativa), da uno specifico dovere di comportamento nell’ambito di un rapporto che in virtù delle garanzie che assistono l’interlocutore dell’attività procedimentale, diviene specifico e differenziato; e ciò in base alla concezione che dall’inizio del procedimento l’interessato non è più semplice destinatario passivo dell’azione amministrativa ma anche il beneficiario di obblighi cui l’esercizio della funzione pubblica deve ispirarsi (imparzialità,correttezza,buona amministrazione). E che agli stessi corrispondono diversi interessi del privato,quali quelli di partecipare al procedimento,di vederlo concluso tempestivamente,di veder prese in esame le osservazioni e motivata la decisione che vanifica l’aspettativa e cosi via;i quali assumono un carattere del tutto autonomo rispetto all’interesse al bene della vita, riferendosi a fatti procedimentali,che a loro volta investono il bene della vita, rimasto tuttavia ai margini, come punto di riferimento storico (Cass. 7479/2007; 157/2003; Cons. St. 1945/2003). Nel caso, invece, l’Oleificio non ha invocato questa tipologia di responsabilità bensì il proprio ius aedificandi, nel caso rivolto all’ampliamento dell’impianto industriale di sua proprietà compromesso dall’illegittimo provvedimento di rigetto del comune 1 luglio 1937 della propria istanza di concessione edilizia; e non restaurato con il rilascio della stessa neppure dopo l’annullamento da parte del TAR del provvedimento di diniego suddetto per il riferimento ad interessi ambientali estranei alla valutazione devoluta all’amministrazione comunale.

Sennonchè proprio la giurisprudenza di legittimità invocata dalla ricorrente (e quella successiva assolutamente conforme) hanno al riguardo enunciato i seguenti principi: 1) deve qualificarsi come interesse legittimo (pretensivo) la posizione del privato che aspiri al rilascio della licenza edilizia; e tale posizione non muta la sua originaria consistenza anche nel caso in cui il provvedimento di diniego venga annullato, poichè l’eliminazione dell’atto negativo riproduce la situazione preesistente, suscettiva di evolversi in senso favorevole o sfavorevole in relazione all’esercizio del potere amministrativo di accogliere o disattendere le istanze di sviluppo della sfera giuridica dell’istante; 2) le violazioni delle norme procedimentali nella definizione delle istanze del privato non comportano, per ciò solo, l’affermazione della responsabilità per danni;ma intanto comportano l’illegittimità del provvedimento finale in quanto producano la lesione di interessi sostanziali alla tutela dei quali la disciplina del procedimento e del provvedimento è preordinata. Il che significa che il sistema di tutela degli interessi pretensivi – nelle ipotesi in cui si fa affidamento sulle statuizioni del giudice per la loro realizzazione – consente il passaggio a riparazioni per equivalente solo quando l’interesse pretensivo, incapace di trovare realizzazione con l’atto, in congiunzione con l’interesse pubblico, assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento che l’interessato dimostri per sè vantaggioso e suscettibile di realizzare il bene della vita richiesto.

Con questi principi, quindi, il nuovo corso,come già rilevato dalla sentenza impugnata, non ha introdotto affatto una. equazione in forza della quale il giudice ordinario tutte le volte in cui riscontri la presenza di una posizione di interesse legittimo in capo al privato, debba procedere automaticamente ed indiscriminatamente al risarcimento del danno che il privato assuma essergli stato provocato dalla P.A. in quanto la sussistenza di una situazione in tal senso qualificata è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., per la quale occorre anzitutto che l’interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento, ovvero da un comportamento illegittimo dell’amministrazione, e quindi, attraverso l’esplicazione illegittima e colpevole della funzione amministrativa. Ed è necessario altresì che l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione al bene della vita al quale l’interesse legittimo,secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto,effettivamente si collega,e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento (nel caso identificabile con il provvedimento di rilascio della richiesta concessione edilizia) (Cass. sez. un. 220 6/2005; Cons. St. Ad. plen. 7/2005): Ha avvertito, quindi, che la tecnica di accertamento della lesione suddetta varia a seconda della natura dell’interesse legittimo (Cass. 8097/2006;12455/2008) nel senso che, se l’interesse è oppositivo, occorre accertare se l’illegittima attività dell’Amministrazione abbia leso l’interesse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio; mentre, se l’interesse è pretensivo, concretandosi la sua lesione nel diniego o nella ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo, occorre valutare a mezzo di un giudizio prognostico, da condurre in base alla normativa di settore applicabile, la fondatezza o meno della richiesta di parte onde stabilire se la medesima fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un esito favorevole.

Proprio a questi principi si è attenuta la Corte di appello, la quale dato atto dell’annullamento da parte del giudice amministrativo del provvedimento di rigetto della istanza di concessione edilizia, ha per un verso rilevato che anche dopo la caducazione suddetta, la posizione dell’Oleificio restava di interesse legittimo pretensivo;

e: per altro verso che doveva eseguirsi la valutazione prognostica richiesta dalle Sezioni Unite non certamente per invadere l’area di discrezionalità riservata alla amministrazione comunale in ordine alla concessione del provvedimento,ma per stabilire se la ricorrente fosse titolare di una situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva, e cioè di una situazione che, secondo la disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole; e risultasse quindi giuridicamente protetta.

E poichè neppure l’Oleificio dubita della correttezza del risultato raggiunto dalla sentenza impugnata,che il provvedimento permissivo non poteva comunque essergli rilasciato,ostandovi il disposto dell’art. 156 del Regolamento edilizio comunale che pone la limitazione delle altezze per le costruzioni industriali a m. 8, a nulla rilevava l’omissione o l’inerzia dell’amministrazione comunale dopo la decisione del TAR,sicuramente illegittime:essendo decisiva la circostanza, che il bene della vita richiesto dalla società (rilascio della concessione) non era realizzabile perchè impedito dallo strumento urbanistico comunale. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’Oleificio al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del comune di Fontanelle in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorario di difesa,oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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