Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21137 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. III, 22/07/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 22/07/2021), n.21137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32094-2019 proposto da:

B.N., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA

DIROMA;

– ricorrenti –

Nonché contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 495/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 15/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.N., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il richiedente dedusse a fondamento delle proprie ragioni di aver lasciato il (OMISSIS) in seguito alla perdita di entrambi i genitori, recandosi dapprima in Libia in cerca di lavoro e poi, data la situazione di grande tensione presente nel paese, in Italia.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento B.N. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Trieste, che con ordinanza del 10 novembre 2017 rigettò il reclamo.

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Trieste con sentenza n. 495/2019 pubblicata il 15 luglio 2019. La Corte ha ritenuto infondata la domanda per il riconoscimento della protezione umanitaria mancandone i presupposti.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da B.N. con ricorso fondato un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno si costituisce senza presentare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta “violazione dell’art. 360, n. 3 in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4: la sentenza impugnata è nulla per motivazione assente e/o apparente e/o apodittica”. Censura il ricorrente che ai fini del mancato riconoscimento della protezione umanitaria non sarebbe sufficiente qualificare il migrante come “economico” in quanto graverebbe sui giudici di merito una valutazione che tenga conto sia della condizione soggettiva del richiedente e di sue eventuali vulnerabilità, sia della condizione oggettiva presente nel suo paese di provenienza, giudizio che sarebbe del tutto assente nella pronuncia impugnata. Il giudice dell’appello non ha valutato la condizione di vulnerabilità soggettiva a causa delle sofferenze subite in Libia. Il motivo è fondato.

La motivazione della Corte d’appello è apparente se non quasi del tutto assente sul punto.

Deve osservarsi – in applicazioni di principi di diritto già affermati da questa Corte (Cass.7546/2020) – sul piano della struttura del giudizio di protezione umanitaria che:

a) alla luce di Cass. S.U. n. 29459 del 2019, i presupposti utili per ottenere la protezione umanitaria devono identificarsi autonomamente rispetto a quelli previsti per le due protezioni maggiori.

Le due valutazioni non sono sovrapponibili. Non si può trascurare, difatti, la necessità di collegare la norma che prevede la protezione umanitaria ai diritti fondamentali che l’alimentano. Gli interessi protetti non possono restare ingabbiati in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento ai valori costituzionali e sovranazionali; sicché, come già puntualizzato da questa Corte ancor prima della pronuncia a sezioni unite, l’apertura e la residualità della tutela non consentono tipizzazioni (tra le altre, Cass. 15 maggio 2019, nn. 13079 e 13096).

Come ricordato dalle Sezioni unite, le relative basi normative “non sono affatto fragili”, ma a compasso largo: l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 Cedu, promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione. In conformità all’approccio scelto dall’orientamento della Corte (inaugurato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, seguita, tra varie, da Cass. 19 aprile 2019, n. 11110 e da Cass. n. 12082/19, nonché, a quanto consta, dalla preponderante giurisprudenza di merito) e condiviso dalle Sezioni Unite, occorre, pertanto, accordare rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale.

b) la valutazione delle dichiarazioni del richiedente asilo non deve essere rivolta alla capillare ricerca delle eventuali contraddizioni, pur talvolta esistenti, insite nella narrazione della sua personale situazione, volta che il procedimento giurisdizionale di protezione internazionale è caratterizzato, per sua natura, da una sostanziale assenza di contraddittorio (stante l’assenza dell’organo ministeriale), con conseguente impredicabilità della diversa funzione -caratteristica del processo civile ordinario – di bilanciamento tra posizioni e tesi contrapposte.

Funzione del procedimento giurisdizionale di protezione internazionale deve ritenersi quella – del tutto autonoma rispetto alla precedente procedura amministrativa, della quale esso non costituisce in alcun modo prosecuzione impugnatoria – di accertare, secondo criteri legislativamente predeterminati, la sussistenza o meno del diritto del richiedente al riconoscimento di una delle tre forme di asilo, onde il compito del giudice chiamato alla tutela di diritti fondamentali della persona appare funzionale – anche a prescindere da quanto accaduto dinanzi alla Commissione territoriale – alla complessiva raccolta, accurata e qualitativa, delle predette informazioni, nel corso della quale dissonanze e incongruenze, di per se non decisive ai fini del giudizio finale, vanno comunicate al richiedente, che deve avere l’opportunità di spiegare le ragioni delle eventuali contraddizioni rilevate dall’organo giudicante.

Ancora, centrale nella valutazione del riconoscimento della protezione umanitaria è il giudizio di bilanciamento, funzionale al riconoscimento della protezione umanitaria, come cristallinamente scolpito dalle sezioni unite della Corte di legittimità, che ne sottolineano il rilievo centrale. Tale giudizio ha testualmente ad oggetto la valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, sub specie della mancata tutela, in loco, del nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona.

La Corte d’appello non ha rispettato alcuni di tali principi, mancando completamente la valutazione delle condizioni oggettive del paese di provenienza e soggettive, necessarie per l’accoglimento o il rigetto della domanda di protezione umanitaria.

6. Pertanto la Corte accoglie il primo ed unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

PQM

la Corte accoglie il primo ed unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

 

 

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