Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2117 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2117 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 9178-2007 proposto da:
ZACCARIA

ALCESTE

(c.f.

ZOCLST22H30I018Z),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO
CHINOTTO l, presso l’avvocato PRINZI PASQUALE, che

Data pubblicazione: 31/01/2014

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CARAGNANO FRANCESCO, giusta procura a margine del
2013

ricorso;
– ricorrente –

1811
contro

COMUNE DI MASSAFRA (C.F. 8009410731), in persona del

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Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE CARSO 34, presso l’avvocato CIAURRO
ANTONIO, rappresentato e difeso dagli avvocati
DONVITO VITO TOMMASO, ANGIULLI NICOLA, giusta
procura a margine del controricorso;

– controricorrente contro

CARDONE ROSA, CARDONE LAURA;
– intimate –

avverso la sentenza n. 146/2006 della CORTE
D’APPELLO DI LECCE – SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO,
depositata il 15/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato CARAGNANO
FRANCESCO che si riporta;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato DONVITO
VITO TOMMASO che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il

047

rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
La Corte di appello di Lecce, sez. dist. Taranto, con
sentenza 15 maggio 2006, in accoglimento del gravame del
Comune di Massafra avverso l’impugnata sentenza del
Tribunale di Taranto, ha rigettato la domanda proposta dal

sig. Zaccaria Alceste che aveva chiesto il risarcimento del
danno da occupazione appropriativa di una superficie di
terreno (acquistata nel 1973 dai venditori sig.ri Cardone
Giuseppe e Rosa) facente parte di una più vasta area,
occupata d’urgenza dallo Iacp (in nome e per conto del
Comune di Massafra, a ciò autorizzato dalla Regione Puglia
con decreto 5 marzo 1975) ed espropriata con decreto del 20
settembre 1983. Il suddetto decreto, ad avviso della corte,
era stato emesso quando l’occupazione d’urgenza era già
divenuta illegittima, essendo il termine di cinque anni per
l’esecuzione dei lavori e il compimento della procedura
espropriativa scaduto in data 30 aprile 1980. La corte ha
ritenuto che la vicenda non potesse qualificarsi come
occupazione usurpativa per il fatto che il decreto di
occupazione legittima fosse stato notificato soltanto ai
proprietari catastali (sig.ri Cardone) e non al sig.
Zaccaria (che ne aveva acquistato una parte), ma come
occupazione acquisitiva per effetto dell’irreversibile
trasformazione del terreno (utilizzato per la costruzione
di case di edilizia convenzionata) intervenuta nell’aprile
3

1980, con conseguente inefficacia del decreto di esproprio
del 1983. Pertanto, poiché l’atto introduttivo del giudizio
era stato notificato il 20 dicembre 1991, era decorso il
termine quinquennale di prescrizione per l’azione
risarcitoria.

Avverso questa sentenza il sig. Zaccaria ricorre per
cassazione a mezzo di due motivi, cui resiste il Comune di
Massafra il quale ha presentato memoria illustrativa, a
norma dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Nel primo motivo, per violazione degli artt. 27, 50, 51
della legge n. 2359 del 1865 e 2935 c.c. e falsa
applicazione degli artt. 10 e 13 della legge n. 865 del
1971, il ricorrente formula tre quesiti di diritto nei
quali chiede a questa Corte di stabilire che la notifica
del decreto di esproprio ai precedenti proprietari del
terreno occupato, a nome dei quali questo era ancora
accatastato, anziché al nuovo proprietario che l’aveva
acquistato, obblighi l’Amministrazione al risarcimento dei
danni subiti dall’effettivo proprietario in misura
corrispondente al valore del bene; che, in tal caso, la
domanda di pagamento dell’indennità di esproprio sia
proponibile in qualsiasi momento e che il diritto a
percepire l’indennità di esproprio nasca nel momento in cui
è emesso il relativo decreto di esproprio.
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Il motivo è infondato poiché non coglie la

ratio della

sentenza impugnata e introduce temi non rilevanti ai fini
decisori né trattati nel giudizio di merito. Questo ha
avuto ad oggetto la domanda di risarcimento danni da
occupazione acquisitiva, sul presupposto che il terreno

fosse stato irreversibilmente trasformato durante il
periodo di occupazione legittima (nel mese di aprile 1980)
ma prima dell’emissione del decreto di esproprio (settembre
1983), con conseguente inefficace di quest’ultimo,
conformemente alla giurisprudenza di legittimità (tra le
altre Cass. n. 16162/2007). La domanda è stata in tal modo
correttamente interpretata dalla corte del merito, sebbene
(come si vedrà) erroneamente decisa nel merito per una
ragione diversa da quella supposta dal ricorrente nel
motivo in esame, cioè per intervenuta prescrizione del
diritto al risarcimento del danno da illecita occupazione
acquisitiva e non già del diritto all’indennità di
esproprio in correlazione con i termini del relativo
procedimento (cui si riferiscono le doglianze sopra
esposte).
Nel secondo motivo, per violazione dell’art. 2944 c.c. e
vizio di motivazione, il ricorrente deduce l’interruzione
della prescrizione per effetto di due deliberazioni (in
data 19 dicembre 1988 n. 1894 e 8 gennaio 1991 n. 3) con
cui il Comune di Massafra, liquidando le indennità di
esproprio in sede transattiva a favore dei precedenti
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proprietari (sig.ri Cardone), avrebbe inteso riconoscere il
debito anche nei confronti del sig. Zaccaria che aveva
acquistato parte di quei terreni. Il Comune
controricorrente ha replicato che si tratterebbe di un tema
difensivo nuovo che non sarebbe possibile introdurre in

sede di legittimità, anche perché la novità era stata
eccepita nel giudizio di appello.
Il motivo è fondato.
Nella fattispecie, il Comune di Massafra ha eccepito la
prescrizione sul presupposto che il

dies a quo decorresse

dal 30 aprile 1980, cioè da una data anteriore a quella di
entrata in vigore della legge n. 458 del 1988; la
controparte, deducendo l’esistenza di atti ricognitivi con
effetti interruttivi, ha implicitamente invocato una più
favorevole decorrenza del termine, al fine di escludere
l’operatività dell’effetto costitutivo dell’eccezione di
prescrizione. I giudici del merito hanno aderito alla tesi
del Comune.
Nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass., sez. un.,
n. 10955/2002) è costante l’affermazione che la riserva
alla parte del potere di sollevare l’eccezione di
prescrizione implica che ad essa sia fatto onere soltanto
di allegare l’elemento costitutivo di essa (cioè l’inerzia
del titolare del diritto azionato in giudizio) e di
manifestare la volontà di profittare del relativo effetto,
non anche di indicare direttamente o indirettamente le
6

norme applicabili al caso di specie (anche concernenti la
durata dell’inerzia), l’identificazione delle quali spetta
al potere-dovere del giudice; è stato anche chiarito che
l’eccezione di interruzione della prescrizione integra
un’eccezione in senso lato, che può essere rilevata

d’ufficio dal giudice (anche per la prima volta in appello:
v. Cass. n. 25213/2009, n. 12401/2008) sulla base di
elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (v.
Cass., sez. un., n. 15661/2005).
Conseguenza di tale impostazione concettuale è che la
determinazione della durata della prescrizione che è
oggetto di eccezione di parte, sebbene necessaria per il
verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una
quaestio iuris

concernente l’identificazione del diritto

stesso e del regime prescrizionale legale. A tale questione
appartiene anche l’individuazione della decorrenza, cioè
del

dies a quo

della prescrizione, come si desume

indirettamente dalla constatazione che nell’eccezione (in
senso lato) di interruzione è compresa l’invocazione di una

ígyz22

diversa e più favorevole decorrenza che sia idonea a
paralizzare l’eccezione di prescrizione.
Poiché la questione della durata e, quindi, della
decorrenza della prescrizione costituisce una

quaestio

iuris di cui il giudice di legittimità è stato investito
nel motivo in esame, essa va risolta ribadendo il principio
secondo cui è a partire dalla data di entrata in vigore
7

della citata legge del 1988 che deve farsi decorrere la
prescrizione del diritto al risarcimento del danno da
occupazione acquisitiva insorto in epoca anteriore, dovendo
la decorrenza della prescrizione essere riferita, ai sensi
dell’art. 2935 c.c., alla possibilità legale di esercizio

del diritto, requisito che non può ritenersi soddisfatto in
una situazione, come quella anteriore alla legge citata,
caratterizzata dalla mancanza di un riconoscimento
legislativo e giurisprudenziale dell’istituto
dell’occupazione appropriativa, e non potendo
conseguentemente porsi a carico del proprietario le
conseguenze del mancato esercizio del diritto al
risarcimento del danno (Cass. n. 7583 e 21333/2013, n.
9620/2010). La corte territoriale, se avesse fatto
applicazione di questo principio, si sarebbe accorta che la
prescrizione non era decorsa alla data della domanda
giudiziale (dicembre 1991), senza necessità di valutare
l’esistenza di atti interruttivi.
In conclusione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio
alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione,
che dovrà giudicare nel merito della domanda di
risarcimento del danno proposta dal ricorrente, nonché
liquidare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del secondo motivo, rigettato il
primo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di
8

appello di Lecce, in diversa composizione, cui demanda la
liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Roma, 26 novembre 2013.

. est.

1,1 co

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