Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21150 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. I, 02/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 02/10/2020), n.21150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.B., rappr. e dif. dall’avv. Marcello Cantoni,

marcellocantoni.legalmail.it, elett. dom. presso la Cencelleria

della Corte di Cassazione, Roma, come da procura spillata in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Bologna 25.3.2019, n. 1506/2019,

in R.G. 660/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 23.9.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. B.B. impugna il decreto Trib. Bologna 4.2.2019, n. 631/2019, in R.G. 20093/2017 di rigetto dell’impugnazione interposta avverso la decisione con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ne aveva respinto la domanda, avanzata per le tre forme di tutela;

2. il tribunale, anche dopo aver sentito di persona il richiedente, ha ritenuto: a) insussistente il fondato timore di persecuzioni per i motivi rilevanti D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8; b) inaccoglibile la richiesta protezione sussidiaria, sia per mancata prospettazione di un serio rischio di danno grave alla persona, sia per la sostanziale motivazione economica tanto dell’allontanamento che del non voluto rimpatrio; c) insussistente un conflitto armato nella specifica regione di provenienza ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (Delta State, Nigeria); d) non dimostrata una specifica situazione soggettiva tale da giustificare la protezione umanitaria, non ricorrendo le tipiche situazioni di vulnerabilità, nè apparendo sufficienti le attività svolte nel contesto del sistema di accoglienza (volontariato e tirocinio); e) assente infine una problematicità individuale connessa alla permanenza nel Paese di transito (Libia), non avendovi fatto specifica menzione quali conseguenze permanenti;

3. il ricorrente propone un unico motivo di ricorso, cui ha fatto seguire il deposito di memoria; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 10 Cost., oltre che come vizio di motivazione, quanto all’erroneo diniego della protezione umanitaria;

2. il motivo è inammissibile, non apparendo scalfita da idonea censura la motivazione con cui il primo giudice, escludendo l’appartenenza del ricorrente a categorie soggettive di apprezzabile esposizione a vulnerabilità, ha giudicato insufficiente la relativa ampiezza, in carenza della qualità dei titoli di relazione sociale, culturale, linguistica, abitativa e dunque della pluralità di indici di interazione comunitaria;

3. appare così rispettato nella decisione il principio, con Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), per cui “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; l’indirizzo è stato ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo nella specie difetto i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità del ricorrente, negata dal decreto, che ha escluso, per la insufficienza e genericità dei richiami offerti, la rilevanza più specifica di altri fattori; questi ultimi non hanno trovato alcun richiamo rituale e oppositivo nemmeno nel ricorso, tale non potendosi apprezzare nè il generico rinvio ad un quadro di limitazione dei diritti fondamentali nel Paese d’origine senza alcuna individualizzazione provata con riguardo alla vicenda dell’espatrio, nè l’altrettale generico richiamo all’integrazione sociale nel Paese d’arrivo, specificamente ritenuta insufficiente dal tribunale, poichè sostanzialmente coincidente con attività allestite dalla struttura d’accoglienza, nè l’invocata vulnerabilità per la generica marginalità sociale nella quale tornerebbe a versare il richiedente per effetto del rientro coattivo, posto che ” le situazioni di difficoltà, anche estrema, di carattere economico e sociale, non sono sufficienti in se stesse, in assenza di specifiche condizioni di vulnerabilità, a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari” (Cass. 23757/2019, 3681/2019); infine, non è stata censurata la svalutazione del breve periodo (due mesi) trascorso in un Paese di transito (Libia), sotto il profilo evidenziato dal tribunale – di omessa rappresentazione di peculiari conseguenze pregiudizievoli permanenti sotto un qualsiasi contesto di salute psicofisica; si tratta di prospettazione tanto più necessaria a fronte della perentoria valutazione d’irrilevanza operata dal giudice di merito; si può allora aggiungere che l’odierna censura è inammissibile per genericità e perchè si risolve in un vizio di motivazione, oltre però il limite del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u.

4315/2020); nulla per le spese del presente giudizio di cassazione, data l’assenza di attività difensiva del Ministero dell’Interno.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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