Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21138 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, (ud. 21/06/2019, dep. 07/08/2019), n.21138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28717/2018 proposto da:

S.H., domiciliato in Roma, presso la cancelleria della

Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca

Froldi, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

Avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DI ANCONA, depositata il

11/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2019 dal cons. Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – S.H. ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza dell’11 aprile 2018 con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale che aveva disatteso l’opposizione al provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, censurando la sentenza impugnata per avere il giudice di merito mancato di ottemperare al proprio dovere di cooperazione istruttoria.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, censurando la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che la mera osservazione di una situazione di violazione dei diritti inviolabili dell’uomo nel paese di origine, che non si riverberasse specificamente sul richiedente, non poteva essere ritenuta sufficiente per il riconoscimento della protezione.

2. – Non ricorre l’esigenza di disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso, indirizzata alla questura di Macerata ((OMISSIS)), profilandosi l’inammissibilità del ricorso (da ult. Cass. 18 aprile 2019, n. 10839).

3. – Il ricorso è inammissibile.

3.1. – L’inammissibilità discende dalla complessiva fattura del ricorso ed in particolare dalla violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Stabilisce tale disposizione che il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda. Questa Corte ha in più occasioni avuto modo di chiarire che la norma, oltre a richiedere l’indicazione degli atti e dei documenti, nonchè dei contratti o accordi collettivi, posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale tali fatti o documenti risultino prodotti, prescrizione, questa, che va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Il precetto di cui al combinato disposto delle richiamate norme deve allora ritenersi soddisfatto:

a) qualora l’atto o il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile;

b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non partecipi al giudizio di legittimità o non depositi il fascicolo o lo depositi senza quell’atto o documento (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475; Cass. 11 gennaio, n. 195, chiarisce altresì che, ove si tratti di atti e documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, il requisito di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 è soddisfatto mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ferma, beninteso, l’esigenza di specifica indicazione degli atti e documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi).

In tale prospettiva va altresì ribadito che l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena d’inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da un’elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte (Cass. 6 ottobre 2017, n. 23452).

In breve, il ricorrente per cassazione, nel fondare uno o più motivi di ricorso su determinati atti o documenti, deve porre la Corte di cassazione in condizione di individuare ciascun atto o documento, senza effettuare soverchie ricerche.

Nel caso in esame i motivi trovano fondamento sulle dichiarazioni rese dal richiedente in sede di audizione dinanzi alla commissione territoriale, senza che il documento sia stato localizzato.

3.2. – In ogni caso, ciascuno dei due motivi è inammissibile.

3.2.1. – Il primo motivo è inammissibile perchè la Corte territoriale ha confermato la statuizione del primo giudice il quale aveva ritenuto non credibile il racconto della propria vicenda offerto dal richiedente (“il racconto dello S. è connotato da genericità tale da non consentire di poter ricavare da esso la prova della militanza politica del partito di opposizione (OMISSIS), avendo l’istante fornito generiche informazioni sulla sua natura e sulle attività svolte”), di guisa che, a fronte di una narrazione non credibile, neppure sussisteva l’invocato dovere di cooperazione istruttoria (Cass. 31 maggio 2018, n. 14006; Cass. 31 maggio 2018, n. 13858).

3.2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

La Corte territoriale ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) osservando gradatamente: a) che il racconto del richiedente non era credibile; b) che il richiedente non aveva nemmeno dedotto di essersi rivolto alle autorità locali; c) che nelle fonti internazionali citate dall’appellante non si rinveniva l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata o di conflitto armato.

Il ricorrente ha impugnato tale statuizione dolendosi dell’affermazione della Corte d’appello secondo cui la situazione di violazione dei diritti inviolabili dell’uomo nel paese di origine, tale da non riverberarsi specificamente sul richiedente, non potrebbe essere ritenuta sufficiente per il riconoscimento della protezione sussidiaria: affermazione che nella sentenza impugnata non c’è affatto, giacchè, come si è detto, la Corte d’appello ha ritenuto una cosa totalmente diversa, ossia che “non si rinviene… nelle fonti internazionali citate dall’appellante l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata o situazione di conflitto armato interno”.

La censura prescinde dunque integralmente dalla ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata.

3. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 21 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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