Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21146 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. II, 13/10/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 13/10/2011), n.21146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo studio dell’avvocato CARLO

SILVETTI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANGELO ROMANO,

CALABRETTA RENZO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INFOMEDIA SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 253/2009 del TRIBUNALE DI COSENZA, SEZIONE

DISTACCATA DI ACRI del 19/02/09 depositata il 06/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

ha concluso, previa delibazione della non manifesta infondatezza e

della rilevanza della questione, chiedendo che la Suprema Corte

sospenda il giudizio e trasmetta gli atti alla corte costituzionale

perchè verifichi la compatibilità, con riferimento agli artt. 24 e

111 Cost. dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (applicabile ratione

temporis), nella parte in cui, secondo il diritto vivente, pretende a

pena di inammissibilità un “momento di sintesi”, in relazione al

vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (v. ordinanza 2132/2011,

allegata).

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza del 9 marzo 2009, il tribunale di Cosenza sez. dist. di Acri, in accoglimento dell’appello proposto da Infomedia snc, ha rigettalo la domanda proposta contro detta società da A. F..

Questi aveva domandato la declaratoria di “nullità (recte:

annullamento) del contratto 7.12.2004”, relativo alla partecipazione a un corso di informatica, e il risarcimento del danno da stress.

L’appellato ha proposto ricorso per cassazione, con più motivi esposti sotto la seguente rubrica: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Errata valutazione delle prove”. La intimata Infomedia snc non ha svolto attività difensiva.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria e avviso di ricevimento della notifica del ricorso effettuata a mezzo posta.

La relazione preliminare ha ritenuto che il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, è inammissibile.

Il motivo, senza distinguere specificamente le censure in relazione alle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. Da 1 a 5 denuncia in primo luogo violazioni di legge attinenti la validità delle clausole vessatorie e i limiti di ammissibilità della prova testimoniale.

Seconde la disciplina che regola la redazione dei ricorso per cassazione, ciascuna di queste doglianze avrebbe dovuto essere separatamente articolata e avrebbe dovuto concludersi con la formulazione del quesito di diritto, che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4). E’ stato ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto (7770/09), ma solo a condizione che lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti.

Le Sezioni Unite insegnano infatti che in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la “ratio” dell’art. 366-bis cod. proc. civ., deve ritenersi one tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere licitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione (Cass 5624/09).

Nella specie detta formulazione è assente e ciò causa la inammissibilità delle relative censure.

Quanto alla parte del motivo che espone omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione. In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08; 16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere.

Pertanto nel caso di denuncia di vizio motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara sintesi delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (SU 20603/07; 11652/08).

Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..

Invano in memoria parte ricorrente deduce che il ricorso è stato confezionato nel rispetto del principio di autosufficienza. Se con ciò si intende, secondo il senso comune di questo concetto, che nel corpo del motivo sono riportate per esteso le risultanze oggetto di discussione e le parti della sentenza criticate, va osservato che trattasi di contenuti, pur indispensabili ma non sufficienti ad adempiere all’onere di puntuale sintesi della censura che è richiesta dall’art. 366 bis c.p.c.. Va anzi precisato che: a) il diffondersi dei motivi in complesso trattazioni richieste anche dal dovere di rendere autosufficiente il ricorso e b) lo svolgimento del, motivi in più profili non rigorosamente separati rendono ancor più indispensabile che vi sia una sintesi del fatto controverso proveniente dalla parte, dovendosi escludere che sia affidata al giudice la facoltà (e tanto meno il dovere; di estrapolare i profili del ricorso da valorizzare.

Giova anche chiarire che il ricorso per cassazione mancante dell’indicazione esplicita del quesito di diritto di cui all’art. 366- bis ccd. proc. civ. o della chiara indicazione del fatto controverso, non può essere successivamente integrato con la sua formulazione nella memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., ancorchè’ non sia scaduto il termine per impugnare, ostandovi il principio della consumazione dell’impugnazione con la presentazione del primo ricorso (cfr. SU 19444/09) Mette conto aggiungere, per replicare ai rilievi del procuratore generale, che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata (nella specie, dal P.G.) con riferimento agli artt. 3, 24 Cost. e all’art. 111 Cost., comma 7, relativa all’art. 366-bis cod. proc. civ., nella parte in cui sancisce l’obbligo, a pena di inammissibilità, in ordine alla proposizione di ciascun motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, di indicare (in modo sintetico, evidente e autonomo, secondo l’univoca interpretazione della S.C.) chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la ronco inidonea a giustificare la decisione, poichè la suddetta norma di cui all’art. 366-bis (applicabile, nei caso esaminato, “ratione temporis”) – come interpretata costantemente dalla stessa giurisprudenza di legittimità – non discrimina, in alcun modo, i cittadini, non lede il loro diritto di agire in giudizio (peraltro esercitato mediante la difesa tecnica di avvocati iscritti nell’apposito albo dei cassazionisti e, perciò, dotati di particolare competenza professionale) e, infine, non impedisce (nè rende estremamente difficile) il ricorso per cassazione (Cass 27680/09).

Discende da quanto esposto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, alla quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite in mancanza di attività difensiva dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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