Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21136 del 12/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/09/2017, (ud. 11/04/2017, dep.12/09/2017),  n. 21136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18645/2015 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DARDANELLI 13,

presso lo studio dell’avvocato MILENA LIUZZI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCO CARCERERI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SAN MARTINO BUON ALBERGO, in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA MARINA 1,

presso lo studio dell’avvocato LUCIO FILIPPO LONGO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAN PAOLO SARDOS

ALBERTINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 886/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 11/04/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

S.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia del 3-4-2015 che provvedendo in sede di rinvio dalla Cassazione, ha rigettato la domanda di risarcimento danno da lui, proposta nei confronti del Comune di San Martino Buon Albergo.

Resiste il Comune di San Martino Buon Albergo.

Il ricorrente presenta memoria.

Il ricorso è stato trattato nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile a seguito di proposta di inammissibilità del relatore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile per il mancato rispetto del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3.

Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 16628/2009 hanno affermato che, nel ricorso per cassazione, una tecnica espositiva dei fatti di causa realizzata mediante la pedissequa riproduzione degli atti processuali non soddisfa il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, che prescrive “l’esposizione sommaria dei fatti della causa” a pena di inammissibilità.

E’ stato infatti osservato che quella prescrizione è preordinata allo scopo di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa, l’esito dei gradi precedenti con eliminazione delle questioni non più controverse, ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura.

2. Con la successiva ordinanza n. 19255/2010 è stato ribadito che l’assolvimento del requisito in questione è considerato dal legislatore come un’attività di narrazione del difensore che, in ragione dell’espressa qualificazione della sua modalità espositiva come sommaria, postula un’esposizione finalizzata a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in giudizio che lo svolgimento del processo.

3. Il principio è stato confermato con la pronuncia Sez. Un. n. 5698 del 11aprile 2012, con cui si è ribadito che in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.

4. Nella specie l’esposizione sommaria dei fatti di causa è articolata in circa 26 pagine con la tecnica dell’assemblaggio, mediante fotocopia integrale di una serie di atti processuali: sentenza di rinvio dalla Cassazione, domande contenute nell’atto di riassunzione; conclusioni della comparsa di costituzione del Comune, note di udienza del S. del 1-10-12,foglio di precisazioni delle conclusioni del S. del 20-9-14.

Manca del tutto il momento di sintesi idoneo ad illustrare la ricostruzione del fatto storico e lo svolgimento della vicenda processuale nei punti essenziali.

5. Anche la illustrazione dei motivi non consente di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi, in quanto sono formulati con la stessa tecnica e contengono nuovamente le note di udienza del S. del 1-10-12, la fotocopia dell’ordinanza del 23-1-2001 del Tribunale di Verona, la fotocopia della sentenza del Tribunale di Verona; provvedimenti del Comune, della regione Veneto, dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura, controdeduzioni del c.t.p. del S..

Il ricorso deve dichiararsi inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00,di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2017

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