Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21131 del 12/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/09/2017, (ud. 03/03/2017, dep.12/09/2017),  n. 21131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24090/2014 proposto da:

P.T. e D.R.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA G. GIACOMO PORRO, 26 presso lo STUDIO PUGLIESE E FUCCIA,

rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO SGAMBATO, GIUSEPPE

STELLATO;

– ricorrenti –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato PASQUALE LISTA;

– controricorrente –

e contro

D.R.G., D.R.P., D.R.M., D.R.T.,

DE.RI.AN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2365/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/03/2017 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. – All’esito del doppio grado di merito di un giudizio iniziato nel 1989, avente ad oggetto contrapposte domande di condanna ad eliminare opere edilizie, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2365 pubblicata il 27.5.2014, in parziale riforma della pronuncia di primo grado: a) condannava D.R.A. e P.T. a rimuovere la falda esterna di una copertura ondulina a doppia falda; b) rigettava la domanda dei D.R. – P. volta alla rivendica della comproprietà di un cortile interposto tra le rispettive proprietà delle parti in causa.

2.1. – Avverso questa sentenza, non notificata, D.R.A. e P.T. propongono nei confronti di D.R.G., originario convenuto, ricorso notificato il 7.10.2014.

2.1. – Resiste con controricorso G.A., quale erede di quest’ultimo, deceduto nel corso del giudizio d’appello.

Gli altri intimati, D.R.G., P., M., T. e An., non hanno svolto attività difensiva.

2.2. – Avviato il ricorso alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, il consigliere relatore ha proposto il rigetto dell’impugnazione. Parte ricorrente ha depositato memoria.

3. – Si osserva preliminarmente che benchè il ricorso sia stato proposto contro un soggetto la cui non esistenza in vita sarebbe stata notificata alla parte ricorrente successivamente alla sentenza d’appello, e cioè con atto di precetto notificato il 7.6.2014 (così si deduce a pag. 2 del controricorso), la notifica del controricorso sana con efficacia ex nunc (dovendosi ratione temporis applicare estensivamente l’art. 164 c.p.c., nel testo anteriore alla L. n. 353 del 1990) l’eventuale nullità del ricorso (cfr. Cass. n. 3762/95; v. anche sull’applicazione ex nunc della predetta sanatoria per i giudizi instaurati prima del 30.4.1995, Cass. n. 24993/14), che permane tempestivo rispetto al termine di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1.

4. – L’unico motivo d’impugnazione denuncia il “vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012” (v. pag. 6 del ricorso). Esso procede dalla descrizione dell’oggetto del contendere (la condominialità del cortile); deduce la necessità di una valutazione organica e sistematica degli atti pubblici prodotti dalle parti; contesta, in particolare, l’interpretazione dell’atto notaio Go. 26.7.1971 operata dalla Corte distrettuale; espone in sintesi il contenuto degli atti pubblici prodotti in causa; e ne trae la conclusione che “(l)a lettura coordinata e sistematica dei rogiti (…) avrebbe consentito alla Corte Territoriale di escludere da qualsivoglia proprietà esclusiva il cortile comune, asservito alle varie costruzioni realizzate nell’arco di un quarantennio, e sede, tra l’altro, dei comodi comuni” (pagg. 9-10).

5. – Il motivo è inammissibile per le ragioni che seguono; nè la memoria depositata da parte ricorrente vale a scalfirle.

Il nuovo testo del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., esclude qualsiasi controllo di sufficienza motivazionale (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14), consentendo di censurare solo l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso dalle parti; fatto (la comproprietà o meno del cortile) che la Corte di merito ha specificamente esaminato alle pagine da 3 a 6 della sentenza impugnata.

Non solo, ma anche in base al testo previgente della citata norma, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (così, per tutte e fra le tantissime, Cass. n. 7394/10).

6. – Il ricorso va, pertanto, respinto.

7. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti in solido tra loro, con distrazione in favore del difensore della parte controricorrente, dichiaratosi antistatario.

8. – Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, a carico dei ricorrenti in solido tra loro.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido tra loro alle spese, che liquida in Euro 4.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore della parte contro ricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2017

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