Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21145 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. II, 13/10/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 13/10/2011), n.21145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.M.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv.

TURANO PIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PANARO 11, presso lo studio dell’avvocato RENDE MARIA

ELISABETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato GRECO GIOSUE’,

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 706/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 15.9.08, depositata l’8/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.M.P. adiva nel 1985 il tribunale di Cosenza per chiedere l’eliminazione di vedute aperte da L.C.R. in una casa costruita a soli cm 80 da una sua proprietà, sita in agro di (OMISSIS).

La convenuta reagiva con domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la restituzione di una striscia di terreno abusivamente occupata dalla D.M..

Il tribunale respingeva la domanda principale e accoglieva la riconvenzionale.

L’appello della soccombente veniva rigettato dalla Corte d’appello di Catanzaro con sentenza 8 ottobre 2008.

La Corte disattendeva le doglianze della D.M. relative a: 1) irregolarità delle comunicazioni di rinvii di udienza ex art. 309 c.p.c. e di inizio delle operazioni peritali. 2) l’inammissibilità dell’eccezione di usucapione (da parte della appellante) della striscia di terreno rivendicata dalla L.C..

La D.M. ha impugnato la sentenza d’appello con due motivi di ricorso per cassazione.

L.C.R. ha resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

Ha osservato che il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, è inammissibile.

Il quesito riferito al primo motivo, che si legge a pag 12 del ricorso, chiede; alla Corte “se il giudice di merito può non tener conto dell’omessa notificazione alla parte dei rinvii e della conseguente nomina del ctu adottando come criterio che il biglietto di cancelleria a nome di altro difensore non costituito per procura della parte sia valevole come regolare notifica, senza dare – un’adeguata motivazione che sia esente da vizi logici e giuridici” violazione e falsa applicazione dei diritto di difesa, del principio del contraddittorio… in relazione alla mancata notifica tanto dei rinvii presso la cancelleria adita tanto dell’omessa notifica della nomina di ctu sulla base delle richieste di parte convenuta.

Come ha osservato la relazione preliminare, il quesito è inammissibile perchè non contiene una sintesi. logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione nel caso concreto. Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. avrebbe dovuto compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (che è del tutto mancante); b) la sintetica indicazione della regola dì diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass 19769/08). Esso non assolve a tali requisiti, e si risolve in un interpello alla Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata.

Inoltre il quesito (e anche il motivo) non critica una delle rationes decidendi della decisione sul punto, costituita (cfr pag 6 della sentenza impugnata) dalla sanatoria conseguente alla mancata denuncia della pretesa nullità per omessa comunicazione nella prima udienza o con la prima attività successiva allo svolgimento di quella oggetto della doglianza. Tale ratio avrebbe dovuto essere specificamente censurata, poichè altrimenti la doglianza non è idonea a inficiare uno dei fondamenti della sentenza, idoneo a reggere la decisione.

Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (fra le tante cfr. Cass 3386/11).

Infine il motivo da per presupposta una carenza motivazionale che avrebbe dovuto essere eventualmente denunciata con apposito motivo ex art, 360 c.p.c., n. 5 e completata, a pena di inammissibilità, dalla specifica indicazione del fatto controverso ex art 366 bis c.p.c..

Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli art. 949 e 1158 c.c.. Il quesito chiede alla Corte di stabilire “se il giudice di merito in applicazione del principio della prevenzione può nei casi previsti dall’art. 873 c.c. e segg. stabilire di annullare tale diritto senza tener conto dell’estensione del diritto di proprietà per avvenuto(a) e pacifico(a) usucapione”.

La inammissibilità di questo quesito è ancor più evidente, giacchè si risolve in un mero interpello alla Corte sul fondamento della eccezione di usucapione, cioè una tautologica affermazione dell’esistenza di un errore di giudizio. Detto errore avreboe dovuto essere denunciato e dimostrato esponendo le ragioni della censura e riassumendole nel quesito; sono invece implicite nella richiesta rivolta alla Corte, che da per pacificamente esistenti i vizi oggetto di censura.

Peraltro neppure in questo caso il motivo coglie la ratio decidendi fondamentale della statuizione, costituita dalla inidoneità degli atti di acquisto a dar prova della proprietà dell’attrice, anche per le loro carenze sostanziali (mancanza di planimetrie allegate o riferimenti materiali).

Nel corpo della censura si discute infatti dell’avvenuta dimostrazione della proprietà mediante il deposito dell’atto di proprietà, senza considerare i rilievi della sentenza, che restano insuperati.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese liquidate in Euro 2.500,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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