Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21137 del 07/08/2019

Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, (ud. 21/06/2019, dep. 07/08/2019), n.21137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27393/2018 proposto da:

F.O., domiciliato in Roma, presso la cancelleria della

Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi

Migliaccio giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

Avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DELL’AQUILA, depositata il

17/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2019 dal cons. Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – F.O., cittadino senegalese, ricorre per quattro mezzi illustrati da memoria nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 17 febbraio 2018 con cui la Corte d’appello dell’Aquila ha respinto il suo appello avverso la decisione del locale Tribunale che aveva disatteso l’opposizione al diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – L’amministrazione non spiega difese, non potendosi qualificare come controricorso un “atto di costituzione” depositato, dopo lo spirare dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., “solo al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa”, udienza di discussione peraltro non prevista, trattandosi di ricorso chiamato in adunanza camerale non partecipata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè degli artt. 127,154,359 e 702 quater c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di adempiere il proprio dovere di cooperazione istruttoria.

Il secondo motivo denuncia error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e relativo al rischio di danno grave, rilevante ai fini del riconoscimento di protezione sussidiaria nell’ipotesi indicata alla b) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Il terzo motivo denuncia error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e relativo ai presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria.

Il quarto motivo denuncia error in iudicando, violazione e falsa applicazione di legge, D.Lgs. n. 25 del 2000, art. 32, comma 3, 8:05, comma 6 testo unico immigrazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando nuovamente la sentenza impugnata per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria anche inadempimento di obblighi costituzionali o internazionali richiamati dal citato art. 5.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – L’inammissibilità discende anzitutto dalla complessiva fattura del ricorso ed in particolare dalla violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Stabilisce tale disposizione che il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda. Questa Corte ha in più occasioni avuto modo di chiarire che la norma, oltre a richiedere l’indicazione degli atti e dei documenti, nonchè dei contratti o accordi collettivi, posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale tali fatti o documenti risultino prodotti, prescrizione, questa, che va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Il precetto di cui al combinato disposto delle richiamate norme deve allora ritenersi soddisfatto:

a) qualora l’atto o il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile;

b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non partecipi al giudizio di legittimità o non depositi il fascicolo o lo depositi senza quell’atto o documento (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475; Cass. 11 gennaio, n. 195, chiarisce altresì che, ove si tratti di atti e documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, il requisito di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 è soddisfatto mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ferma, beninteso, l’esigenza di specifica indicazione degli atti e documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi).

In tale prospettiva va altresì ribadito che l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena d’inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da un’elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte (Cass. 6 ottobre 2017, n. 23452).

In breve, il ricorrente per cassazione, nel fondare uno o più motivi di ricorso su determinati atti o documenti, deve porre la Corte di cassazione in condizione di individuare ciascun atto o documento, senza effettuare soverchie ricerche.

Nel caso in esame i motivi trovano fondamento anzitutto sulla narrazione compiuta dal richiedente in sede di audizione dinanzi alla Commissione territoriale, ma il relativo verbale non risulta localizzato.

2.2. – In ogni caso i quattro motivi sono inammissibili.

2.2.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

Il richiedente ha ricollegato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. numero 259 del 2007, art. 14, lett. a) e b) all’aver cagionato un incendio colposo ai danni di un fondo privato.

A ciò la Corte territoriale ha replicato come segue: “Nella fattispecie, è esclusa la stessa astratta prospettabilità di un danno grave citato art. 14, ex lett. a) e b) tenuto conto, da un lato, che lo stesso appellante, in sede di audizione ha riferito di non sapere se era stato denunciato per l’accaduto, dall’altro, che questi neppure ha dedotto che, per il fatto commesso (in relazione al quale il giudice di primo grado ha escluso l’assoggettamento a pene detentive), possa essere punito con pena di morte o trattamenti carcerari degradanti”.

A fronte di tale motivazione il ricorso per cassazione lamenta del tutto erroneamente il mancato esercizio del dovere di cooperazione istruttoria.

Quanto al primo aspetto, quello della denuncia nei suoi confronti, F.O. lamenta che la Corte d’appello non abbia disposto la sua audizione al fine di colmare lacune probatorie e chiarire il contenuto delle sue dichiarazioni: solo che qui non vi era nessuna lacuna probatoria o contenuto di dichiarazione che il ricorrente avrebbe potuto chiarire, essendo stato egli stesso a dire di non sapere se vi fosse una denuncia nei suoi riguardi, sicchè, una volta ipoteticamente richiamato, non è dato comprendere cos’altro egli avrebbe potuto riferire, se non che non sapeva se vi fosse una denuncia nei suoi riguardi, salvo a non supporre un ben poco plausibile ritorno del rimosso.

Quanto al secondo aspetto, quello del rischio di detenzione inumana e degradante, il dovere di cooperazione istruttoria non è richiamato a proposito, giacchè detto dovere insorge – nei limiti in cui insorge, e cioè con riguardo alle oggettive circostanze riguardanti il Paese di provenienza, non certo alle vicende personali del richiedente, che di norma il giudice non ha alcun modo di accertare officiosamente – a fronte di una completa deduzione dei fatti fondanti la domanda di protezione (Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016), deduzione che nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto insussistente, senza che detta affermazione sia stata neppure specificamente assoggettata all’impugnazione.

Ciò esime dall’osservare, che, in ordine all’insussistenza del pericolo di subire trattamenti inumani e degradanti risulta essere ormai sceso il giudicato, trattandosi di questione risolta dal giudice di primo grado nel senso che il F. non era esposto a subire affatto pene detentive e che la Corte d’appello ha giudicato il punto non censurato.

2.2.2. – Il secondo e terzo motivo sarebbero inammissibili ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c., se avessero effettivamente ad oggetto l’omesso esame di uno specifico fatto decisivo e controverso: sono invece inammissibili perchè diretti a rimettere in discussione il giudizio di fatto effettuato dal giudice di merito, giacchè hanno ad oggetto la valutazione fatta da quel giudice in ordine alla insussistenza, nel complesso, di presupposti tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

2.2.3. – Per la stessa ragione è inammissibile l’ultimo motivo, pur spiegato sotto la veste del vizio di violazione di legge, giacchè nuovamente diretto a censurare la valutazione di merito compiuta dalla Corte d’appello in ordine all’assenza dei menzionati presupposti, senza, d’altronde, che dal motivo riesca neppure ad individuarsi quali sarebbero gli specifici motivi di individuale vulnerabilità, indispensabili, sia nella disciplina previgente che in quella attuale, e dunque indipendentemente dall’applicabilità dell’una o dell’altra, per il riconoscimento della protezione umanitaria che affliggono il richiedente.

3. – Nulla per le spese. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 21 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2019

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