Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21165 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 07/08/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 07/08/2019), n.21165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23168-2014 proposto da:

D.A., I.M.S.,

P.P.M., D.G., elettivamente domiciliate in ROMA, CORSO

D’ITALIA 102, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PASQUALE

MOSCA, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7294/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/10/2013 R.G.N. 278/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2019 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato ENRICA DUMONTEL per delega verbale Avvocato GIOVANNI

PASQUALE MOSCA.

Fatto

Fatti di causa

1. Il Tribunale di Roma aveva dichiarato l’inammissibilità delle domande proposte dalle odierne ricorrenti nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, volte alla condanna di quest’ultimo al pagamento delle differenze retributive correlate all’accertamento giudiziale contenuto nelle sentenze passate in giudicato nn. 10714 e 10717 del 2006 pronunciate dal Tribunale di Roma.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato nel merito tali domande.

3. La Corte territoriale ha osservato che le sentenze poste a base delle rivendicazioni azionate con il ricorso introduttivo del giudizio avevano affermato il diritto delle odierne ricorrenti all’equiparazione del loro trattamento economico a quello dei dipendenti dell’ex ruolo ad esaurimento ma non avevano indicato a quale dei due profili del ruolo ad esaurimento – ispettori generali o direttori di divisione – il trattamento economico dovesse essere equiparato.

4. Rilevato che il Ministero, in ottemperanza ai giudicati, aveva provveduto al pagamento delle differenze retributive calcolandole con riferimento al trattamento economico dei direttori di divisione, la Corte territoriale ha ritenuto che nel ricorso introduttivo del giudizio non erano stati indicati gli elementi di fatto posti a base della rivendicazione relativa al trattamento retributivo proprio degli ispettori generali.

5. La Corte territoriale ha precisato che le lavoratrici si erano limitate a domandare il pagamento delle differenze retributive ed ha aggiunto che siffatta carenza allegatoria non consentiva di dare ingresso alla prova documentale e testimoniale.

6. Avverso questa sentenza le ricorrenti indicate in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c.

8. Addebitano alla Corte territoriale di avere violato il giudicato costituito dalle sentenze 10714 e 10717 del 2006 e sostengono che esso era costituito dal riconoscimento della “sussistenza in concreto della identità e comunque della non inferiorità delle mansioni svolte dal personale C3 (e quindi dalle ricorrenti) rispetto al personale del ruolo ad esaurimento (direttore di divisione e ispettore generale) nel suo complesso e dunque rispetto non al solo direttore di divisione ma anche all’ispettore generale”.

9. Sostengono che la parificazione al più basso livello (direttore di divisione) applicata dall’Amministrazione “manterrebbe in danno di esse ricorrenti quella stessa ingiustificata, irrazionale e, quindi, illegittima disparità di trattamento nei confronti dell’ispettore generale, qualifica pure del soppresso ruolo ad esaurimento, che le sentenze nn. 10714 e 10717 del 2006 hanno, invece, sanzionato, dichiarato ed eliminato”.

10. Assumono che gli elementi di fatto necessari per procedere all’equiparazione economica richiesta con la corretta quantificazione delle somme spettanti ad esse ricorrenti erano contenuti nelle sentenze poste a base delle domande azionate con il ricorso introduttivo del giudizio, domande che non “potevano essere portate per la seconda volta alla delibazione del Giudice”.

11. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. “corrispondenza tra il chiesto e pronunciato”.

12. Imputano alla Corte territoriale di avere omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa alla valutazione, ai fini economici, dell’intera anzianità di servizio maturata da esse ricorrenti e deducono di avere censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciarsi su tale domanda.

13. Asseriscono che tale valutazione ha incidenza sulla determinazione del trattamento retributivo dovuto sia che l’equiparazione sia fatta con riguardo alla qualifica di direttore di divisione sia con riguardo a quella di ispettore generale.

14. Il primo motivo è infondato.

15. Va ribadito il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui l’interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione (Cass. n. 769 del 16/01/2014; Cass. n. 24749 del 20/11/2014).

16. Tanto precisato, va rilevato che il contenuto delle sentenze costituenti giudicato è riportato ampiamente nel ricorso, nel quale risulta specificata la sede di produzione processuale dei giudicati azionati dalle ricorrenti e anche trascritti sia il dispositivo che la motivazione.

17. Ebbene, il dispositivo delle sentenze costituenti giudicato (riprodotto a pg. 4 del ricorso) statuisce in modo chiaro ed inequivoco il “diritto dei ricorrenti tutti all’equiparazione del loro trattamento stipendiale a quello attribuito al personale del ruolo a esaurimento e altresì il diritto degli stessi ricorrenti agli incrementi stipendiali previsti per il personale del soppresso ruolo ad esaurimento dalle tabelle A, B, C,D, del ccnl Comparto Ministeri Quadriennio economico 2002-2005 e biennio economico 2002-2003”.

18. Nel dispositivo, inoltre, è stata pronunciata condanna dell’ente convenuto “a corrispondere ai ricorrenti le differenze retributive e gli incrementi stipendiali tra il personale C3 e i ruoli ad esaurimento, a far tempo dalla data di decorrenza giuridica dell’inquadramento dei medesimi nell’area funzionale C, posizione economica C3 (e quindi dal 1.1.2002) con gli interessi come per legge dalla data di maturazione dei singoli crediti”.

19. Dalle statuizioni innanzi richiamate, diversamente da quanto opinano le ricorrenti, non emerge affatto che era stato affermato il diritto delle medesime al trattamento economico proprio degli ispettori generali.

20. La motivazione delle sentenze trascorse in giudicato (riportata da pg. 7 ultimo capoverso a pg. 9 secondo capoverso) risulta coerente con il “decisum”, posto che le argomentazioni motivazionali non contengono nessun riferimento allo specifico trattamento proprio degli ispettori generali cui le ricorrenti aspirano.

21. Non è, pertanto, ravvisabile alcuna violazione del giudicato portato dalle sentenze azionate con il ricorso di primo grado, domande che la Corte territoriale, come innanzi evidenziato, ha rigettato sul rilievo dell’assoluta carenza allegatoria in ordine agli elementi idonei a far ritenere sussistente il diritto alla equiparazione al trattamento economico degli ispettori generali e a dare ingresso alla prova testimoniale e documentale richiesta.

22. Il secondo motivo è inammissibile.

23. La censura è formulata senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, che impongono alla parte ricorrente, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un error in procedendo, ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, nelle parti salienti e rilevanti, ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010), sicchè non è sufficiente un generico richiamo al fascicolo di parte o d’ufficio, occorrendo, invece, che alla Corte vengano fornite tutte le indicazioni necessarie per l’immediato reperimento dell’atto.

24. Nella fattispecie in esame le ricorrenti si sono limitate a richiamare l’atto di appello, riportandone alcuni passi, ma non lo hanno allegato al ricorso, e non ne hanno indicato la specifica sede di produzione processuale, senza che possa attribuirsi rilievo al fatto che nell’indice si indicano genericamente come allegati i fascicoli di “precedenti gradi”.

25. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso deve essere rigettato.

26. Le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza.

27. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Condanna le ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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