Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21133 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 22/07/2021), n.21133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

V.N., rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa

a margine del ricorso, dall’Avv.to Michele Clemente, ed

elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, al vicolo

Orbitelli n. 31 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 6608, pronunciata dalla Commissione tributaria

regionale di Roma il 14.10.2014, e pubblicata il 6.11.2014;

ascoltata, in Camera di Consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Di Marzio Paolo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di verifica effettuata nelle forme di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6, c.d. redditometro, l’Agenzia delle entrate, a seguito dell’invio di questionario informativo, notificava a V.N. l’avviso di accertamento n. TK3018305250/2011, relativo a maggior reddito Irpef conseguito nell’anno 2006, segnalando che la contribuente era stata inserita nella lista selettiva afferente coloro che erano gravati delle spese di mantenimento per auto di grossa cilindrata, in particolare un’autovettura Chrysler Voyager, che aveva immatricolato il 3.1.2006.

2. V.N. impugnava l’avviso di accertamento notificatole, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, proponendo contestazioni sia formali che sostanziali. La Ctr accoglieva solo parzialmente il ricorso, ritenendo per larga parte fondato l’accertamento ma, a fronte delle censure mosse dalla parte, la quale lamentava l’Amministrazione finanziaria avesse effettuato i suoi calcoli attribuendole la proprietà di un appartamento che aveva ceduto da tempo, i giudici di primo grado sostituivano, ai fini del calcolo induttivo del reddito, altro appartamento di cui la stessa risultava proprietaria.

3. Avverso la pronuncia emessa dalla Ctp, la contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, rinnovando le proprie critiche formali e sostanziali, e contestando pure la modifica dell’avviso di accertamento cui avevano ritenuto di poter provvedere i giudici di primo grado. La Ctr rigettava il gravame.

4. V.N. ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia adottata dalla Ctr di Roma, affidandosi a sette motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle entrate. La contribuente ha quindi depositato memoria, con allegati, mediante la quale domanda dichiararsi la cessazione della materia del contendere a seguito dell’adesione a normativa condonistica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Mediante il suo primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la contribuente contesta la nullità della impugnata sentenza del giudice dell’appello, in conseguenza di omessa pronuncia, e la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36, 61 e 62, e degli artt. 112,132 e 276 c.p.c., nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., comma 6, per non avere i giudici della Ctr del Lazio provveduto a motivare le ragioni della loro decisione, limitandosi ad aderire alla pronuncia adottata dai giudici di primo grado.

2. Con il secondo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la ricorrente censura la nullità della sentenza, a seguito di omessa pronuncia e dell’ultrapetizione in cui è incorsa la Ctr, e comunque lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, degli artt. 112 e 132 c.p.c., nonché dell’art. 111 Cost., comma 6, per essersi il giudice dell’appello sostituito all’Amministrazione finanziaria nell’individuazione dei beni da prendere in considerazione ai fini della stima dei suoi redditi in sede di accertamento sintetico, sostituendo un immobile all’altro.

3. Mediante il suo terzo mezzo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente critica la Ctr per essere incorsa nella violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e della L. n. 212 del 2000, artt. 5 e 10, nonché della L. n. 241 del 1990, artt. 1 e 21 septies, in conseguenza della sottoscrizione dell’atto impositivo da parte di soggetto diverso dal Direttore dell’Agenzia delle entrate, senza neppure l’indicazione dell’intervenuto rilascio di un provvedimento di delega.

4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, V.N. contesta la nullità della sentenza adottata dal giudice dell’appello, in conseguenza della violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 6,7 e 10, per effetto della mancata attivazione del procedimento di accertamento con adesione.

5. Mediante il suo quinto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la contribuente censura la nullità della sentenza adottata dalla Ctr, in conseguenza della violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 6, 7 e 10, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nonché della L. n. 241 del 1990, art. 3, per non avere il giudice dell’appello rilevato l’invalidità dell’atto impositivo impugnato, per effetto della mancata “esplicitazione delle ragioni che hanno indotto l’Ufficio a dichiarare non sufficienti le indicazioni fornite dal ricorrente stesso nel questionario consegnato” (ric., p. 42), come, ad esempio, il contributo al sostentamento delle spese per incrementi patrimoniali assicurato dal marito (ric., p. 44).

6. Con il sesto strumento di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, l’impugnante critica la nullità della sentenza, in conseguenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 36, nonché del D.M. 1 settembre 1992, art. 5, comma 1, e dell’art. 23 Cost., stante la “incompetenza funzionale del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ad “aggiornare” il redditometro” (ric., p. 48).

7. Mediante il suo settimo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la contribuente lamenta la nullità della sentenza pronunciata dalla Ctr del Lazio, in conseguenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 36, e della L. n. 212 del 2000, art. 3, per aver ritenuto vigente il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14.2.2007, che però non poteva essere ritenuto applicabile anche in relazione all’anno d’imposta 2006 in contestazione.

8. Tanto premesso, occorre rilevare che non sussistono le condizioni perché si proceda all’esame dei motivi di ricorso.

Invero, la contribuente ha aderito alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui al D.L. n. 50 del 2017, art. 11, come conv., secondo quanto emerge da nota depositata il 30.3.2021, cui la parte ha allegato: copia della ricezione dell’istanza di adesione rivolta all’Agenzia delle entrate, il calcolo degli oneri effettuato dall’Amministrazione finanziaria, nonché la prova del ricevimento da parte dell’Ente impositore del versamento delle prime due rate del versamento dovuto.

La disposizione indicata prevede, al comma 1, che “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’agenzia delle entrate pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, col pagamento di tutti gli importi di cui all’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi… escluse le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 30, comma 1”. La norma di legge dispone quindi, allo stesso art. 11, comma 10, che “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite… Il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”.

Avendo la parte dimostrato, mediante produzione documentale, di aver aderito alla normativa condonistica indicata, e di aver provveduto al pagamento delle prime due rate di quanto dovuto, non risultando notificato alcun diniego all’ammissione al beneficio da parte dell’Agenzia delle entrate, e non essendo stata presentata nessuna istanza di trattazione entro il termine di legge, il processo deve essere dichiarato estinto.

9. Le spese del giudizio estinto restano a carico di chi le ha anticipate, per effetto della ricordata espressa previsione di cui al citato art. 11, comma 10, ultimo periodo.

P.Q.M.

La Corte:

La Corte dichiara estinto il giudizio introdotto da V.N., e pone le spese a carico di chi le ha anticipate.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

 

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