Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21153 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 02/10/2020), n.21153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 3950-2019 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIUSEPPE MONTALBANO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI AGRIGENTO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONINO NOTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 855/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ESPOSITO LUCIA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da G.M. nei confronti di A.S.P. (Azienda Sanitaria Provinciale) di Agrigento, diretta a ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all’abusiva instaurazione di rapporti di lavoro a tempo determinato nei periodi dall’11-12-2012 al 10-3-2013 e dall’11-3-2013 al 10-6-2013.

La Corte territoriale, pur riconoscendo la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 per mancanza di valida ragione giustificatrice del termine apposto, riteneva insussistenti i presupposti per il risarcimento del danno c.d. comunitario, osservando che nel caso in esame veniva in considerazione un solo contratto, dal 10/12/2012 al 10/2/2013, prorogato fino al 10/6/2013, che il rapporto non era durato oltre 36 mesi e che parte ricorrente si era limitata a lamentare l’illegittimità del termine per ritenuta genericità delle ragioni della clausola di durata, senza allegare specifici profili di abuso D.Lgs. n. 368 del 2001, ex artt. 4 e 5.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione G.M. sulla base di unico motivo.

A.S.P. Agrigento resiste con controricorso, illustrato con memoria.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con unico motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di norme con riferimento al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 e la direttiva UE n. 1999/70CEE, la cui clausola 5, nell’imporre allo Stato membro l’adozione di misure preventive e sanzionatorie contro la reiterazione dei contratti a tempo determinato, rimanda al giudice di valutare la giusta compensazione per la mancata previsione da parte del legislatore nazionale di adeguato sistema sanzionatorio secondo il diritto dell’UE, non essendo richiesto al lavoratore alcun onere di prova ulteriore rispetto all’abuso e strutturandosi il danno comunitario da illegittima reiterazione dei contratti a termine come danno in re ipsa.

Ritiene il collegio che la decisione del ricorso supponga un’analisi della disciplina applicabile ratione temporis al contratto in esame di rilievo nomofilattico e che pertanto non sussistano i presupposti previsti dall’art. 380 bis c.p.c. per una definizione in questa sede.

Invero, non è contestato che il contratto della cui illegittimità si discute, quale fatto generatore del danno lamentato dalla ricorrente, stipulato per il periodo dal 10/12/2012 al 10/2/2013, è stato prorogato fino al 10/6/2013.

La Corte territoriale ha escluso la sussistenza del danno sul presupposto che la parte appellata non avesse specificato i profili di illegittimità, tra quelli individuati del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 4 e 5, e che a tal fine fosse insufficiente l’assunto della ricorrente circa la illegittimità derivata della prosecuzione del rapporto in conseguenza della illegittimità del termine originariamente apposto.

Quest’ultima affermazione non appare in linea con una recente ordinanza di questa Corte (Cass. 04/02/2020, n. 2534, che richiama Cass. 28/02/2017, n. 5229) secondo cui, rispetto al contratto a termine prorogato, sussistono le medesime esigenze di prevenire gli abusi che hanno ispirato il legislatore comunitario sul tema della reiterazione dei contratti a termine.

Si è pertanto statuito che: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la mancata indicazione delle ragioni giustificative dell’apposizione del termine al contratto, poi prorogato, dà luogo ad una abusiva reiterazione del contratto a tempo determinato, che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 1999/70/CE, e dà luogo al diritto al risarcimento del danno comunitario secondo i principi enunciati dalle Sezioni Unite della S.C. nella sentenza n. 5072 del 2016” (Cass. n. 2534/2020, cit.).

Secondo questa sentenza, infatti, la nullità del primo contratto a-causale si riverbera anche sulla proroga, con conseguente illegittimità della reiterazione.

Sennonchè, nel caso in esame il contratto è stato stipulato nel vigore della L. 28 giugno 2012, n. 92 (entrata in vigore il 18 luglio 2012), che, con l’art. 1, comma 9, ha apportato delle modifiche al D.Lgs. n. 368 del 2001 e, in particolare, ha inserito nell’art. 1, il comma 1-bis, che così dispone: b) all’art. 1, dopo il comma 1 (che prevedeva: “è consentita l’apposizione di un termine la durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro”, n. d.e.) è inserito il seguente comma: “1-bis. Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 20, comma 4”.

La L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 1, lett. d), ha poi modificato anche il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, inserendo il comma 2 bis, a tenore del quale “il contratto a tempo determinato di cui all’art. 1, comma 1 bis, non può essere oggetto di proroga”.

Si desume dalle dette disposizioni che, con l’entrata in vigore della legge cosiddetta Fornero (e prima del D.L. 28 giugno 2013 n. 76, convertito in L. 9 agosto 2013, n. 99, che ha consentito la proroga purchè temporalmente contenuta nei dodici mesi), era consentita la stipulazione di contratti a tempo determinato a-causali per un tempo non superiore a 12 mesi, non suscettibile di proroga.

Si pone pertanto il duplice problema di verificare, da un lato, l’applicabilità di tali disposizioni al contratto in esame, in quanto stipulato da una pubblica amministrazione e soggetto alla disciplina prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, dall’altro la configurabilità di un abuso risarcibile in caso di proroga (illegittima) di un contratto a-causale legittimo, in quanto stipulato nel vigore della legge Fornero (e prima del D.L. n. 76 del 2013, citato).

La decisione di rimettere la questione alla Sezione semplice ex art. 380 bis c.p.c. è inoltre suggerita dal rilievo che non può dirsi formato il giudicato sulla valutazione compiuta dalla Corte circa la illegittimità del primo contratto, non potendosi ritenere che nella specie si sia formata la cosiddetta “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno”, la quale individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico (Cass. 08/10/2018, n. 24783; Cass. 17/04/2019, n. 10760). L’impugnazione incentrata sull’effetto giuridico conseguente alla presunta illegittimità del primo contratto, benchè investa solo uno degli elementi della detta sequenza, riapre la cognizione sull’intera statuizione, e quindi anche sul presupposto giuridico costituito dalla qualificazione (in termini di legittimità o illegittimità) del primo contratto.

P.Q.M.

dispone che la presente causa sia rimessa alla IV sezione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 giugno 2020.

Depositato in cancelleria il 2 ottobre 2020

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