Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21168 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/08/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 07/08/2019), n.21168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22611-2018 R.G. proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONIO ORLANDO;

– ricorrente –

contro

PR.CR., P.M., P.V., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, rappresentati e difesi

dall’avvocato STANISLAO GIAMMARINO;

– resistenti –

contro

RO.AM., M.I., C.C.;

– intimati –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 297/2018 della

CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 05/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ORICCHIO

ANTONIO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE IGNAZIO, che chiede

alla Corte di dichiarare il ricorso inammissibile.

Fatto

RILEVATO

che:

è stato proposto da R.A. ricorso per regolamento di competenza avverso la sentenza parziale n. 2897/2018 della Corte di Appello di Salerno;

Deve, per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale pronunciava nel giudizio introdotto da P.M. (e proseguito dai suoi eredi) che svolgeva domande restituzione qualificate come di rivendicazione della proprietà nei confronti di plurimi soggetti occupanti singoli lotti di una più ampia estensione di terreno acquistata dall’originario attore dai germani D.V..

Il giudizio era, in primo grado, definito con sentenza n. 845/2013 del Tribunale di Salerno che accoglieva -con varie statuizioni nei confronti delle numerose parti in causa – le domande proposte.

Con memoria ex art. 47 c.p.c., comma 5, Pr.Cr. ed a. resistono al ricorso proposto dal R. e, fra l’altro, ne eccepiscono la nullità e l’inammissibilità “per mancanza di firma digitale dell’atto notificato a mezzo p.e.c. e della relativa procura alle liti”.

Il P.G., nel rassegnare le succitate conclusioni, ha specificamente rimarcato come “l’atto risulta, pur nella sua desolante brevità, una accozzaglia di argomenti esposti alla rinfusa”.

Parte ricorrente ha, da ultimo, depositato istanza di riunione ad altri proposti regolamenti di giurisdizione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Deve, innanzitutto, disattendersi la suddetta proposta istanza di riunione.

Tanto in quanto non si verte in tema di questioni che interferiscono con la decisione odierna.

2. – La dedotta inammissibilità per mancanza di firma deve anch’essa essere disattesa in quanto la forma risulta comunque apposta sulla procura in calce al proposto ricorso.

3. – Le doglianze, pur confusamente esposte dal ricorrente, non possono essere accolte, nè comportare la fondatezza dell’stanza di regolamento di competenza di cui al ricorso qui in esame.

Infatti parte ricorrente si duole del fatto che, nel giudizio per cui è oggi regolamento, ricorreva una ipotesi di competenza della Sezione Agraria del Tribunale di Salerno.

Senonchè dalle decisione gravata risulta l’affermazione di una competenza territoriale e per materia.

La decisione, inoltre, pronuncia anche nel merito della controversia e, come tale, non può essere gravata con regolamento di competenza.

Inoltre parte ricorrente omette del tutto, in dispregio del noto onere di autosufficienza su di essa incombente (ex plurimi: Cass. S.U. 2 dicembre 2008, n. 28547), di indicare dove ed in quel fase del giudizio aveva – eventualmente – posto la questione di incompetenza per materia cui oggi fa riferimento e che, pertanto, non può che ritenersi nuova (Cass. n. 7981/2007 e n. 17041/2013).

Al di là di tali specifici motivi di inammissibilità, il ricorso si espone – altresì e nel suo complesso, come rilevato da P.G. – al rilievo di una sostanziale carenza dei contenuti previsti, a pena, di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c. (Cass. n.ri 1926/2015, S.U. 17931/2013 e 20910/2017).

4. – Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile.

5. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come da dispositivo.

6. – Stante – allo stato la risultante ammissione al gratuito patrocinio in favore del ricorrente non sono sussistenti i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.700,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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