Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21160 del 19/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 19/10/2016, (ud. 08/09/2016, dep. 19/10/2016), n.21160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22026-2011 proposto da:

P.F., P.L., P.M., tutti nq

di eredi della madre C.G., elettivamente domiciliati in

ROMA CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 1, presso lo studio dell’avvocato

SALVATORE SGABELLO, rappresentati e difesi dall’avvocato RAFFAELE

LOPES giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI RIONERO IN VULTURE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 25/2011 della COMM.TRIB.REG. di POTENZA,

depositata il 27/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/09/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato DARDES per delega dell’Avvocato

LOPES che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

P.F. e M., in qualità di eredi di C.G. ved. P., propongono quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 25/3/11 del 27 gennaio 2011, con la quale la commissione tributaria regionale di Potenza, a conferma della prima decisione, ha affermato la legittimità dell’avviso di accertamento notificato dal Comune di Rionero in Vulture per omesso versamento dell’Ici 2004 su alcuni terreni in proprietà della contribuente (iscritti in catasto al fg.(OMISSIS), particelle (OMISSIS)).

Ha ritenuto la commissione tributaria regionale, in particolare, che l’imposta in oggetto fosse dovuta nonostante la pregressa e protratta requisizione delle aree da parte dell’amministrazione comunale, a seguito del terremoto che aveva colpito la zona nel 1980; e, inoltre, che tali aree, ai fini della determinazione del loro valore commerciale, dovessero considerarsi tutte edificabili, in quanto inserite come tali nel piano regolatore generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi.

Nessuna attività difensiva è stata svolta dal Comune di Rionero in Vulture.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1.1 Con il primo motivo di ricorso i P. lamentano – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3. Ciò perchè, nel caso di specie, l’imposta era stata applicata su un’area che, nell’annualità di imposizione, si trovava in condizione di indisponibilità di fatto e di diritto; in quanto requisita dall’amministrazione comunale, a seguito del sisma del 1980, ai sensi della L. n. 219 del 1981 di conv. del D.L. n. 75 del 1981 (Ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 19819. Tanto che l’area era stata riconsegnata alla proprietaria, ben oltre il termine di scadenza del provvedimento contingibile ed urgente, soltanto a seguito della sentenza 25 luglio 2007 con la quale la corte di appello di Potenza aveva rigettato la pretesa dell’amministrazione comunale di aver ormai acquisito a titolo originario la proprietà del terreno per intervenuta occupazione appropriativa.

p. 1.2 Il motivo non può trovare accoglimento, non sussistendo la lamentata violazione normativa.

La commissione tributaria regionale ha ritenuto nella specie dovuta l’ICI in ragione del fatto che l’area in oggetto – in tutte le particelle catastali di riferimento – aveva natura edificabile, in quanto inserita come tale nel PRG.

Quanto all’avvenuta sua requisizione da parte del Comune a seguito di evento sismico, ha escluso che la circostanza potesse esimere dal pagamento dell’imposta, “in quanto presupposto dell’imposta è il possesso del cespite fino alla data di espropriazione e di trasferimento del bene”.

Questa affermazione si pone in linea con l’orientamento di legittimità formatosi in tema di ICI su terreni fatti oggetto di occupazione di urgenza nell’ambito del procedimento di espropriazione per pubblica utilità, ma sulla scorta di considerazioni valevoli anche per l’istituto della requisizione temporanea d’urgenza di bene immobile (c.d. requisizione d’uso).

Si è in proposito affermato che: “l’occupazione di urgenza, per il suo carattere coattivo, non priva il proprietario del possesso dell’immobile, in quanto il bene, finchè non interviene il decreto di esproprio o comunque l’ablazione, continua ad appartenere a lui – tanto che per tal motivo gli si riconosce un’indennità per l’occupazione – mentre nell’occupante, che riconosce la proprietà in capo all’espropriando, manca l’animus rem sibi habendi”, onde lo stesso è un mero detentore. Ne consegue che il proprietario è soggetto passivo dell’ICI ed è, quindi, obbligato a presentare la relativa dichiarazione, anche se l’immobile è detenuto da terzi” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21433 del 12/10/2007; così Cass 10686/05; Cass. 4753/10).

Come detto, ragionamento analogo può essere svolto per la requisizione immobiliare, la quale attribuisce in via d’urgenza la detenzione dell’area al soggetto beneficiario, senza con ciò comportarne la perdita di possesso da parte del proprietario; il cui diritto trova ristoro nel pagamento di una indennità che deve tenere conto del mancato godimento del bene e degli altri pregiudizi da lui subiti, ancorchè in forza di attività legittima della PA.

Nè la requisizione, proprio perchè di natura contingibile e necessariamente temporanea, produce di per sè l’ablazione del diritto di proprietà; sicchè a fortiori deve ritenersi ad essa applicabile il suddetto orientamento giurisprudenziale, il quale giunge ad affermare la sottoposizione ad Ici nella ben più radicale situazione in cui l’anticipata sottrazione al proprietario della libera disponibilità del bene, attraverso l’occupazione d’urgenza, è preordinata proprio al trasferimento finale della proprietà del medesimo.

Non si disconosce che questa corte di legittimità (Cass. 5626/15) ha più recentemente ritenuto di esprimere un orientamento apparentemente divergente da quello poc’anzi menzionato, affermando – nella dichiarata consapevolezza di quest’ultimo – che “nel caso in cui, come quello di specie, a seguito dell’immissione in possesso, la cui legittimità non è contestata, da parte della P.A., la società proprietaria del terreno ha perso la disponibilità dell’area, con l’irreversibile trasformazione del fondo, a seguito della realizzazione dell’opera pubblica, si verifica lo spossessamento del bene a favore della P.A. (cfr Cass., sez. 1, 27.3.2014, n. 7248) non solo sotto il profilo materiale, ma anche sotto il profilo dell’animus, in quanto “in tema di conservazione del possesso o della detenzione “solo animo”, è necessario che il possessore (o il detentore) abbia la possibilità di ripristinare il contatto materiale con la cosa quando lo voglia, con la conseguenza che qualora tale possibilità sia di fatto preclusa da altri o da un’obiettiva situazione dei luoghi, il solo elemento intenzionale non è sufficiente per la conservazione del possesso (o della detenzione) (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9226 del 04/05/2005). Le stesse Sezioni Unite di questa Corte hanno, al riguardo, affermato che “in tema di occupazione temporanea e d’urgenza di un immobile espropriando, il periodo di occupazione legittima decorre dal momento della effettiva immissione in possesso del beneficiario dell’occupazione, che si verifica, di regola, in conseguenza del c.d. “dimensionamento” – consistente nell’individuazione dell’area mediante in fissione di picchetti e nell’affermazione degli incaricati dell’operazione che da quel momento il possesso dell’area s’intende trasferito all’amministrazione espropriante costituendosi, per effetto di tali comportamenti, una impossibilità giuridica dell’ulteriore godimento dell’immobile da parte del proprietario (cfr Cass. Sez. U, Sentenza n. 18077 del 07/08/2009)”.

Come si è anticipato, si ritiene però che tale divergenza di orientamento non sia effettiva, atteso che anche il precedente qui in esame (Cass 5626/15) individua il presupposto qualificante dell’esenzione dal pagamento dell’Ici nella perdita del possesso del bene; a sua volta individuato, nella concretezza della fattispecie considerata, nella irreversibile trasformazione del fondo a seguito della realizzazione dell’opera pubblica. Situazione, quest’ultima, determinante il venir meno del possesso in capo al soggetto passivo anche nel suo atteggiarsi solo animo, posto che in nessun modo – visto il definitivo mutamento dello stato dei luoghi e della destinazione dell’area – il proprietario potrà mirare a ripristinare un potere di fatto con la cosa corrispondente all’esercizio del diritto dominicale.

Anche il precedente di legittimità in questione, dunque, si pone a ben vedere nel solco dell’orientamento su riportato, ricollegando anch’esso l’esenzione da ici all’ipotesi di definitivo spossessamento del bene; ancorchè ritenuto ravvisabile non solo in coincidenza con il provvedimento formalmente ablativo della proprietà, ma anche nella irreversibile trasformazione dell’area da parte della PA occupante (rilevante anche sul piano soggettivo, in quanto dimostrativo dell’impiego uti dominus del bene da parte del detentore).

In tale situazione, e soltanto in questa, in definitiva, può dirsi venuto meno il presupposto dell’imposizione; insito, D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 1, nel “possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.”.

Ora, nel caso di specie – come correttamente osservato dalla commissione tributaria regionale – non si è verificato alcuno spossessamento nel senso testè indicato.

E’ infatti la stessa parte ricorrente a riferire che il terreno in oggetto – sebbene con notevole ritardo rispetto al venir meno dei presupposti legittimanti la requisizione – è stato infine riconsegnato alla proprietà.

Nè rileva che, nel contenzioso da quest’ultima instaurato nei confronti dell’amministrazione comunale proprio per ottenere la riconsegna dell’area, fosse intervenuta sentenza di primo grado (tribunale di Melfi 5 novembre ‘98) affermativa del trasferimento della proprietà del bene in capo all’ente pubblico, con condanna del medesimo al risarcimento dei danni da accessione invertita; atteso che tale sentenza è poi stata riformata dalla corte di appello di Potenza la quale, con sentenza n. 225/07, ha infine accertato la perdurante proprietà del bene in capo alla contribuente C., con obbligo dell’amministrazione comunale di reimmissione della stessa nel possesso dell’area.

In concreto, ci si pone dunque di fronte ad una situazione diversa da quella che, come si è detto, legittima, con il definitivo venir meno del possesso del bene, il mancato pagamento dell’imposta.

p. 2.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto l’edificabilità dell’intera area, anche nella particella (OMISSIS), nonostante che quest’ultima ricadesse in zona catalogata (OMISSIS) destinata in maggior parte a verde pubblico attrezzato e, nella minor parte, a fascia di rispetto ferroviaria; così come emergente dai certificati di destinazione urbanistica prodotti in giudizio.

p. 2.2 Nemmeno questa doglianza può trovare ingresso.

Risulta infatti che l’imposta è stata ritenuta non dovuta, già con la sentenza di primo grado CTP Potenza, limitatamente alle particelle nn. (OMISSIS), in quanto ricadenti in fascia (OMISSIS) verde di rispetto di cui alla variante PRG del Comune di Rionero in Vulture.

Per contro, la particella n. (OMISSIS) (asseritamente costituente derivazione dalla n. (OMISSIS), in esito a frazionamento del terreno) è stata ritenuta, dalla commissione tanto di primo quanto di secondo grado, di natura edificabile.

Osserva infatti la sentenza della CTR, qui impugnata, che l’area deve ritenersi tale: “in quanto inserita nel PRG quale area edificabile”, ed in ragione del fatto che la zona V15 nella quale tale particella è ricompresa “fa comparto con la zona di espansione C16 di cui all’allegata tabella A (cfr. 1^ pagina del certificato e la tabella delle aree)”; si aggiunge poi che “l’edificazione nella zona di espansione è condizionata all’approvazione di piani attuativi, ma comunque l’area rientra nella zona edificabile con indice 0,5 mc/mq., come si evince dalla tabella ad esso allegata”.

Orbene, fermo restando il principio per cui: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), un’area compresa in una zona destinata dal PRG a verde pubblico attrezzato è sottoposta ad un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione. Ne deriva che un’area con tali caratteristiche non può essere qualificata come fabbricabile, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e, quindi, il possesso della stessa non può essere considerato presupposto dell’imposta comunale in discussione” (Cass n. 25672 del 24/10/2008), è qui dirimente osservare come il giudice di appello (come già quello di primo grado) abbia in concreto escluso, dopo aver preso espressamente in considerazione il problema, la destinazione della particella in questione a verde pubblico attrezzato ovvero a fascia di rispetto ferroviario; dal che consegue la correttezza della soluzione giuridica apprestata, nel senso della non esenzione dal versamento dell’ICI.

Non vale obiettare, con i ricorrenti, che la commissione regionale non avrebbe fatto buon governo del compendio probatorio e, in particolare, del certificato di destinazione urbanistica relativo alla particelle in esame; dal quale, al contrario, risulterebbe la destinazione esente.

Da un lato, la presente censura è stata formulata per far valere non già una carenza motivazionale e di ricostruzione della fattispecie materiale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, bensì la sola asserita violazione o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.pc.., comma 1, n. 3. Profilo, quest’ultimo, che in tanto potrebbe avere ingresso, in quanto risultasse pacifica la ricostruzione fattuale della vicenda mediante individuazione della suddetta destinazione esente; là dove, all’opposto, il giudice di merito ha argomentatamente escluso, anche con la citazione dei documenti presi a tal fine in esame, la riscontrabilità nella specie di quest’ultima.

Dall’altro, ove mirata a far emergere una vera e propria svista percettiva nella quale il giudice di merito sarebbe incorso nella lettura e ricostruzione del certificato di destinazione urbanistica (quanto alla destinazione esente, ovvero alla esatta individuazione della particella di riferimento in esito al frazionamento del terreno), è evidente che di errore di natura revocatoria si tratterebbe, non già di errori di giudizio suscettibile di cassazione; con conseguente esperibilità del diverso rimedio ex art. 395 c.p.c., n. 4).

In un caso e nell’altro, dunque, l’affermazione del giudice di merito circa l’edificabilità della particella n. (OMISSIS) non risulta in questa sede sindacabile.

Ciò induce a senz’altro escludere la violazione normativa, avendo la commissione tributaria regionale fatto corretta applicazione del disposto per cui, ai fini Ici, l’area deve ritenersi edificabile anche quando risulti utilizzabile a scopo edificatorio secondo uno strumento urbanistico di natura generale (PRG), ed indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b, come interpretato alla luce del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16 conv. in L. n. 248 del 2005; così SSUU 25506/06; Cass. 25676/08; Cass. 11433/10 ed altre).

p. 3.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5; per avere la commissione tributaria regionale omesso di rilevare che il valore venale del suolo stabilito dal Comune quale base imponibile non rispondeva ad alcuno dei parametri estimativi vincolanti di cui alla disposizione citata.

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 11 e 14. Per non avere la commissione tributaria regionale rilevato l’incongrua quantificazione delle somme dovute da parte dell’amministrazione comunale la quale, dopo aver dato atto nell’avviso di accertamento (quadro somme versate) dell’avvenuto versamento di acconti, non li aveva poi detratti nella quantificazione finale dell’imposta da versare. Il che produceva effetti indebiti anche nell’applicazione della sanzione; a tutto concedere dovuta non per omesso, ma per parziale versamento.

p. 3.2 E’ fondata la terza censura, con effetto assorbente della quarta.

La commissione tributaria regionale non ha esplicitato alcunchè sui criteri di valutazione dell’area ai fini Ici, così come adottati dal Comune nell’avviso di accertamento opposto; limitandosi a ritenerli congrui senza addurre, in proposito, argomentazione alcuna.

Ciò, nonostante che la stessa sentenza, nella parte dedicata allo svolgimento del giudizio, dia espressamente atto che – tra i motivi di contestazione proposti dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento – vi fosse anche quello relativo “al valore attribuito al cespite contraddistinto dalla particella (OMISSIS)”. Si trattava, del resto, di profilo fatto oggetto specifico anche di un motivo di appello (il secondo), appunto relativo all’omesso rilievo dell’incongruo ed illegittimo valore attribuito alla particella n. (OMISSIS)”.

Sul punto, la commissione di merito ha omesso di verificare – così come le era stato richiesto – la rispondenza del valore determinato dal Comune nell’avviso di accertamento ai criteri previsti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5 (valore venale in comune commercio al 1^ gennaio dell’anno di imposizione, avuto riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree con analoghe caratteristiche).

E tale valutazione a maggior ragione si imponeva nel raffronto della stima operata dal Comune con gli opposti elementi valutativi forniti dalla stessa contribuente, ed insiti nel vincolo di destinazione derivante dalla requisizione dell’area nell’annualità di riferimento. Requisizione che, pur non mandando esente il terreno dall’imposizione ICI (per le ragioni poc’anzi indicate nel p. 1.2), incideva tuttavia sul valore venale di Comune commercio dell’immobile; e, in tal senso, doveva la commissione tributaria regionale prendere in esame altresì la CTU disposta nel già citato giudizio di rilascio avanti al tribunale di Melfi, prodotta in giudizio dalla contribuente.

Ne segue il rigetto del primo e del secondo motivo di ricorso, accolto il terzo ed assorbito il quarto. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Potenza la quale riesaminerà la fattispecie alla luce di quanto qui indicato; provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo motivo, assorbito il quarto;

– cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Potenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 8 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2016

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