Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21135 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 13/10/2011), n.21135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOGNANNI Salvatore – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M.D., elettivamente domiciliata in Roma, viale F.

Denza 20, presso l’avv. prof Del Federico Lorenzo e l’avv. Laura

Rosa, che la rappresentano e difendono giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Lucca, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana (Firenze), Sez. 6, n. 73/6/05 del 7 aprile 2005, depositata

il 9 giugno 2005, non notificata;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 luglio 2011

dal Relatore Cons. Dott. Raffaele Botta;

Preso atto che nessuno è presente per le parti;

Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne la contestazione della debenza dell’ICI al Comune di Lucca sull’appartamento sul quale la contribuente non vantava alcun titolo di proprietà, ma che ad essa era stato affidato in sede di separazione coniugale.

La Commissione adita accoglieva il ricorso, ma la decisione era riformata, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale la contribuente propone ricorso per cassazione con due motivi. Il Comune di Lucca non si è costituito.

Diritto

MOTIVAZIONE

Conseguita la prova dell’avvenuta rituale notifica del ricorso mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, può essere esaminato il primo motivo di ricorso, con il quale, sotto il profilo della violazione di legge, la contribuente contesta le conclusioni raggiunte dal giudice d’appello in ordine alla identificazioni; nella contribuente medesima di un soggetto passivo ICI. Il motivo è fondato, sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: “In tema di imposta comunale sugli immobili, il coniuge affidatario dei figli al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge non è soggetto passivo dell’imposta per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3. Con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio, infatti, viene riconosciuto al coniuge un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale, sicchè in capo al coniuge non è ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti l’unico elemento di identificazione del soggetto tenuto al pagamento dell’imposta in parola sull’immobile. Nè in proposito rileva il disposto dell’art. 218 cod. civ., secondo il quale “Il coniuge che gode dei beni dell’altro coniuge è soggetto a tutte le obbligazioni dell’usufruttuario”, in quanto la norma, dettata in tema di regime di separazione dei beni dei coniugi, va intesa solo come previsione integrativa del precedente art. 217 (Amministrazione e godimento dei beni), di guisa che la complessiva regolamentazione recata dalle disposizioni dei due articoli è inapplicabile in tutte le ipotesi in cui il godimento del bene del coniuge da parte dell’altro coniuge sia fondato da un rapporto diverso da quello disciplinato da dette norme, come nell’ipotesi di assegnazione (volontaria o giudiziale) al coniuge affidatario dei figli minori della casa di abitazione di proprietà dell’altro coniuge, atteso che il potere del primo non deriva ne da un mandato conferito dal secondo, ne dal godimento di fatto del bene (ipotizzante il necessario consenso dell’altro coniuge), di cui si occupa l’art. 218″ (Cass. nn. 6192 del 2007;

25486 del 2008; 16514 del 2010).

Sicchè il primo motivo di ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso originario della contribuente.

Il consolidamento del principio enunciato in epoca successiva alla proposizione del ricorso, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio e impone, quindi, il rigetto del secondo motivo di ricorso, con il quale si reclamava la condanna alle spese del Comune.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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