Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21129 del 13/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 13/10/2011), n.21129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOGNANNI Salvatore – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

EDILART SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 46/2005 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 28/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulla base di due pvc della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate di Bari ha notificato alla S.r.l Edilart, in liquidazione, un avviso di rettifica ai fini IVA relativo all’anno 1997, contestando l’irregolare tenuta delle scritture contabili, l’omessa fatturazione di operazioni imponibili e l’indebita detrazione di IVA. Il ricorso della Società contribuente è stato rigettato dalla CTP di Bari, con decisione riformata dalla CTR delle Puglie, che, con sentenza n. 46/11/05, depositata il 28.4.2005, ha annullato la rettifica, ritenendola nulla per l’assenza di contraddittorio e la violazione dell’art. 7 dello Statuto del contribuente, dato il mancato deposito di 86 allegati al pvc del 12.11.2001.

Per la cassazione della sentenza, ricorre l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta di tre motivi. L’intimata non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, ART. 42, della L. n. 212 del 2000, art. 7, art. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la ricorrente afferma che, nel ritenere l’accertamento affetto da nullità insanabile, i giudici d’appello hanno confuso il requisito della motivazione dell’atto impositivo col profilo relativo alla prova della pretesa tributaria, ed evidenzia che entrambi i pvc, richiamati nell’atto impositivo, erano stati redatti alla presenza della contribuente ed in contraddittorio con la stessa, e che la motivazione della rettifica riproduceva tutti gli elementi, emersi nel corso delle verifiche della GdiF, giustificativi dei fatti contestati, sicchè l’intimata, a conoscenza degli elementi essenziali della ripresa a tassazione, era in condizione di esercitare efficacemente le proprie difese.

Il motivo è fondato. Nel regime introdotto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 l’obbligo della motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ossia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano allegati all’atto impositivo notificato o di cui sia riprodotto il contenuto essenziale nell’atto stesso (Cass. n. 6914 del 2011).

L’equiparazione tra la materiale allegazione dell’atto richiamato (o, ovviamente, la sua precedente notifica) e la riproduzione del suo “contenuto essenziale”, nell’atto notificato, si ricava dal disposto della citata L n. 212 del 2000, art. 7 ove interpretato in conformità con la “ratio” perseguita dal legislatore, consistente nel porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva per consentirgli il pieno esercizio delle sue facoltà difensive; tale valutazione costituisce un accertamento di fatto spettante al giudice di merito e, come tale, sindacabile in sede di legittimità, solo per vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 8504 del 2010). Nella specie, la CTR ha dichiarato nullo l’accertamento, ritenendo violato il contraddittorio in ragione della mancata produzione di una copia completa del pvc del 12.11.2001 (dovuta all’omesso deposito di allegati), senza valutare nè darne conto in motivazione, come avrebbe dovuto secondo i principi appena esposti, se i rilievi contestati alla contribuente nell’avviso di rettifica – che risulta trascritto in ricorso – fossero o meno idonei a farle comprendere le ragioni della pretesa impositiva ed a consentirle il compiuto svolgimento delle sue difese.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, nonchè vizio di motivazione, per non avere la CTR disposto, d’ufficio, l’acquisizione degli atti mancanti.

Col terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23, 54 e 58 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la CTR ritenuto tardive le deduzioni formulate in prime cure dall’Ufficio,oltre i termini di cui al D.Lgs n. 546 del 1992, art. 23 nonostante tali termini non siano, affatto, perentori. Il motivo è fondato. Questa Corte ha, condivisibilmente, affermato che “la tardività della costituzione in giudizio del resistente – disciplinata dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 54 – non comporta, sia in base alle norme indicate, sia alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di procedura civile (alle quali rinvia l’art. 1, del citato D.Lgs.), alcun tipo di nullità, stante la mancata previsione di simile sanzione ed il principio di tassatività delle relative cause, ex art. 156 c.p.c., ma determina soltanto la decadenza dalla facoltà di chiedere o svolgere attività processuali eventualmente precluse” (Cass. n. 21212 del 2004, n. 21059 del 2007).

Ora, per il deposito tardivo di deduzioni difensive non è, affatto, comminata alcuna preclusione, tenuto conto, peraltro, che è, comunque, compito del giudice di verificare “ex officio” la fondatezza in fatto e in diritto delle domande e delle eccezioni delle parti in causa (cfr. Cass. n. 2925 del 2010).

La sentenza va, in conclusione, cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR della Puglia, che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo e terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa e rinvia alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2011

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