Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21139 del 16/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21139 Anno 2013
Presidente: IANNIELLO ANTONIO
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 23631-2011 proposto da:
DAIDONE LUCIANO DDNLCN57P23C352G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. PAOLUCCI DE
CALBOLI 1, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CIASCHI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
BANCA POPOLARE DI ROMA SPA in persona del Direttore Generale, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA DELLE QUA11 RO FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato GHIA LUCIO, che la rappresenta e
difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controneorrente avverso la sentenza n. 2867/2011 della COR LE. D’APPELLO di ROMA del 29.3.2011, depositata il
30/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
ANTONIO MANNA;
udito per la controricorrente l’Avvocato Andrea Pivanti (per delega avv. Lucio Ghia) che si riporta agli scritti.
1

Data pubblicazione: 16/09/2013

i

R.G. n. 23631/11
Ud. 5.7.13
Daidone c. Banca Popolare di Roma S.p.A.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO che si riporta alla relazione scritta.

I – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione ai sensi
degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
t‘

1.

Con sentenza depositata il 30.5.11 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame interposto da

Luciano Daidone contro la pronuncia con cui il Tribunale capitolino lo aveva condannato a pagare alla
Banca Popolare di Roma S.p.A.

e 769.023,49 oltre accessori e spese, a titolo di risarcimento danni.

2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Daidone con un solo motivo con cui lamenta omessa e
insufficiente motivazione circa i fatti addebitatigli e la quantificazione del danno risarcibile.
2.1. – Resiste con controricorso la Banca Popolare di Roma S.p.A.
3. — Il ricorso è da rigettarsi perché le doglianze in esso svolte sono, in realtà, estranee al novero di
quelle spendibili ex art. 360 co. 1 0 n. 5 c.p.c.
Infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema — da cui non si ravvisa motivo alcuno di
discostarsi — il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 co. 1°
n. 5 c.p.c., sussiste solo ove nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia
riscontrabile il mancato o deficiente esame di un fatto decisivo della controversia, potendosi in sede di
legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico – formale la valutazione operata dal giudice del
merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti
in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S. U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).
Nel caso di specie il ricorso si dilunga in difformi valutazioni delle risultanze del processo (che
l’impugnata sentenza ha esaminato in maniera completa e con motivazione immune di vizi logico-giuridici)
e sollecita soltanto un nuovo apprezzamento di documenti e prove raccolte anche in sede penale (nel
giudizio avente ad oggetto, in tutto o in parte, i medesimi fatti addebitati al Daidone in sede civile).
Né il ricorrente isola (come, invece, avrebbe dovuto) singoli passaggi argomentativi della motivazione
stesa dalla Corte territoriale per evidenziarne l’illogicità o la contraddittorietà intrinseche e manifeste (vale
a dire tali da poter essere percepite in maniera oggettiva e a prescindere dalla lettura del materiale di
causa), ma ritiene di poter enucleare vizi di motivazione dal mero confronto delle argomentazioni dei giudici
d’appello con documenti e deposizioni, vale a dire attraverso un’operazione che suppone un accesso diretto
agli atti e una loro delibazione non consentiti in sede di legittimità.
4. – Per tutto quanto sopra considerato, si
2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE

R.G. n. 23631/11
Ud. 5.7.13
Daidone c. Banca Popolare di Roma S.p.A.

PROPONE
la decisione del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 n. 5 c.p.c.”.

prima che manifestamente infondato, il ricorso sia addirittura improcedibile ex art. 369 co. 10 c.p.c. perché
depositato il 21 0 giorno dopo la notifica. Infatti, a fronte di una notifica del ricorso avvenuta il 27.9.11, il
ricorso è stato depositato martedì 18.10.11.
III – Conseguentemente, il ricorso va dichiarato improcedibile.
IV – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo e calcolate in base al valore di
causa, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte
dichiara improcedibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in E 12.000,00 per compensi professionali e E 50,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5.7.13.

11- Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili e che, ancora

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