Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21135 del 16/09/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 21135 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA
ORDINANZA
sul ricorso 11823-2012 proposto da:
ALLOCCA MICHELE LLCMHL75H06F839G, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 114/A, presso lo studio
dell’avvocato PASCUCCI FRANCO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati CARPONI SCHITTAR DOMENICO,
MARUZZI CLAUDIO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 16/09/2013
avverso la sentenza n. 174/2012 della CORTE D’APPELLO di
BRESCIA del 25.1.2012, depositata l’8/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO.
ANTONIETTA CARESTIA.
Ric. 2012 n. 11823 sez. M3 – ud. 03-07-2013
-2-
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
RITENUTO
che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui
agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione;
che la relazione ha il seguente contenuto:
<<1. Michele Allocca convenne in giudizio il Ministero dell'Interno, all'aggressione subita nelle vicinanze dello stadio, poco prima
dell'incontro di calcio Atalanta-Napoli, assumendo che l'aggressione si
era potuta verificare per l'assenza delle forze dell'ordine in loco.
Il Tribunale rigettò la domanda non ravvisando alcuna responsabilità nei
confronti dei responsabili delle forze dell'ordine.
La Corte di appello di Brescia rigettò l'impugnazione (sentenza dell' 8
febbraio 2012).
2. Avverso la suddetta sentenza, Allocca propone ricorso per cassazione
con due motivi.
Il Ministero resiste con controricorso.
E' applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69.
Proposta di decisione
1. La Corte di merito ha confermato la decisione di primo grado,
ritenendo mancante ogni prova in ordine alla colpa del Ministero.
Premesso che non era in discussione la predisposizione del servizio
d'ordine e sicurezza in occasione dell'evento calcistico, con la presenza
di 350 agenti, e che in particolare la presenza degli stessi nel piazzale
antistante era prevista per le ore 13.00, secondo la ragionevole
previsione, basata sull'esperienza, della particolare pericolosità della zona
in concomitanza con l'apertura delle biglietterie, mentre l'evento era
accaduto poco prima (ore 12.40), la Corte ha ritenuto che l'assenza degli
agenti a quell'ora in quel posto non fosse attribuibile a comportamento
negligente della amministrazione in mancanza dell'allegazione di
3 chiedendo i danni per le gravissime lesioni personali in esito specifiche situazioni di pericolo, né all'inosservanza di una legge o di un
obbligo.
2. Con i due motivi di ricorso, strettamente connessi, si denuncia: a)
omessa e insufficiente motivazione (primo), per non aver la Corte
adeguatamente motivato sulla critica svolta in appello, attinente alla
mancata adeguata attuazione del servizio d'ordine predisposto, che opera di soggetti, già destinatari di provvedimenti inibitori di accesso agli
stadi; b) violazione del principio dell'onere della prova (secondo), per
aver ritenuto che l'adeguata attuazione delle misure di sicurezza dovesse
essere provata dal danneggiato, mentre la vicinanza della prova avrebbe
consentito al Ministero di provare come erano dislocati gli agenti, se gli
autori si erano presentati al controllo previsto, ecc..., il tutto sul
presupposto della pericolosità della situazione.
2.1. Il ricorso è inammissibile.
Per un verso le censure prescindono del tutto dalle argomentazioni della
Corte di merito rispetto alla predisposizione della vigilanza nella zona
antistante lo stadio in concomitanza con l'orario di apertura delle
biglietterie, essendo ragionevolmente prevedibile, secondo l'esperienza, il
maggior pericolo per quell'ora.
Per altro verso, quanto all'onere della prova, il ricorrente si muove in
un'ottica riconducibile alla responsabilità per l'esercizio di attività
pericolose (art. 2050 cod. civ.) e non in quella dell'azione ex art. 2043
cod. civ., che è quella oggetto della causa e seguita dal giudice del merito.
In definitiva, le censure non sono idonee a inficiare la decisione
impugnata, che ha fatto corretta applicazione dell'art. 2043 cod. civ. in
tema di onere della prova, con motivazione congrua e priva di vizi
logici.>>;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti
costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
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sarebbe — secondo l’assunto — dimostrata dall’accadimento del fatto ad
CONSIDERATO
che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le
conclusioni in diritto della relazione;
che le parti non hanno mosso rilievi;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in
favore del Ministero dell’Interno, delle spese processuali del giudizio di
cassazione, che liquida in Euro 3.700,00 per onorari, oltre spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile
– 3,11 3 luglio 201.
del 2012, seguono la soccombenza.