Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2117 del 29/01/2021

Cassazione civile sez. II, 29/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 29/01/2021), n.2117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15508-2019 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DE

SANCTIS, 15, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il

08/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere ORICCHIO ANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Il Ministero della Giustizia ha impugnato, con ricorso fondato su un unico articolato motivo, il decreto n. 3549/2016 della Corte di Appello di Perugia.

Il ricorso è resistito dall’intimato C.M. con controricorso.

Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

Il decreto impugnato, in accoglimento della azione proposta dal C. della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, accoglieva la domanda di equa riparazione formulata dall’odierno ricorrente in relazione alla non ragionevole durata del giudizio, di cui in atti, instaurato innanzi al Tribunale di Roma nel 1996 e definito con sentenza di questa Corte del 2013 (con una durata, quindi, di anni 17 e tre mesi).

In relazione a tale durata la Corte perugina, ritenuta una durata non ragionevole del giudizio assommante ad anni 10 e mesi quattro (e un danno “in re ipsa” comprovato ai sensi di S.C. S.U. n. 1338/2004), liquidava la somma di Euro 5.166,00.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. – Con il complesso motivo del ricorso l’Amministrazione ricorrente svolge doglianze tese tutte ad escludere la possibilità della valutazione della irragionevole durata del giudizio a quo in dipendenza del fatto, eccepito, che il giudizio per cui è controversia si era già estinto per mancata rituale e tempestiva riassunzione.

L’eccezione trae origine dalla circostanza che, dopo l’interruzione del processo per sospensione del difensore del ricorrente dall’esercizio della professione forense, la riassunzione sarebbe avvenuta tardivamente, oltre i previsti tre mesi, con conseguente decorrenza del termine.

Viene, quindi, svolta dalla parte ricorrente censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con eccezione di nullità del decreto impugnato per violazione degli artt. 112 e 305 c.p.c., nonchè per omesso esame dell’eccezione di estinzione del giudizio.

Il motivo non può essere accolto con riguardo ad entrambe le sollevate doglianze.

La eventuale erronea decisione di non ritenere estinto il giudizio di equa riparazione, per effetto della relativa sollevata eccezione, non può certo costituire un omesso esame (trattasi, invero, dell’oggetto stesso della valutazione del Giudice del merito comprensiva del non accoglimento dell’eccezione, non certo di dato o fatto storico omesso nella valutazione).

Peraltro l’eccezione di pretesa intervenuta estinzione era stata disattesa contestualmente all’accoglimento della domanda.

Al riguardo è stato correttamente evidenziato, nel provvedimento gravato che “il Sig. C.M. si costituiva i giudizio” con ricorso ex art. 302 c.p.c., depositato il 29/9/2014, dopo il provvedimento – in data 2/5/2014-della Corte d’Appello dichiarativo della anzidetta sospensione del difensore.

Senonchè nella particolare fattispecie il C. si (ri)costituiva in giudizio con patrocinio di altri difensori differenti dal quello sospeso.

Orbene, poichè il termine per la riassunzione (anche a coler concederne l’applicazione della riassunzione a mezzo di altro difensore) decorreva non già dal provvedimento declaratorio della Corte territoriale, ma dalla fine del periodo di sospensione del primo difensore, era da tale che andava correttamente rapportata l’eccepita estinzione del giudizio di equa riparazione.

Parte ricorrente non risulta aver debitamente allegato o prospettato quale era il momento da cui (terminata la detta sospensione) decorreva esattamente il periodo temporale idoneo a far eventualmente configurare la mancata tempestiva riassunzione e, quindi, l’eccepita estinzione.

Per tale solo aspetto il motivo prospettato, in quanto carente rispetto al noto obbligo di autosufficiente allegazione, non è ammissibile.

Inoltre, ancora, la non configurabilità di una costituzione – anche oltre i termini di legge- a mezzo di difensore differente da quello sospeso implicherebbe altra ragione di inammissibilità in riferimento ad una serie di rilevanti aspetti (effettiva conoscenza da parte del difeso della succitata sospensione; eventuale tempestiva comunicazione della sospensione e della sua durata da parte del difensore) del tutto elusi in ricorso.

Il motivo va, dunque, ritenuto -nel suo complesso-inammissibile.

2. – Il ricorso deve essere rigettato.

3. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 1.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2021

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