Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21162 del 23/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2021, (ud. 08/03/2021, dep. 23/07/2021), n.21162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17307 del ruolo generale dell’anno 2014

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente e controricorrente incidentale –

contro

Cooperativa Elettromeccanica Sud Società Cooperativa – CEMS Soc.

Coop., (di seguito CEMS s.r.l.), in persona del legale

rappresentante, rappresentata e difesa, per procura speciale a

margine del controricorso, dall’Avv. Michele Di Fiore, elettivamente

domiciliata in Roma, via Banco di S. Spirito, n. 42, presso Gnosis

Forense s.r.l.;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, n. 159/34/2013, depositata in data 3

luglio 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 8

marzo 2021 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a CEMS s.r.l. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno 2003, aveva rettificato l’Iva dovuta per i lavori eseguiti dalla società in quanto non poteva applicarsi l’aliquota agevolata, trattandosi di interventi di manutenzione straordinaria non realizzati su edifici di edilizia residenziale pubblici; avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accertato che si trattava, invece, di interventi di risanamento conservativo per i quali era applicabile l’aliquota agevolata; l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la società aveva resistito;

la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che le opere eseguite, consistenti in forniture e prestazioni riguardanti l’ammodernamento e la ristrutturazione parziale del sistema elettrico di alimentazione nonché in opere edili ed impiantistiche per l’ammodernamento e l’adeguamento delle cabine elettriche, non potevano essere ricondotte nell’ambito dei lavori di manutenzione straordinaria, con conseguente corretta applicabilità dell’aliquota agevolata;

l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a un unico motivo, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito la società depositando controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 1, comma 11, che ha inserito al D.P.R. n. 633 del 1972, il n. 127, duodecies, tab. A, parte III, nonché della L. n. 457 del 1978, art. 31, per essersi limitata, in primo luogo, ad escludere che gli interventi realizzati dalla contribuente potessero essere qualificati quali lavori straordinari, senza, tuttavia, verificare se sussistessero tutti i presupposti previsti dalla disposizione agevolativa in esame, nonché, in secondo luogo, per non avere escluso che i suddetti lavori potessero essere qualificati quali lavori di intervento straordinario;

il motivo è infondato;

con riferimento alla prima ragione di censura, va osservato che la stessa non tiene conto della ratio decidendi della pronuncia;

il giudice del gravame, invero, dopo avere dato conto del contenuto della sentenza di primo grado, in particolare del fatto che il ricorso della contribuente era fondato in quanto gli interventi effettuati rientravano nella tipologia del risanamento conservativo, ha preso in considerazione la ragione di doglianza dell’Agenzia delle entrate che, invero, aveva ritenuto di ricondurre l’attività svolta nell’ambito degli interventi di straordinaria amministrazione, con conseguente non sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’Iva agevolata, non essendo stati i lavori eseguiti su edifici di edilizia residenziale pubblica, come invece richiesto dal D.P.R. n. 633 del 1972, allegata Tab A/III, n. 127, duodecies;

proprio in relazione, dunque, a tale ragione di doglianza si è espresso il giudice del gravame che, ponendo a presupposto l’elemento caratterizzante l’attività di manutenzione straordinaria di un impianto elettrico nel fatto che essa consiste in interventi di rinnovamento o sostituzione di sue parti, senza modificare in modo sostanziale le sue prestazioni e senza, soprattutto, comportare la realizzazione di un nuovo impianto, ha ritenuto che i lavori in esame non potessero essere ricondotti nell’ambito della suddetto tipologia di lavori;

va quindi osservato che non correttamente parte ricorrente ritiene che il giudice del gravame ha limitato l’accertamento al solo fine di escludere che i lavori potessero rientrare nell’ambito della manutenzione straordinaria, senza, tuttavia, verificare se sussistessero comunque i presupposti per il riconoscimento del diritto all’agevolazione;

invero, nell’escludere che i lavori avessero natura di straordinaria amministrazione, come postulato dall’Agenzia delle entrate, il giudice del gravame ha ricondotto la fattispecie nell’ambito dei lavori di risanamento conservativo, secondo quanto già accertato dal giudice di primo grado, sicché, in tal modo, ha riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento del diritto all’agevolazione di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 31 (ora L. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3);

con riferimento, poi, all’ulteriore profilo di censura, relativo al fatto che il giudice del gravame non avrebbe escluso che i suddetti lavori potessero essere qualificati quali lavori di manutenzione straordinaria, parte ricorrente fonda la ragione di censura sul fatto che, in primo luogo, il bando di gara qualificava i lavori da svolgere come interventi di manutenzione straordinaria e, inoltre, sulla circostanza che, mentre gli interventi di restauro o di ristrutturazione comportano, come risultato finale, un bene ontologicamente e qualitativa mente diverso da quello precedente, i lavori di manutenzione straordinaria non comportano una modificazione ontologica di risultato rispetto a quanto preesisteva;

l’impostazione di fondo della ragione di censura in esame non è corretta;

in primo luogo, quel che rileva è la concreta valutazione della attività svolta come compiuta dal giudice del gravame, e, sotto tale profilo, questi ha operato una riconduzione della fattispecie concreta nell’ambito del paradigma astratto delle previsioni normative di riferimento, escludendo che i lavori avessero natura di straordinaria manutenzione, atteso che gli stessi comportavano la realizzazione di un nuovo impianto o una trasformazione o ampliamento di quello preesistente, riconducendo, in sostanza, i lavori nell’ambito dell’attività di risanamento conservativo;

in secondo luogo, non correttamente parte ricorrente assimila l’ipotesi del restauro o della ristrutturazione al fine di fondare la non corretta qualificazione della fattispecie concreta compiuta dal giudice del gravame;

in realtà, è stato precisato (Cons. di Stato, 26 dicembre 2020, n. 8337) che la L. n. 457 del 1978, recante “Norme per l’edilizia residenziale” distingue tra il restauro o il risanamento conservativo (art. 31, lett. c) dalla ristrutturazione (art. 31, lett. d) con riferimento alla possibilità, solo per quest’ultima, che “l’insieme sistematico di opere” che può costituire l’essenza di entrambi sfoci in “un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”; tali elementi di potenziale differenziazione dal fabbricato originario sono stati dal legislatore precisati meglio nel prosieguo con l’indicazione dei singoli fattori mutabili, quali la sagoma, o i volumi, o l’area di sedime, ovvero la destinazione d’uso; il restauro e risanamento conservativo, invece, non possono mai portare a ridetto “organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente”, avendo sempre la finalità di “conservare l’organismo edilizio” ovvero di “assicurarne la funzionalità” (cfr. ancora L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. c), traslato testualmente nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. c)); in realtà, la valutazione del giudice del gravame è stata compiuta tenendo conto del fatto che i lavori non potevano essere qualificati come di manutenzione straordinaria, basati sulla non modificabilità delle prestazioni dell’impianto elettrico, posto che non erano limitati ad un mero rifacimento dell’impianto elettrico preesistente, ma ad interventi innovativi del medesimo impianto;

sotto tale profilo, correttamente ha ricondotto la fattispecie nell’ambito dell’attività di risanamento conservativo, avendo gli interventi innovativi finalità conservativa e di migliore funzionalità dell’edificio;

il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto dalla controricorrente; ne consegue il rigetto del ricorso principale, e l’assorbimento di quello incidentale, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente che si liquidano in complessive Euro 7.000,00 oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento, Euro 200,00 quali spese vive, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

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