Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21160 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. I, 02/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

D.A., rappr. e dif. dall’avv. Romina Possis,

romina.possis-ordineavvocativercelli.eu, con lo studio in Vercelli,

via degli Oldoni n. 14, come da procura spillata in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– costituito –

per la cassazione della sentenza App. Torino 8.2.2019, n. 261/2019,

in R.G. 1312/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro, alla camera di consiglio del 22.9.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. D.A. impugna la sentenza App. Torino 8.2.2019, n. 261/2019, in R.G. 1312/2018 di rigetto dell’impugnazione interposta avverso l’ordinanza 24.5.2018 con cui il Tribunale di Torino aveva a sua volta negato la tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale (nella forma cd. umanitaria) e da tale organo disattesa;

2. la corte, circoscritto l’oggetto del giudizio come da appello sul solo diniego di protezione umanitaria, ha ritenuto: a) inaccoglibile la domanda in virtù della mera incertezza della transizione democratica del (OMISSIS), Paese nel quale – rispetto all’epoca dell’allontanamento del richiedente erano sostanzialmente mutati gli assetti istituzionali; b) irrilevanti le condizioni di salute addotte, per difetto di prova della patologia allegata; c) comunque infondata la domanda anche se parametrata alle nuove categorie tipizzate ai sensi del riformato D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 18-20bis;

3. il ricorrente propone un motivo di ricorso, il Ministero dell’Interno si è solo costituito in funzione della partecipazione ad eventuale udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il motivo si deduce la violazione della L. n. 132 del 2018, nella parte modificativa della preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari, già dettata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 ed erroneamente applicata alla fattispecie, contraddicendo l’art. 11 preleggi, mentre sussistono i presupposti concessivi secondo le norme antevigenti;

2. il motivo, quanto al primo profilo, è inammissibile, non avendo il ricorrente colto la complessa (ed almeno duplice) ratio decidendi della sentenza, la quale ha primariamente escluso la sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria alla stregua del regime anteriore alle modifiche del D.Lgs. n. 286 del 1998, formulando solo aggiuntivamente un riscontro di difetto anche dei nuovi presupposti ivi tipizzati;

3. osserva peraltro il Collegio che non appare essere stata appellata la statuizione del tribunale denegativa della credibilità del richiedente, apprezzamento dunque passato in giudicato e condizionante in termini pregiudizievoli anche il giudizio di comparazione ai fini dello scrutinio di vulnerabilità, gravemente inciso dalla impossibilità di procedere ad una verifica più puntuale della esposizione a sacrificio dei diritti fondamentali, in primo luogo, in relazione alle ragioni dell’allontanamento, non credute; in secondo luogo, appare parimenti non idoneamente contestata l’assenza di situazioni di conflitto armato in (OMISSIS), così essendo pregiudicata l’ulteriore necessità di misurare una individualizzazione del citato impedimento come mero riflesso del contesto di violenza indiscriminata, puntualmente esclusa;

4. sotto il secondo profilo, la censura non contesta in modo specifico la netta esclusione, operata in sentenza, del fondamento delle ragioni di salute allegate dal richiedente ed invocate a sostegno della protezione umanitaria, mentre il richiamo ad attività svolte ed al legame affettivo pecca di autosufficienza, rispettivamente per genericità quanto alle prime e mancata prova della deduzione rituale e tempestiva nel contraddittorio processuale quanto al secondo;

5. nè può dirsi comunque decisivo in sè il mero fattore lavoro in Italia, che alla stregua delle stesse allegazioni – non si configura come tale, ma come mero espletamento di attività organizzate nel contesto del sistema di accoglienza, alla stregua della precisazione in Cass. s.u. 29459/2019 secondo la quale “l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato”;

6. appare pertanto rispettato nella decisione il principio, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), per cui “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; l’indirizzo è stato ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo nella specie difetto i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità del ricorrente, negata dalla sentenza; si tratta di prospettazione tanto più necessaria a fronte della perentoria valutazione d’irrilevanza operata dal giudice di merito, anche in relazione alla non credibilità del narrato quanto alle ragioni dell’allontanamento (Cass. 2682/2020); si può allora ribadire che l’odierna censura, sul punto, è nel suo complesso inammissibile per genericità e perchè si risolve in un vizio di motivazione, oltre però il limite del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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