Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21163 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. I, 02/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

B.D., rappr. e dif. dall’avv. Francesco Roppo,

francesco.roppo-ordineavvocatiforlicesena.eu, elett. dom. presso il

suo studio in Forlì, viale Matteotti n. 105, come da procura

spillata in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Bologna 7.11.2018, n. 4156/2018,

in R.G. 16829/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro, alla camera di consiglio del 23.9.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. B.D. impugna il decreto Trib. Bologna 7.11.2018, n. 4156/2018, in R.G. 16829/2017 di rigetto dell’impugnazione interposta avverso la decisione con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ne aveva respinto la domanda, avanzata per le tre forme di tutela;

2. il tribunale, anche dopo aver sentito di persona il richiedente, ha ritenuto: a) condivisibile la valutazione di genericità e non credibilità delle dichiarazioni rese, essendo mancato il ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, per il riferimento ad un diverbio con appartenente ad una setta ((OMISSIS)) ed al conseguente timore che la dedotta aggressione potesse ripetersi ed aggravarsi, senza che peraltro dalle fonti consultate siano emersi atti di prevaricazione rilevanti a quella organizzazione imputabili; b) insussistenti in ogni caso, anche in astratto, le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non avendo il ricorrente subito minacce ed essendo dipesa la scelta di fuggire (il giorno dopo l’episodio) da un timore presunto e senza alcuna richiesta di tutela rivolta alle autorità della (OMISSIS), genericamente giustificando l’omissione; c) insussistente un conflitto armato nella specifica regione di provenienza ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); d) non dimostrata una specifica situazione soggettiva tale da giustificare la protezione umanitaria, non ricorrendo le tipiche situazioni di vulnerabilità, nè apparendo sufficienti l’occupazione a tempo in agricoltura e le attività svolte nel contesto del sistema di accoglienza;

3. il ricorrente propone due motivi di ricorso. Il ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si lamenta, in violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 oltre che come vizio di motivazione, l’erroneità del giudizio sulla credibilità del richiedente;

2. con il secondo mezzo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 10 Cost., oltre che come vizio di motivazione, quanto all’erroneo diniego della protezione umanitaria;

3. il primo motivo è inammissibile, alla luce del principio per cui “la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito” (Cass. 3340/2019); sul punto, il decreto ha dato conto delle ragioni di ritenuta genericità ed assenza di dettaglio del narrato, così anche negando – ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a) e rispettando le regole procedimentali ivi dettate – l’assolvimento da parte del richiedente del ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; nè può ascriversi ad errore della motivazione, nella cui critica in sostanza si è risolta la censura, la selezione degli elementi istruttori corroboranti il finale giudizio di non credibilità, laddove con chiarezza indicati;

4. in ogni caso, il motivo è inammissibile anche per il secondo profilo, appena tratteggiato con richiamo a fonti sulle società segrete in (OMISSIS) di data anteriore a quelle consultate e sviluppate dal tribunale e senza che l’abstract da essa tratto assuma valenza decisiva rispetto al versante residuale che può sopravvivere, al più, al giudizio di non credibilità e cioè la esposizione a rischio grave della singola persona per il solo fatto di trovarsi in zona di conflitto armato (Cass. 18306/2019);

5. il secondo motivo è inammissibile, non apparendo scalfita da idonea censura la motivazione con cui il primo giudice, escludendo l’appartenenza del ricorrente a categorie soggettive di apprezzabile esposizione a vulnerabilità, ha giudicato insufficiente la relativa ampiezza, in carenza della qualità dei titoli di relazione sociale, culturale, linguistica, abitativa e dunque della pluralità di indici di interazione comunitaria;

6. appare così rispettato nella decisione il principio, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), per cui “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; l’indirizzo è stato ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo nella specie difetto i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità del ricorrente, negata dal decreto, che ha escluso, per la insufficienza e genericità dei richiami offerti, la rilevanza più specifica di altri fattori; questi ultimi non hanno trovato alcun richiamo rituale e oppositivo nemmeno nel ricorso, tale non potendosi apprezzare nè il generico rinvio ad un quadro di limitazione dei diritti fondamentali nel Paese d’origine senza alcuna individualizzazione provata con riguardo alla vicenda dell’espatrio, nè l’altrettale generico richiamo all’integrazione sociale nel Paese d’arrivo, specificamente ritenuta insufficiente dal tribunale, poichè sostanzialmente coincidente con attività allestite dalla struttura d’accoglienza e precario il lato occupazionale; si tratta di prospettazione tanto più necessaria a fronte della perentoria valutazione d’irrilevanza operata dal giudice di merito, anche in relazione con la non credibilità del narrato (Cass. 2682/2020); si può allora aggiungere che l’odierna censura è inammissibile per genericità e perchè si risolve in un vizio di motivazione, oltre però il limite del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020); nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione su assenza di attività difensiva del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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