Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21136 del 16/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21136 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 7984-2011 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente contro

CAPITANO

MICHELE

CPTMHL55D19D086S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUCIO PAPIRIO 83, presso lo
studio dell’avvocato AVITABILE ANTONIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIAMONTE
ANTONIO giusta mandato in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 16/09/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 11/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA del 14/12/2010, depositata il 10/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott.

udito l’Avvocato Francesco Ventura (delega Avitabile
Antonio) difensore del controricorrente che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAFFAELE FRASCA;

R.g.n. 7984-11 (ud. 4.7.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. La Presidenza del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso per cassazione
contro il medico Michele Capitano avverso la sentenza del 10 gennaio 2011, con cui la
Corte d’Appello di Roma – provvedendo sull’appello dell’intimato contro la sentenza del
Tribunale di Roma dell’ottobre 2005, che, con l’intervento anche dell’Università degli
Studi di Napoli Federico II, aveva rigettato per difetto di legittimazione passiva la
domanda del medesimo, proposta nel gennaio del 2003 contro la ricorrente ed alcuni
Ministeri, per ottenere il riconoscimento dell’adeguata remunerazione in relazione alla
frequenza di un corso di specializzazione medico ed alla consecuzione del relativo diploma
nella situazione di inattuazione da parte dello Stato Italiano delle direttive CEE 75/363 e
82/76, nonché il risarcimento del danno per la non conformità del diploma ad esse, attuate
nell’ordinamento italiano dal d.lgs. n. 257 del 1991 soltanto per gli iscritti a corsi di
specializzazione dall’anno accademico 1991-1992 – ha accolto la domanda, previa
qualificazione alla stregua di Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, nei confronti della qui
ricorrente.
§2. Al ricorso hanno resistito con controricorso l’intimato.
§3. La ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione artt. 112 e 342 c.p.c. Art.
360 nn. 3, 4 c.p.c.”.
Vi si censura la sentenza impugnata per avere accolto la domanda contro la ricorrente
riconoscendo dovuto un indennizzo per i danni sofferti, consistenti nella perita della
possibilità di conseguire l’adeguata remunerazione e nella perdita di chances lavorative
conseguente alla inidoneità del diploma conseguito alla spendita nei paesi comunitari ed al
suo minor valore ai fini della partecipazione ai concorsi nazionali per l’accesso ai vari
profili professionali.
La censura è svolta, dopo avere riportato il passo motivazionale della sentenza
impugnata appena riassunto, sostenendo che il riconoscimento dell’indennizzo nei detti
termini sarebbe stato estraneo alle domande del Capitano, siccome articolate in primo
grado e nel gravame. All’uopo, dopo tale asserto, si riproducono, asseritamente “per una
migliore intelligenza del presente motivo”, le conclusioni del Capitano nella citazione in

Est. Cons.

aele Frasca

R.g.n. 7984-11 (ud. 4.7.2013)

primo grado e quelle dell’atto di appello e ciò per tutte le pagine tre e quattro del ricorso e
per quattro quarti della pagina cinque.
Quindi, l’attività di dimostrazione del motivo è svolta a partire dalle ultime sette
righe della pagina cinque e per metà della pagina seguente i questi termini: «orbene alla
stregua di tale risultanze inerenti all’articolazione delle domande attrici, è evidente come la
Corte territoriale, travisandone il contenuto, abbia deciso in violazione del principio della
corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Invero, il profilo risarcitorio è stato trattato

da parte attrice limitatamente all’aspetto del “mancato riconoscimento del titolo”, non
certo nei termini statuiti dal giudice d’appello che ha gravato l’impugnate Presidenza del
Consiglio dei ministri di una condanna avente causa “nella perduta possibilità di percepire

un’adeguata remunerazione”, addirittura liquidando somme per “perdita di chances”,
parimenti giammai oggetto delle istanze del Dott. Capitano. Per quanto precede, a ragione
della conseguente lesione del principio del giusto contraddittorio derivante dall’operato
giudiziale qui censurato, che palesemente viola le disposizioni ex arti. 112 e 342 c.p.c., si
chiede la riforma della sentenza epigrafata.>>.
§1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non contiene alcuna attività dimostrativa
di come e perché la motivazione censurata avrebbe compiuto le pretese violazioni delle
due norme del procedimento: infatti, nessuna spiegazione si offre delle ragioni per cui il
riconoscimento del danno sotto i due profili indicati non sarebbe stato compreso nelle
espressioni pure riportate con le quali erano state articolate le conclusioni della citazione di
primo grado e dell’appello. Si demanda, in buona sostanza, a questa Corte di individuare
dette ragioni, se esistenti, con evidente sostituzione della necessaria attività che compete al
ricorrente in cassazione di enunciare la critica alla sentenza impugnata che
corrisponderebbe a quello tra i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., che si faccia valere come
motivo di ricorso.
Il motivo risulta, pertanto, del tutto generico ed impinge in inammissibilità alla
stregua del seguente consolidato principio di diritto: <> (Cass. n.
4741 del 2005, seguita da numerose conformi).
§2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione artt. 1306,
1310, 2937, 2939, 2946, 2947, 2948 cod. civ.; D.Lgs. 257/1991, art. 1, comma 2 D.lgs. n.
165/2001; art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Il motivo riguarda la valutazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto
inammissibile per tardività l’eccezione di prescrizione della pretesa del Capitano che la
ricorrente, rimasta contumace in primo grado, aveva prospettato in appello adducendo di
volersi valere di quella prospettata invece in primo grado dall’Università.
§2.1. Il motivo è privo di decisività, in quanto, se anche la Corte territoriale avesse
errato nel non ritenere che la qui ricorrente potesse valersi dell’eccezione dell’Università,
l’applicazione dell’esatto diritto alla fattispecie come qualificata dalla Corte territoriale alla
stregua di Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, comporterebbe che al momento dell’esercizio
dell’azione la prescrizione non fosse decorsa, in quanto il suo decorso, che era decennale,
iniziò soltanto dal 27 ottobre 1999.
5
Est. Cons.

ele Frasca

R.g.n. 7984-11 (ud. 4.7.2013)

Ciò in base all’orientamento inaugurato dalla Terza Sezione di questa Corte con le
sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, le cui ragioni sono state
ribadite da ormai numerosissime decisioni sia della stessa Terza Sezione, sia della Prima
Sezione, sia della Sezione Lavoro e sia di questa stessa Sezione. Le dette sentenze gemelle,
dopo avere rilevato che la domanda risarcitoria degli specializzandi basata
sull’inadempimento delle direttive dev’essere inquadrata nei termini di cui a Cass. sez. un.
n. 9147 del 2009, cioè come inadempimento di un’obbligazione ex lege di natura

contrattuale (e, quindi, come l’ha qualificata la sentenza impugnata), ed avere ampiamente
ribadito le ragioni a sostegno di detta qualificazione, hanno statuito che la prescrizione de

qua, di misura decennale, decorse soltanto dal 27 ottobre 1999.
Successivamente, in proposito, si veda Cass. n. 1917 del 2012, la quale ha enunciato
il seguente principio di diritto: <>.
Questa stessa decisione (ribadita da numerose successive ed in particolare, fra esse
da Cass. n. 5533 del 2012) ha chiarito che il principio opera anche per i c.d. specializzandi
“a cavallo”, il cui corso di specializzazione fosse iniziato in un anno accademico anteriore
all’entrata in vigore del d.lgs. n. 257 del 1991 e si fosse concluso (come nel caso del qui
resistente) dopo, atteso che la disciplina del d.lgs. non trova applicazione a detti
specializzandi nemmeno limitatamente agli anni di corso frequentati dopo la sua entrata in
vigore.
§2.2. Sempre Cass. n. 1917 del 2012 si è fatta carico, superandolo, di un problema
discendente da una sopravvenienza normativa rispetto al ricorso, invocata di solito dalla
difesa erariale e derivante dall’art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011, n.
183 (Legge di stabilità 2012, ex legge finanziaria), approvata in via definitiva dal
Parlamento il 12 novembre 2011 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n.
265.
§2.3. Ancora Cass. n. 1917 del 2012 ha ampiamente esaminato, come già alcune
decisioni precedenti, la questione talora sollevata in ordine ad una pretesa qualificazione
dell’azione degli specializzandi sub lege aquilia e, quindi, con applicazione del termine
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Est. Cons. R1ffae1e Frasca

R.g.n. 7984-11 (ud. 4.7.2013)

prescrizionale quinquennale, da parte di Corte di Giustizia 19 maggio 2011, resa in causa
C-452/09: si veda il paragrafo 6.3. dove siffatto assunto, genericamente prospettato nel
controricorso, è stato ampiamente confutato.
§2.4. In base alle emergenze del ricordato principio di diritto circa la decorrenza
della prescrizione (confermato, fra l’altro, dalle seguenti decisioni, di cui talune della
Sezione Lavoro e altre della Prima Sezione: Cass. n. 1850 del 2012; n. 3972 del 2012; n.
3973 del 2012; n. 4240 del 2012; n. 4241 del 2012; n. 4537 del 2012; n. 4538 del 2012; n.

4575 del 2012; n. 4576 del 2012; n. 4785 del 2012; n. 4893 del 2012; n. 5064 del 2012; n.
5065 del 2012; n. 5533 del 2012; n. 6911 del 2012; 7282 del 2012; 12725 del 2012; ma a
queste se ne aggiungono numerose altre, nell’anno 2013) il primo motivo è, dunque,
manifestamente fondato, perché la prescrizione del diritto dei ricorrenti, il cui corso era
iniziato il 27 ottobre del 1999, non era comunque ancora maturata al momento dell’inizio
della azione giudiziale, che avvenne nel 2002.
§2.5. Si rileva, altresì, che la recente Cass. sez. lav. n. 9071 del 2013, pur accettando
la qualificazione dell’azione degli specializzandi nel senso di Cass. sez. un. n. 9147 del
2009 e, quindi, il carattere decennale della prescrizione, ha reputato che il corso della
prescrizione fosse iniziato dal momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 257 del 1991.
La sentenza, tuttavia, limitandosi ad evocare Cass. n. 12814 del 2009 e n. 5842 del
2010, ignora totalmente gli sviluppi della giurisprudenza di questa Corte a partire dalle
citate sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, emesse dalla Terza
Sezione. Sentenze che avevano ampiamente esaminato Cass. n. 12814 del 2009 e n. 5842
del 2010, evidenziando le ragioni per le quali esse non erano condivisibili.
Gli sviluppi della giurisprudenza della Corte inaugurata dalle sentenze gemelle sono
stati, come sì è detto, poi, condivisi sia dalla Prima Sezione, sia dalla stessa Sezione
Lavoro, siccome emerge anche soltanto dai precedenti sopra evocati.
Ad essi, tralasciandone numerosi altri maturati nel 2012, si possono aggiungere,
senza pretesa di completezza, quelli del solo anno 2013, i quali rivelano che l’orientamento
circa l’individuazione del dies a quo dal 27 ottobre 1999 è stato riaffermato dalla stessa
Sezione Lavoro nella sentenza n. 7500 del 2013 ed è stato ribadito dalla Terza Sezione e da
questa stessa Sezione nelle sentenze nn. 586, 587, 1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864,
3217, 3218, 3219, 3220, 3279, 5329, 6365, 8578, 8579, 8580.
La sentenza n. 9071 del 2013 si presenta, dunque, del tutto eccentrica rispetto ad un
orientamento del tutto univoco. E, d’altro canto, ignorando quest’ultimo, che rappresenta il
diritto vivente nella giurisprudenza della Corte, e basandosi sui due citati precedenti dai
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Est. Cons. 1laffae1e Frasca

R.g.n. 7984-11 (ud. 4.7.2013)

quali le sentenze gemelle con ampia argomentazione si discostarono, ricevendo, poi,
l’avallo della giurisprudenza successiva, non merita ulteriori rilievi e nemmeno è idonea ad
evidenziare un contrasto di fronte al quale si debba sollecitare un intervento delle Sezioni
Unite.
Ciò, peraltro, è già stato ritenuto già da altre decisioni recenti anche di questa
Sezione, che si sono fatte carico della invocazione della cennata isolata decisione.
§3. Il ricorso è rigettato.
L’oggettiva incertezza della annosa questione giuridica seriale oggetto della lite
induce a compensare le spese dell’intero giudizio.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
osì deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 4 luglio 2013.
ja…,

IL CAN

Il Presidente

§2.6. Il secondo motivo è, dunque, rigettato.

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