Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2116 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 30/01/2020), n.2116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16489/2018 proposto da:

S.A.A., nato in (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato Andrea Diroma;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositata il

26/04/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – S.A.A., cittadino del (OMISSIS), chiese il riconoscimento della protezione internazionale.

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale rigettò la domanda.

2. – Avverso tale provvedimento il richiedente propose ricorso al Tribunale di Trieste, che – con decreto del 26/4/2018 – confermò il provvedimento della Commissione territoriale.

3. – Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso S.A.A. sulla base di sei motivi.

Il Ministero dell’Interno, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di legittimità costituzionale proposte dal ricorrente:

1) legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 e, conseguentemente, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 14,35 e 35 bis in relazione all’art. 77 Cost., comma 2, per essere stato emanato il detto decreto-legge in assenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza;

2) legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost., nonchè art. 6 CEDU e art. 117 Cost., per avere la detta disposizione previsto che il giudizio di impugnazione avverso il provvedimento della Commissione territoriale si svolga nella forma del procedimento in camera di consiglio, senza la necessaria comparizione delle parti, e venga deciso con decreto non reclamabile;

3) legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 17, laddove prevede che “Quando il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e l’impugnazione ha ad oggetto una decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi dell’art. 29 e art. 32, comma 1, lett. b-bis), il giudice, quando rigetta integralmente il ricorso, indica nel decreto di pagamento adottato a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 82 le ragioni per cui non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate ai fini di cui all’art. 74, comma 2, del predetto decreto”.

Tutte le eccezioni di legittimità costituzionale proposte dal ricorrente vanno respinte.

La questione di legittimità costituzionale di cui al n. 1 è inammissibile, perchè punta a sindacare la discrezionalità del legislatore circa la sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza per l’emanazione del richiamato decreto-legge. A parte la notoria emergenza migratoria che investe il nostro Paese e più – in generale – l’intera Europa, l’eccezione di legittimità costituzionale, così come formulata, non evidenzia violazioni delle norme costituzionali, ma mira a censurare valutazioni politiche riservate agli organi dello Stato cui spetta la funzione legislativa, che non sono sindacabili neppure dal giudice costituzionale.

La questione di legittimità costituzionale di cui al n. 2 è manifestamente infondata. Come ha già statuito questa Suprema Corte, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di status, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (Cass., Sez. 1, n. 17717 del 05/07/2018). Quanto al fatto che l’art. 35-bis prevede la proponibilità, avverso il decreto del Tribunale, del solo ricorso per cassazione, la norma è conforme al dettato costituzionale: come ha già statuito questa Corte, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile, in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass., Sez. 1, n. 27700 del 30/10/2018).

Infine, la questione di legittimità costituzionale di cui al n. 3 è inammissibile sotto il profilo della rilevanza, perchè, in questa sede, non è oggetto di sindacato il decreto di pagamento del compenso al difensore della parte ammessa al patrocinio, ma il decreto che ha deciso sulla domanda di protezione internazionale.

In ogni caso, sul punto questa Suprema Corte ha già statuito che è manifestamente infondata, in riferimento all’art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 17, nella versione attualmente vigente, atteso che l’ordinamento assicura ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, ma non in relazione a domande manifestamente infondate, sicchè deve ritenersi pienamente compatibile, sul piano costituzionale, la previsione della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a fronte della manifesta infondatezza delle domande, spettando al giudice di merito che procede, del tutto ragionevolmente, stabilire se la manifesta infondatezza vi sia oppure no (Cass., Sez. 6 – 1, n. 24109 del 27/09/2019).

2. – Passando all’esame dei motivi.

2.1. – Col primo motivo di ricorso (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere il Tribunale deciso senza che la commissione territoriale avesse trasmesso la documentazione relativa alla procedura amministrativa.

Il motivo è inammissibile.

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, prevede che “La Commissione che ha adottato l’atto impugnato è tenuta a rendere disponibili con le modalità previste dalle specifiche tecniche di cui al comma 16, entro venti giorni dalla notificazione del ricorso, copia della domanda di protezione internazionale presentata, della videoregistrazione di cui all’art. 14, comma 1, del verbale di trascrizione della videoregistrazione redatto a norma del medesimo art. 14, comma 1, nonchè dell’intera documentazione comunque acquisita nel corso della procedura di esame di cui al Capo III (…)”. La disposizione non prevede però l’obbligo di trasmissione e, tantomeno, la sanzione della nullità per la mancata trasmissione.

Nella specie, il Tribunale ha supplito alla mancata disponibilità della documentazione relativa alla fase amministrativa della procedura, disponendo la comparizione delle parti e acquisendo i documenti prodotti dal richiedente.

Quanto alla mancata acquisizione della documentazione relativa alla fase amministrativa della procedura, non trasmessa dalla Commissione territoriale, in disparte il rilievo che la parte avrebbe potuto procedere direttamente alla produzione della documentazione ritenuta rilevante, la censura difetta della necessaria specificità, perchè non precisa se il richiedente abbia formalizzato o meno istanza di esibizione della detta documentazione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. e non illustra la decisività che tale documentazione avrebbe potuto avere (cfr. Cass. Sez. 1, n. 3018 del 31/01/2019; Sez. 1, n. 3019 del 31/01/2019).

Sul punto, va ribadito il principio di diritto già enunciato da questa Corte, secondo cui, in tema di protezione internazionale, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduca l’omessa trasmissione degli atti da parte della Commissione territoriale e la conseguente assunzione della decisione da parte del Tribunale senza l’esame di tali atti, ove non siano state specificamente dedotte le conseguenze in termini di deficit probatorio che da tali omissioni siano derivate (Cass., Sez. 1, n. 6061 del 28/02/2019).

2.2. – Col secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere il Tribunale, una volta ritenuto non credibile il racconto del richiedente, omesso di svolgere accertamenti istruttori sulla situazione del paese di origine. Unitamente a tale censura va esaminato, in ragione della stretta connessione il terzo motivo, col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere il Tribunale omesso di adoperarsi per la verifica dei fatti narrati dal richiedente.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

Questa Corte ha già statuito che, in materia di protezione internazionale, il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, trova applicazione tanto con riguardo alla domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato, tanto con riguardo alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, in ciascuna delle ipotesi contemplate dall’art. 14 stesso D.Lgs., con la conseguenza che, ove detto vaglio abbia esito negativo, l’autorità incaricata di esaminare la domanda non deve procedere ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio officioso, neppure concernente la situazione del Paese di origine (Cass., Sez. 1, n. 15794 del 12/06/2019).

Nessun approfondimento istruttorio il Tribunale era, pertanto, tenuto a compiere, avendo lo stesso motivatamente escluso la credibilità della narrazione del richiedente.

E peraltro, le censure risultano inammissibili anche perchè il ricorrente non ha censurato la ratio decidendi della decisione impugnata, avendo il Tribunale comunque considerato la situazione del paese di origine del richiedente, richiamando in proposito le risultanze dei report internazionali (v. in particolare p. 6 del decreto impugnato).

2.3. – Col quarto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il Tribunale ritenuto non attendibile il racconto del richiedente.

Il motivo è inammissibile, puntando a sindacare la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del richiedente, che non è censurabile in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – è giustificata con motivazione esente da vizi logici e giuridici.

2.4. – Col quinto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione alla situazione nel paese di origine.

Il motivo è assorbito dal rigetto del secondo e terzo motivo; avendo, in ogni caso, il Tribunale)” valutato la situazione del Paese di origine richiamando vari report internazionali (p. 6 del decreto).

2.5. – Col sesto ed ultimo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione al diniego di soggiorno per motivi umanitari.

Anche questo motivo è inammissibile.

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (applicabile ratione temporis – secondo quanto statuito da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019 – per essere stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, conv., con modif., in L. n. 132 del 2018, che ne ha sostituito il testo), costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (“status” di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso (Cass., Sez. 1, n. 13096 del 15/05/2019; Sez. 6 – 1, n. 23604 del 09/10/2017). Ha precisato questa Corte che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie deve essere frutto di valutazione autonoma caso per caso, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario considerare la specificità della condizione personale di particolare vulnerabilità del richiedente, da valutarsi anche in relazione alla sua situazione psicofisica attuale ed al contesto culturale e sociale di riferimento (Cass., Sez. 1, n. 13088 del 15/05/2019).

Il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari non può, pertanto, essere riconosciuto al cittadino straniero considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia oppure il contesto di generale e di non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza (Cass., Sez. 6 – 1, n. 17072 del 28/06/2018); essendo invece necessario operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine in raffronto alla situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale (Cass., Sez. Un., n. 29459 del 13/11/2019; Sez. 1, n. 4455 del 23/02/2018).

Nella specie, non sussiste la dedotta violazione di legge, avendo il giudice territoriale puntualmente valutato la situazione del richiedente ed escluso la condizione di vulnerabilità dello stesso avuto riguardo alla sua situazione personale (il richiedente ha prodotto un certificato medico da quale risultano solo problemi di insonnia; mentre non vi è prova di un suo radicamento in Italia) e a quella del paese di provenienza.

3. – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Nulla va statuito sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

4. – Sussistono i presupposti processuali perchè la parte ricorrente versi – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – un ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

dichiara inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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